La bellezza è un valore immortale. Lo diciamo qui, lo ribadiamo altrove. Un valore che attraversa immutato il tempo e la storia.Quando Paride dovette scegliere tra intelligenza, potere e bellezza – incarnata da Elena di Sparta – scelse quest’ultima.
Ma che sia un valore è chiaro anche quando ci si avvicina a oggetti che hanno fatto della cura nella realizzazione, nella qualità del design, nei materiali, il proprio punto di forza. Nel nostro caso parliamo di biciclette d’epoca. Alcune di una bellezza scintillante che travolge anche chi di bici non è particolarmente appassionato, come nel trittico tratto dalla collezione di Michele Lozza (seguitelo su Instagram con il nick @thebikeplace), che mostra il top tecnologico degli anni ’70/80. Oppure nella sontuosa raccolta Marnati mostrataci con orgoglio da Andrea Portoni, che ha collezionato quasi venti biciclette artigianali ideate dalla storica bottega milanese. E poi ci sono la Bianchi Sabina di Andrea Menoncello, nata in tempi in cui la bicicletta era un mezzo da trasporto per tutti, e la Bianchi Claudio, che il nostro meccanico Giacomo Gambino ci ha aiutato a datare con un utile tutorial.
Tutti capolavori che mostrano quanto geniale possa essere l’uomo, quando vuole dare il meglio di sè.
Ma c’è anche un’altra bellezza che viene raccontata attraverso le biciclette d’epoca: quella delle persone. Perché non c’è solo “il ferro”, ma anche – anzi soprattutto – le persone che lo hanno inforcato negli anni che furono, e che ancora oggi ci parlano attraverso i ricordi delle loro storie, dei loro traguardi, delle loro scelte. Come per esempio il tonitruante ritratto di Anquetil uscito dalla vulcanica penna di Alessio Angelo Berti, uno che affonda mani e piedi nella storia della bicicletta d’epoca e dei suoi attori. È la nostra cover story, andate a leggervela. Insieme a lui c’è Mario Cionfoli, medico sportivo che ha raccolto tantissime esperienze di chi si è affrancato pedalando, usando la bicicletta come strumento per ottenere libertà e diritti. I suoi interessantissimi libri lo raccontano chiaramente. Infine, è stato difficile – al punto che ammettiamo che dal vivo è tutta un’altra cosa – trasmettere la grande e toccante umanità di Giuseppe Drali, l’ultimo grande telaista superstite di quell’epoca eroica che tutti abbiamo imparato ad amare.
Ecco, questa bellezza noi la dobbiamo difendere. E quando scrivo “noi” intendo non solo le persone che ci hanno aiutato a costruire questo nuovo numero di Biciclette d’Epoca – cui si aggiunge, «last but not least», l’amico giornalista e fotografo Guido Rubino, autore dei bellissimi scatti che trovate nella sezione Portfolio – ma tutti coloro che fanno parte dell’orami smisurato mondo che ruota attorno al collezionismo e alle ciclostoriche, di cui trovate in questo numero diversi esempi.
Persone meravigliose, disponibilissime, guidate da una passione genuina e unica, semplice e affascinante come i principi della fisica che tengono una bicicletta in equilibrio.
Sono queste le persone che difendono la grande bellezza della bicicletta che attraversa la Storia di questo paese, delle sue vittorie, delle sue eccellenze, dei suoi eroi, della sua voglia di dare il massimo, della sua fatica.
Persone di cui fate parte anche tutti voi che ci state leggendo in questo momento. E leggendo le pagine di questo nuovo numero, che traboccano di bellezza e amore riga dopo riga, foto dopo foto, non possiamo che pensare che lo stiate facendo benissimo.
Alessandro Galli