Scrivo queste righe con ancora negli occhi il Tour de France di quest’anno.
Un’edizione fenomenale, la migliore da anni se non decenni, che ha riportato nel ciclismo emozioni che credevamo dimenticate, con tappe favolose fatte di attacchi quotidiani, una strategia che è sembrata tornare a quella del pre-radioline e gesti eroici che ci resteranno negli occhi per sempre. Immagine simbolo di questa Grande Boucle 2022 è sicuramente la stretta di mano tra Vingegaard e Pogačar dopo la caduta di quest’ultimo (aspettato dal collega in maglia gialla), che ha ricordato fortissimamente la foto più iconica nella storia del ciclismo, ovvero il passaggio della borraccia tra Coppi e Bartali al Tour del ’52. Sebbene “artefatta” da Carlo Martini, quella foto ha avuto nella narrazione dello sport e dei suoi valori una forza emotiva travolgente, che alimenta il motore del ciclismo ancora oggi.
L’ho presa alla lunga per introdurre l’argomento di copertina di questo mese, ovvero la storia di Gino Bartali alla Legnano, la leggendaria squadra guidata per un’eternità dall’Avocatt Eberardo Pavesi. Legnano che è stata il brodo di coltura – dal ’39 al ’42 – per la grandissima rivalità, che tanto bene ha fatto al ciclismo, tra il campione toscano e Fausto Coppi. Ci è sembrato quindi un bel punto di vista provare a raccontare gli anni di Bartali nei Ramarri, anni ai quali viene in qualche modo data un’importanza minore perché travolti dalla tragedia della Seconda Guerra Mondiale e per tutta l’epopea successiva, che vide il vecchio Gino sfidare il giovane Fausto fino alla metà degli Anni ’50, infiammando il tifo mondiale. Ma quella di Bartali con la Legnano è stata una storia bellissima, ricca di successi e di tensioni, di vittorie e di aspirazioni, che ha dato lustro a una maglia ancora oggi amatissima dai tanti appassionati di ciclismo d’epoca.
Abbiamo voluto raccontarla sia dal punto di vista delle imprese storiche, grazie a Vittorio Landucci, sia da quello dell’evoluzione meccanica, curato da Renato Baccanelli, con le biciclette che hanno vinto il Tour del ’38 e del ’48 (per le quali ringrazio il Museo del Ghisallo, che ci ha concesso l’uso delle foto di Guido Rubino) il Giro di Svizzera del ’46 (dalla collezione dell’amico Loris Pasquale, foto di Carlo Carugo), il tutto accompagnato dalle solite inestimabili foto d’archivio di Carlo Delfino. Un lavoro fatto a più mani e più teste, quindi, con il contributo di tanti attori appassionati di ciclismo, che ci ha aiutati a colmare uno dei vuoti che iniziavano ad avere un peso nella storia della nostra rivista, ovvero non avere mai dedicato una copertina a Gino Bartali. Ci sembrava un delitto, per tutto quello che Gino ha fatto nel ciclismo, e siamo molto contenti di avere rimediato.
Sono invece assai meno contento di dovervi comunicare, ma ve ne sarete già accorti, che il prezzo di Biciclette d’Epoca è passato da 5,90 euro a 6,90 euro. Le ragioni sono dovute sostanzialmente all’aumento dell’energia e delle materie prime, carta in testa. Anche se in termini assoluti non si tratta di una grossa cifra sono consapevole che in termini relativi lo sia, considerata la percentuale di aumento. Era però l’unica soluzione per mantenere in vita la nostra rivista, e speriamo che nessuno dei nostri lettori ci abbandoni per questo, perché quello che cerchiamo di fare come redazione, numero dopo numero, è un lavoro di ricerca e testimonianza sul ciclismo d’epoca che non avrebbe senso fare senza il vostro supporto. Da parte nostra, andiamo avanti con la grande responsabilità che speriamo abbiate imparato negli anni ad apprezzare.
Alessandro Galli
info@biciclettedepoca.net