Quando si parla di Emilio Bozzi si tende ad affiancarlo solo alla Legnano, ma in realtà la sua storia imprenditoriale ebbe inizio molto tempo prima. Essa si inquadra nella parte finale dell’epoca di quei grandi commercianti e assemblatori che erano presenti nelle maggiori città del Nord Italia e che vedevano in Milano la sede privilegiata dei vari Turkheimer, Angelman, Marquart, Flaig e tanti altri che costituivano delle vere multinazionali del velocipede. La loro attività consisteva nel commercio sia di biciclette sia di pezzi di ricambio, tubi e accessori. A queste ditte ricorrevano i molti meccanici ciclisti, sparsi anche nella più profonda provincia, per approvvigionarsi delle materie prime e delle attrezzature per la loro attività. La vendita avveniva spesso attraverso i cataloghi, con consegne effettuate a mezzo di un efficientissimo sistema postale. Quei cataloghi, realizzati con una grafica bellissima e accattivante, sono oggi una fonte di informazione interessantissima per il cultore della storia velocipedistica.
Ma ritorniamo al nostro Emilio, figlio dell’imprenditoria agraria milanese: la famiglia possedeva la cascina Melghera a Rosate, piccolo comune a sud-ovest di Milano, dove egli venne alla luce il 29 aprile 1873. A Emilio doveva andare certamente stretta la sola attività agricola. Agli inizi del ‘900 divenne infatti socio della Sacchi, Bozzi, Durando e C., società che vendeva materiali per biciclette a Milano. A seguito della morte del socio Sacchi, nel 1903, e del recesso del socio Durando, nel 1908 Bozzi si ritrovò unico proprietario della ditta che dal 1906 aveva assunto la denominazione Emilio Bozzi & C. L’azienda era ubicata in quella che poi diventerà la sede storica, al 9 di Corso Genova, ampliata nel 1911 con un negozio di vendita anche al 22 di Via Torino. Entrambi i luoghi erano molto conosciuti nell’ambiente dei ciclofili milanesi e non solo.
Nel 1908 Bozzi assunse anche la partecipazione di minoranza nella neocostituita società in accomandita di Umberto Dei. Questa società si sciolse nel 1915 a seguito del rifiuto di Dei di aumentare la quota di partecipazione di Bozzi. La ditta Emilio Bozzi & C. commercializzava biciclette inglesi del marchio The Pearl, biciclette Hammer, Trinacria, Fata, Slippery, Chater Lea e dal 1912 l’innovativa bicicletta Toledo, oltre ai tricicli da lavoro Simplex. Molto variegata era anche la componentistica, con catene Perry, movimenti centrali e mozzi Durkopp, componentistica Peugeot, congiunzioni e serie sterzo Thompson, freni Bowden, pneumatici Selena, manubri e freni Phillips, selle Christy, fanali Miller, Torpedo, Apollo e tanto altro. L’attività era costantemente in espansione. Dalla fine del primo decennio del ‘900 commercializzò anche un marchio ungherese e divenne agente per l’Italia della Wilby.
A questo punto dobbiamo portare la nostra attenzione sul marchio Legnano, la cui storia è probabilmente la più complessa del panorama ciclistico italiano. La sua nascita è sostanzialmente collegata a tre diversi soggetti, di cui uno inglese. Il nome del marchio deriva dalla città di Legnano, che sin dagli Anni ’20 dell’800 aveva visto svilupparsi un’importante industria tessile per merito dello svizzero Carlo Martin. Negli Anni ’70 venne affiancata all’industria del cotone quella meccanica, tra cui eccelleva la Franco Tosi & C., che iniziò la sua attività rilevando la Cantoni – Krumm, che costruiva telai meccanici. Per sopperire alla crisi dell’industria “degli aghi”, Tosi diversificò la produzione, iniziando quella dei motori a vapore e poi quella dei grandi motori a scoppio per bastimenti, rotori e turbine per centrali idroelettriche, divenendo anche industria navale con sede al Mare Piccolo di Taranto.
Nella nebbiosa mattina del 25 novembre 1898 Franco Tosi, di rientro in treno da Milano, andò direttamente in fabbrica a piedi, senza accorgersi di quella oscura figura che lo seguiva. Appena varcato il cancello della fabbrica echeggiarono due colpi di pistola: Franco Tosi stramazzò a terra, morto. I colpi erano stati esplosi dal suo operaio Giovanni Giacomo Garuzzi, un giovane cresciuto in orfanotrofio e poi affidato a una famiglia legnanese. Il Garruzzi si vendicò così del fatto di non aver ricevuto l’aumento di stipendio, come invece era stato dato a un suo collega. Fu condannato all’ergastolo ma fu liberato dopo 35 anni di prigione e dopo che Carla, figlia della vittima, lo aveva pubblicamente perdonato.
L’IMPORTANZA DI LEGNANO
La città di Legnano fu scelta come sede anche della Wolseley Tool and Motor Car Company, l’azienda inglese di proprietà di Frederick York Wolseley, con sede principale a Birmingham, che dal 1889 produceva macchine per tosare le pecore ma che, grazie alla direzione di Herbert Austin, iniziò nel 1895 a produrre le prime vetturette a tre ruote. Complice anche il fatto che Wolseley e Austin erano ottimi ciclisti, si arrivò presto alla produzione di velocipedi che, grazie all’avvento delle safety cycles, avevano un mercato in piena espansione.
L’idea della Wolseley era quella di costruire vetture, e ovviamente biciclette, anche in Italia, così nel gennaio del 1907 fu costituita la WOLA, ovvero Wolsit (acronimo di Wolseley Italiana) Officine Legnanesi Automobili. Tra i soci, oltre alla casa madre inglese, c’erano il Ruotificio dei F.lli Macchi e la Banca di Legnano. Come riportato dal giornale La Stampa Sportiva del febbraio 1907, il capitale iniziale era di 2.000.000 di lire. A far parte del consiglio di amministrazione vennero chiamati tra gli altri John Davemport Siddeley, che nel frattempo aveva sostituito Austin alla direzione del gruppo, e l’ing. Gianfranco Tosi, subentrato al padre nella direzione della Franco Tosi S.A. La produzione fu situata in un’ala della fabbrica Franco Tosi, meglio nota come Stabilimento Ovest e poi stabilimento Wolsit. La WOLA produceva vetturette ma anche biciclette, che rappresentavano la parte commercialmente più vantaggiosa.
Sul finire del 1908 la Wolsit concesse l’esclusiva di vendita delle biciclette, che in questo momento erano prodotte anche con il marchio Legnano, alla Vittorio Rossi e C. con sede a Milano in via S. Marco 12. Il marchio Legnano fu presente in modo non ufficiale al primo Giro d’Italia del 1909, come macchina in uso a due corridori “liberi”: Attilio Zavatti di Forlì e Giulio Modesti di Roma.
All’arrivo dell’ultima tappa all’Arena di Milano, Zavatti era 13° e Modesti 26°, un ottimo risultato per corridori non affiancati da alcuna squadra. Prontamente, Vittorio Rossi sfruttò questo piacevole “imprevisto” pubblicizzando la Legnano sulla Gazzetta dello Sport dove si poteva leggere: «Nel Giro d’Italia, umili, senza pretese, né rifornimenti, solo fidando nella ferma volontà e nella loro bicicletta Legnano, due partirono e due si qualificarono a fianco dei tenori del ciclismo». Era l’inizio di un’avventura nel mondo delle corse che scriverà molte e indimenticabili pagine di storia.
Nacque così di lì a poco la prima squadra Legnano organizzata da Vittorio Rossi, il quale ingaggiò i corridori Galetti, Rossignoli, Canepari, Gajoni, Marchese e Zavatti e partecipò al Tour de France, che iniziava dopo appena un mese. L’esperienza d’Oltralpe, complice il poco tempo a disposizione per l’organizzazione e la mancanza totale di esperienza, si risolse però in un disastro.
CRISI E RIPARTENZA
Agli inizi del 1910, la crisi economica generale mise in ginocchio il mercato dell’automobile, così la Wolsit Officine Legnanesi Automobili annunciò la chiusura del reparto auto e la prosecuzione solo della produzione di biciclette, al cui marchio Legnano vennero affiancati il marchio Wolsit, che produceva modelli gran lusso, e il marchio W.O.L.A per modelli da turismo di gamma inferiore. Stranamente, il 27 febbraio 1912, Vittorio Rossi registrò il suo marchio “Vittorio Rossi & C” che recava anche la scritta Wolsit e la scritta “Officine Legnanesi Automobili Legnano”. La Wolsit nel frattempo aveva molto ampliato la produzione di biciclette, dando vita anche ai marchi Atena, Aura, Olona, Fides e Perry. Inoltre forniva la componentistica e i telai alla Cicli Globo e a Giovanni Gerbi.
Agli inizi del secondo decennio del XX secolo la Wolsit fece notevoli investimenti nell’industria aeronautica, con l’intento di rientrare nel settore meccanico d’eccellenza dal quale era uscita con la cessazione della costruzione delle vetturette. Purtroppo l’insuccesso dei suoi due prototipi portò l’azienda sull’orlo del fallimento e nell’assemblea del 31 marzo 1915 gli azionisti ne decisero la messa in liquidazione. Fu proprio questa crisi della Wolsit a suscitare l’attenzione e l’interesse di Emilio Bozzi per il marchio, la cui acquisizione, assieme allo stabilimento, fu definita agli inizi di ottobre 1915. Il giorno 18, sulla Gazzetta dello Sport, apparve l’annuncio pubblicitario che informava del passaggio di proprietà del noto marchio Wolsit. Bozzi utilizzò le officine della WOLA per porvi la produzione delle autovetture e dei mezzi da trasporto del marchio SPA, il cui principale cliente era l’esercito italiano. Ma Emilio Bozzi si stava anche avviando a divenire una figura importantissima nel mondo delle due ruote. Infatti, dopo appena sei mesi dall’acquisizione della Wolsit, il 20 marzo 1916, ci fu l’annuncio dell’acquisizione della Turkheimer, la famosa azienda che commercializzava e assemblava vari marchi di bici d’importazione, accessori di qualsiasi tipo, abbigliamento per ciclisti e parti staccate di biciclette.
Ma il marchio Wolsit, registrato da Vittorio Rossi, continuava a esistere, creando non poca confusione sul mercato. Così Bozzi diede il via a complesse e lunghissime trattative per l’acquisizione del marchio ancora in mano a Rossi. Gli accordi si raggiunsero solo sei anni dopo quando, l’8 ottobre 1921, Emilio Bozzi divenne finalmente proprietario del marchio Wolsit registrato da Rossi. Da quel momento Bozzi era il vero patron della Legnano, nominò direttore sportivo Eberardo Pavesi e i successi non tardarono ad arrivare. Si deve a Giovanni Brunero la prima storica vittoria quando, dopo una lotta estenuante prima contro Girardengo sulla Stucchi e poi contro Belloni sulla Bianchi, riuscì ad aggiudicarsi il Giro d’Italia del 1920. In questa occasione iniziò la serie dei piazzamenti di Belloni, l’eterno secondo.
La produzione di bici da turismo era trainata dai successi agonistici. Le sfide sportive proseguirono negli anni successivi. L’antagonista storico era la Bianchi e le due case diedero vita a quei memorabili duelli tra Bartali e Coppi che purtroppo Emilio Bozzi non riuscì a vedere, perché morì improvvisamente la notte tra l’11 e il 12 settembre 1936, appena tre mesi dopo la conquista del primo Giro d’Italia da parte di Gino Bartali, ovviamente in maglia Legnano.
Dopo la scomparsa di Emilio, l’azienda fu guidata dal direttore generale Mario Della Torre, il quale nel dopoguerra fu affiancato dai generi di Bozzi, Silvio Marazza e l’Avv. Lodovico Gnech, che fu rapito il 23 febbraio 1979 a scopo di estorsione e di cui non si ebbe più traccia. Il marchio, anche se con molte vicissitudini e con un prestigio non paragonabile agli anni d’oro, è ancora presente nel panorama dei brand italiani.