C’è un numero che campeggia ovunque sul bellissimo esemplare di grand bi che vedete in queste pagine, ed è il 103, ovvero il numero di serie che la ditta milanese Greco & Figli, tra le pioniere del velocipedismo in Italia, ha stampigliato i moltissimi punti per testimoniarne la provenienza e la costruzione.
Un numero davvero molto significativo, perché dà l’idea della cura con cui venivano realizzate quelle che all’epoca erano considerate delle vere e proprie macchine prodigiose, in un periodo in cui l’automobile era ancora ben lontana dal circolare sulle strade e non esistevano sostanzialmente mezzi di trasporto privati che non fossero a trazione animale. Si trattava quindi di piccoli gioielli realizzati per persone dell’alta borghesia, esclusivi, lontanissimi dalla produzione industriale che sarebbe arrivata anche in Italia all’inizio del Novecento, anche se negli stessi anni (1885) Edoardo Bianchi dava il primo colpo di pedale all’azienda che più di tutte avrebbe rappresentato il nostro Paese nel mondo.
Prima che arrivassero la Frejus, la Legnano, l’Atala e tutte le altre, però, il velocipede arrivò con curiosità in tutti i paesi d’Europa, con un fenomeno – più lento ma simile – a quello che si è visto da noi con i cellulari all’inizio degli Anni ’90. Tra i protagonisti di questa storia di frontiera, appunto, Greco, uno dei marchi più prestigiosi e noti tra i collezionisti.
LE ORIGINI DEL VELOCIPEDE
La storia della bicicletta italiana inizia – vulgata vuole – ad Alessandria nel 1867, quando il produttore di birra Carlo Michel iniziò a sfrecciare per le strade della città a bordo di un velocipede Michaeax acquistato tornando dall’Expo universale di Parigi. Lo immaginiamo gridare “pista!” ai propri concittadini impegnato a governare quel veicolo mai visto. Le sue grida però arrivarono in tutto il Paese, se è vero che nel 1868 il modenese Raimondo Vellani, fabbricante di pesi e misure, iniziò a Modena la produzione delle prime michaiudine.
Di lì a poco a Milano nacquero altri produttori pronti a soddisfare la crescente richiesta come Balbiani, Baroni, Bestetti, Belloni e lo stesso Greco, che in realtà esisteva già, perché svolgeva la nobile e secolare professione di armaiolo. La familiarità con l’acciaio, con i clienti nobili e non ultimo il fatto che le forcelle venissero realizzate in buona sostanza con i foderi delle spade (e così si chiamano ancora oggi quelli del carro posteriore), fecero sì che l’attività venisse riconvertita in una più futuristica produzione di velocipedi, esplicitata nell’Esposizione Industriale Italiana di Milano nel 1871, tenutasi nel Salone dei Giardini Pubblici, in cui Greco fu espositore.
Difficile dire quando il primo grand bi fu visto muoversi per le strade di Milano, ma con ogni probabilità si trattò di un esemplare importato dalla Francia o dall’Inghilterra, mostrato agli amici da qualche borghese. Greco, invece, iniziò ad assemblare e a marchiare mezzi nella propria officina, anche se le contaminazioni con i materiali recuperati da produttori esteri e le invenzioni del momento certamente non mancarono. Sebbene esistano cataloghi Greco & Figli dell’epoca, che mostrano vari tipi di velocipede ma anche tantissimi modelli di oggi ambitissimi tricicli, è abbastanza difficile persino identificare un modello preciso, perché trattandosi di produzioni sostanzialmente artigianali le personalizzazioni erano davvero all’ordine del giorno.
RAGGI E SFERE
È il caso del grand bi che vedete in queste pagine, appartenente alla collezione del giovanissimo Alessandro Betti di Rimini, che possiamo genericamente definire – non senza incertezza – “Velocipede a sfere e raggi diretti”, dato che questo tipo di soluzione è stata individuata nel momento dell’accurato e profondo restauro del mezzo. «Ho trovato questo grand bi in un’offerta online, durante il periodo Covid”, racconta Alessandro. «Era in condizioni molto buone, anche se montava una sella Saltafoss anziché una coeva come quella che ho successivamente restaurato partendo dal telaio originale, che il proprietario aveva conservato. Mi è parso subito evidente che fosse stato oggetto di un restauro credo databile agli Anni ’40/’50, perché sotto la vernice compariva l’arancione del minio, un tecnica non ancora evoluta nella seconda metà dell’Ottocento».
Una volta portato a casa il grand bi, Alessandro l’ha completamente smontato, pulito e ha provveduto a cambiare le sfere dei cuscinetti in modo da renderli funzionanti. Nell’effettuare questo lavoro, è stato possibile notare le moltissime componenti marchiate 103, comprese alcune viti. Lo troviamo sulle pedivelle, sui forcellini, sul giunto con lo sterzo, sul dado del manubrio, mentre la testa di forcella è marchiata G.M. 1887. Difficile stabilire se si trattasse di un mezzo assemblato o di uno realizzato direttamente da Greco, ma la filettatura di tipo italiano di tutte le componenti, eccezion fatta per il filettatore della sella, fa propendere per questa seconda ipotesi. Sulla sospensione a balestra è riportata punzonata la scritta Milano 103, in foto leggermente ripassata per essere più leggibile. Le ruote sono a doppio cuscinetto in ottone, con regolazione delle sfere e con ingrassatore chiuso da una fascetta, i raggi perpendicolari lavorano a compressione e non a trazione. Alessandro, nel suo percorso di restauro, ha rifatto la copertura della sella, cambiato le manopole e ricostruito la leva del freno.
Questo Greco Milano del 1887 ci ha permesso di fare un lungo viaggio nell’epoca pionieristica del velocipedismo, riportandoci quasi agli albori della diffusione in Italia, rendendo testimonianza di anni davvero febbrili nei quali personaggi visionari, come Giovanni Greco e i suoi figli, hanno posto le basi per quella che sarebbe stata l’importantissima industria del ciclismo nel nostro Paese.
Collezione e foto: Alessandro Betti Si ringraziano: Marcello Fogagnolo, Maurizio Botta
Scheda tecnica
Marca: Greco Milano
Modello: Velocipede a sfere e raggi diretti
Anno: 1887
Telaio: in acciaio seriale 103
Sella: in cuoio con sospensione a balestra
Ruote: con raggi perpendicolari e doppio cuscinetto
Mozzi: in ottone con ingrassatore
Freno: a tampone