Per la prima volta, nella storia della nostra rivista, abbiamo messo in copertina una campionessa del ciclismo femminile: la celebre Alfonsina Strada.
Alfonsina è senz’altro la rappresentante più nota di quelle che sono state le “corridore” del ciclismo eroico, ma accanto a lei sono state molte altre le rappresentanti del mondo femminile che – più o meno dalle origini – hanno voluto ritagliarsi uno spazio all’interno di quello che era (ed è sostanzialmente ancora oggi) un mondo in cui a emergere sono soprattutto gli uomini, siano essi campioni o imprenditori che hanno fatto la storia del ciclismo. Ci sembrava però giusto, proprio nel numero che esce nel mese in cui si celebra la Giornata Internazionale della Donna (l’8 marzo), raccontare un po’ di storie al femminile, dopo l’anticipazione che avete letto il numero scorso con la Pogliaghi di Mary Cressari. Giusto perché se è vero che “Le storie del ciclismo non finiscono mai” – ed è assolutamente vero – quelle al femminile hanno spesso una carica rivoluzionaria e dirompente che inquadra la bicicletta come la straordinaria attrice del progresso che è sempre stata.
Ecco quindi che, alla storia di Alfonsina Strada, il nostro Mario Cionfoli, autore del primo libro dedicato al ciclismo femminile nel 2013 (“Pedalare controvento”), ha affiancato quelle di tante altre pioniere della bicicletta e del ciclismo, sportivo e non. Pillole di un mondo parallelo e ostinato che ha rivendicato, per decenni, l’urgenza di una sola volontà: andare in bicicletta. La richiesta sembra surreale, ma la realtà è che in molti ambiti la bicicletta o il suo utilizzo sono stati considerati inappropriati, e non solo per quanto riguarda il pubblico femminile. Ricordiamo quando il sindaco di Milano, il conte Giulio Bellinzaghi, vietò nell’aprile del 1869 l’uso dei velocipedi all’interno della cerchia dei bastioni, in una polemica forse non dissimile da quella che oggi riguarda i monopattini elettrici. Oppure le proibizioni che ebbero all’inizio i preti nell’uso della bicicletta, come ci ha magistralmente raccontato Alfredo Azzini su BE46. Tutte vicende che hanno comportato una rottura e che hanno portato, poi, a un’apertura verso il mondo di oggi.
Non dissimilmente sono state “rompitrici di schemi” non solo Alfonsina ma anche l’aviatrice Hélène Dutrieu e la motociclista Margaret Gast raccontate da Gino Cervi, o la globetrotter e influencer Annie Londoderry ritratta sempre da Alfredo Azzini. Donne che hanno segnato un’epoca, con uno strumento che – incidentalmente ma forse non casualmente – è stato proprio una bicicletta. La stessa che in maniera democratica e popolare, ben prima che l’auto diventasse alla portata di tutti, aveva accorciato le distanze tra le persone, tra le città, migliorando gli spostamenti, forgiando decine di campioni nel percorso casa – lavoro, permettendo alle persone d’incontrarsi con più facilità.
Lo vedete quel filo rosso che collega tutte queste cose insieme, e che dà una visione della bicicletta che va oltre al “semplice” mezzo meccanico? Ecco, in questo numero abbiamo usato anche un filo rosa, tanto per ricordarci che la bicicletta è femmina.
Alessandro Galli
info@biciclettedepoca.net
Nota: una menzione speciale la dedichiamo a Carlo Delfino e alla sua straordinaria conoscenza storica del ciclismo, che non si limita al solo archivio fotografico, cui abbiamo attinto in maniera particolare anche in questo numero, compresa la foto di copertina con un’Alfonsina Strada restaurata da Luca Patrian.