Imesi di settembre e ottobre sono sempre tra i più febbrili quando si parla di ciclismo d’epoca.
Tantissimi gli appuntamenti (alcuni dei quali ci hanno visto protagonisti) e bello tornare a Gaiole in Chianti per ritrovarsi tutti insieme in quel dell’Eroica, sempre più appuntamento di fine stagione, un po’ come è stato il Baracchi fino al 1991. Chi appartiene alla scuola di Carl Jung e crede nella sincronicità non può non pensare che non sia un caso il fatto che ci sia un collegamento ancestrale tra la nostra copertina dedicata al Trofeo Baracchi e il fatto che ne sia stato annunciato il ritorno, ragionevolmente proprio nella data dell’Eroica 2023, ovvero il 1 ottobre.
Abbiamo voluto raccontare del Baracchi, in questo numero, perché ci piaceva la suggestione un po’ nostalgica di quell’appuntamento che concludeva un anno di corse, spesso guardato in televisione mentre le castagne saltavano sul fuoco, come ci ha ben raccontato Alessio Berti nell’articolo principale di questo numero. Un articolo didascalico, pieno di informazioni e di storie tanto appassionanti che a molte di esse sarebbe stato lecito dedicare un articolo di copertina. Era una bomba, il Baracchi, non solo per la competizione in sé, ma anche per come venivano fatti gli accoppiamenti, talvolta calcando la mano su rivalità e differenze per dare un tocco di dramma, come quella volta che misero insieme Moser e Saronni nel pieno della loro sfida. E vinsero.
Il fatto che il Baracchi sia tornato – dicevamo – ci riempie il cuore di gioia e sul perché c’è un po’ da indagare. Se allarghiamo il campo, infatti, possiamo vedere tanti segnali che indicano il ritorno del ciclismo di una volta, delle gare di una volta, magari fatte come si facevano una volta. È il caso del Mondiale Gravel che si è tenuto a Cittadella a inizio ottobre e che è stato un grandissimo successo. “A volte ritornano”, quindi, vale un po’ per tutto quel sapore che lasciava quel ciclismo lì, e che crediamo stia lentamente tornando infilandosi negli interstizi dove può, nonostante il carbonio abbia sostituito l’acciaio e le tante differenze.
È una passione che può tornare a scaldare i cuori e in questo senso interpretiamo anche l’arrivo sulle nostre pagine di un giovane collezionista e restauratore di vent’anni, Lorenzo Berti, che ci presenta la sua Colnago Freccia restaurata in maniera interpretativa ma rispettosa, in un modo un po’ differente rispetto alle bici che trattiamo di solito. Lo citiamo perché attorno a Lorenzo c’è un mondo di giovani che “legge” la bicicletta d’epoca forse in maniera un po’ diversa, che sta su canali e in ambiti forse diversi, ma che ha il cuore che batte della stessa passione di cui parlavamo prima. Che a volte – chissà – forse sta prepotentemente tornando anche lei.
Alessandro Galli
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