«Saltai su una bicicletta e presi la via, di corsa. Alla prima erta dura non ebbi alcuna pena. Uno strano vigore m’era venuto in tutti i muscoli, e il vento della sera entrava nel mio petto come in un fogliame nuovo». Così scriveva il Vate Gabriele D’Annunzio ne “La Leda senza cigno”, lungo racconto a puntate (feuilleton) pubblicato a partire dal 1914 sul Corriere della Sera, delle sensazioni che gli dava la bicicletta, cavallo d’acciaio che in quegli anni iniziava ad affacciarsi prepotentemente sulla scena mondiale in un periodo di grandi cambiamenti, dove l’auto, l’aereo e la bicicletta stessa trasportavano l’uomo verso il mito della velocità e del progresso, istantaneizzato da Filippo Tommaso Marinetti nel celebre Manifesto del Futurismo del 1909.
Erano tempi in cui la meccanica e la forza del motore scuotevano le anime, e un cuore ardente come quello di Gabriele D’Annunzio non poteva certamente rimanere indifferente a tali prodigi. Tutta questa premessa serve a introdurre la bicicletta di cui parliamo in queste pagine, una De Dion-Bouton databile nei primi Anni ’30 che fa bella mostra di sé – nel senso letterale del termine – all’interno del percorso espositivo della casa del Vate, visitabile presso quell’imperdibile complesso architettonico e artistico che è il Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera (BS), sulle rive del lago di Garda, dove D’Annunzio trascorse gli ultimi anni della propria vita e dove riposa in un monumentale mausoleo che svetta sulla collina, aprendo lo sguardo sul Benaco e sulla scintillante Isola del Garda.
Sono molteplici le storie che si articolano attorno a questa bicicletta, che fa parte della collezione del Vittoriale ma sulla quale si sa in effetti pochissimo dal punto di vista storico. Non è chiaro, per esempio, come sia finita lì, né è incontrovertibilmente attribuibile a D’Annunzio. Certamente l’altezza ridotta del Comandante (solo 1,64) e l’uso a quei tempi di coprirsi con ampi tabarri rende credibile che il Poeta utilizzasse per sé una bicicletta da donna, con la canna bassa, un po’ come accadeva con la bicicletta dei preti, detta “levita”. L’elevatissima e pregiata fattura dell’esemplare in oggetto, poi, conferma la possibilità che questo mezzo fosse nella disponibilità di D’Annunzio stesso, anche se va detto che nel corso degli Anni ’30 è molto improbabile che riuscisse effettivamente a utilizzarla, date le pessime condizioni di salute via via peggioranti e che lentamente lo condussero a vita privata fino alla morte, avvenuta il 1° marzo del ’38 mentre era al lavoro nel suo studio (intonso da allora). La bici resta comunque una presenza molto curiosa, che ci ha portato, grazie alla grande disponibilità della Fondazione Vittoriale degli Italiani, a poterla analizzare con calma in un luminoso sabato mattina di novembre.
INCROCI FRANCESI
Dicevamo delle storie attorno a questa bicicletta. La prima ovviamente è quella del marchio De Dion-Bouton, nato a Puteaux (cittadina nei pressi di Parigi) nel 1883 dal connubio imprenditoriale tra il conte Jules-Albert De Dion e i due cognati George Bouton e Charles Trépardoux. L’azienda iniziò la propria attività lanciandosi in un settore veramente d’avanguardia per quei tempi, ovvero quello delle autovetture a vapore. Settore nel quale progredisce mano a mano, soprattutto da quando resta il solo De Dion alla guida, che la porterà a sperimentare diverse importanti soluzioni motoristiche che daranno un forte contribuito alla storia dell’automobile francese. Oltre a questo, in misura minore e parallela, l’azienda produsse anche biciclette signorili come quella del Vittoriale. Di Albert De Dion e della sua influenza nel mondo del ciclismo parliamo anche nell’articolo sulla sfida tra Romolo Buni e Buffalo Bill, sempre in questo numero. Dal 1933 la De Dion-Bouton si occupò principalmente della produzione di autocarri, e questo restringe ragionevolmente la datazione della bicicletta ai primi Anni ’30. Purtroppo, pur avendo numero di telaio (19834) non siamo riusciti ad avere una datazione più precisa.
Analizzando la bicicletta emergono dettagli qualitativi che danno la cifra della produzione De Dion-Bouton, a partire per esempio dai filetti in oro sul telaio nero, conservati quasi perfettamente così come tutto il resto. Il manubrio è di tipo roller, soluzione poco usata in Italia ma popolare all’estero (soprattutto in Inghilterra), con leve che azionano i freni attraverso un sistema di bacchette esterno. La trasmissione è a ruota libera con un solo rapporto. Corona, pedivelle e mozzi sono marchiati De Dion-Bouton mentre la sella è una bellissima Brown in cuoio. I pedali sono marchiati Aquila e sono probabilmente un’aggiunta successiva, anche se compatibile con il periodo.
Meritano un discorso a parte gli pneumatici 26×1/2 a ballon, montati appunto su cerchi in acciaio da 26”, che hanno richiesto non pochi sforzi per essere identificati. Alla fine è stato possibile far emergere dal battistrada – e non dalla spalla, soluzione rara ma presente all’epoca – la scritta Arno Bergougnan, che identifica modello e produttore. Quella di Bergougnan è una storia molto curiosa, dato che l’azienda fu fondata nel 1885 da Raymond-Célestin Bergougnan a Clermont-Ferrand, stessa città nella quale sin dal 1830 era iniziata l’attività della più popolare Michelin, rendendo per qualche decennio le due aziende forti concorrenti. Gli pneumatici sono quelli originali, a ulteriore testimonianza del fatto che la bicicletta – oggi non marciante – sia rimasta intatta dagli Anni ’30 a oggi.
Come dicevamo, è difficile dire se D’Annunzio l’abbia mai effettivamente pedalata, ma di certo il Vate amava le biciclette, il ciclismo e i suoi campioni. Furono ben 21 i colpi di cannone esplosi dal Vittoriale nel giugno del 1936 per salutare il grande campione Gino Bartali, vincitore sul traguardo della 17° tappa del Giro d’Italia posto proprio nel giardino del parco. Bartali, che quel Giro lo vinse, ricevette poi in dono da D’Annunzio un portasigarette d’argento, anche se a consegnarlo fu l’amico Giancarlo Maroni, architetto del Vittoriale stesso, date le precarie condizioni di salute del Poeta di cui abbiamo già detto.
Collezione: Fondazione Vittoriale degli Italiani Si ringraziano: Ufficio Mostre Vittoriale e Pierluigi Faré
Scheda tecnica
Marca: De Dion-Bouton
Modello: passeggio da donna
Anno: primi Anni ’30
Telaio: in acciaio n°19834
Manubrio: tipo roller
Freni: esterni a bacchetta
Trasmissione: ruota libera un solo rapporto
Corona, pedivelle, mozzi: marchiati De Dion-Bouton
Sella: Brown in cuoio
Pedali: Aquila
Cerchi: in acciaio da 26”
Pneumatici: Arno Bergougnan 26×1/2 a ballon
IL VITTORIALE
A Gardone Riviera, bellissima località sulla sponda bresciana del Lago di Garda, emerge dalle pendici il Vittoriale degli Italiani, la residenza che il poeta Gabriele D’Annunzio costruì per sé, grazie anche a generosi aiuti da parte del governo fascista, a partire dall’inizio degli Anni ’20. Il Vittoriale è un parco strepitoso, pieno di luoghi significativi che testimoniano la vita del Vate, i suoi scritti e le sue imprese. Trovano posto sia il Mas con cui D’Annunzio prese parte alla Beffa di Buccari (1918) sia l’intera nave Puglia, protagonista della Prima Guerra Mondiale e rimontata sulle colline del Garda tra il 1925 e il 1938, oltre a tantissimi altri luoghi e spunti. Imperdibile la visita alla casa di D’Annunzio, dove si trova la bicicletta di cui parliamo in queste pagine. Per prenotazioni e informazioni vi rimandiamo al sito www.vittoriale.it.