Nei racconti della mia famiglia, la bicicletta del nonno è sempre stata un oggetto prezioso e di valore inestimabile.
Tante sono le volte in cui ricordo mio padre dire: «Un giorno finirà in un museo». Invece, la Bianchi Claudio del ’39 di mio nonno Luigi ha avuto un destino ben diverso. Acquistata con grandi sacrifici all’inizio della Seconda Guerra Mondiale, veniva usata solo nei giorni di festa, rarissime volte, perché nella quotidianità veniva sostituita da biciclette di rango minore che avevano l’ingrato compito di sporcarsi, rompersi, finire legate ai pali e – fino alla fine degli Anni ’70, quando il nonno ci ha lasciati che io avevo solo cinque anni – portarmi avanti e indietro dall’asilo. Quell’immagine lì, di me sulla canna di una bicicletta nera, è tutto quello che ricordo di mio nonno. Una foto in bianco e nero che nessuno ha mai scattato ma che esiste nella mia memoria.
Per i successivi 35 anni, la Claudio è rimasta in una cantina coperta da un telo. Silenziosa e sola ad aspettare il giorno che sarebbe finita in un museo. Quel giorno, però, non è mai arrivato. È arrivato invece quello in cui – un po’ come il Figliol Prodigo della parabola evangelica – ho chiesto a mio padre di darmi un anticipo sull’eredità e di permettermi di togliere quel telo. Così la bicicletta è finita appesa nel soggiorno della casa in cui tutt’ora risiedo e lì è rimasta a guardarmi con severità e benevolenza, come se fosse la mano del nonno che mi accarezzava da piccolo, salvo che per qualche pedalata in costume d’epoca.
Nessuno aveva previsto, dall’inizio di questa storia, che sarei finito a fare il mestiere che faccio oggi, ovvero occuparmi di Biciclette d’Epoca. Nessuno tranne forse lei, la Bianchi Claudio del ’39, che è sempre stata un normale componente della mia famiglia finché Luca Pit del Registro Storico Cicli, quando gli ho mandato le foto, mi ha fatto presente come quel modello fosse particolarmente raro e interessante al punto da dedicargli il corposo articolo sulle R-Sport che è la Cover Story di questo mese.
Nessuno sa se esista un destino già scritto nelle nostre vite, anche se qualcuno ci crede. Io mi concedo il beneficio del dubbio. Però mi piace leggere la storia mia e di questa bicicletta in questo modo. Penso che sia solo una delle tante, perché le biciclette di una volta, che troviamo in cantina, nei solai, arrugginite, da sistemare sono parte di quel Novecento che abbiamo alle spalle e ci raccontano, mute ma sempre vive, da dove veniamo.
Sono loro il nostro passato, le nostre radici.
Alessandro Galli
info@biciclettedepoca.net
Foto: Guido P. Rubino