Dopo due anni siamo tornati all’Eroica.
Quella grande, quella “vera”, quella di Gaiole in Chianti. Non che le tante altre che gli organizzatori hanno comunque tenuto in questi mesi difficili – coraggiosamente e bene, direi – non siano stati appuntamenti di rilievo, ma è chiaro che il pellegrinaggio a Gaiole, una volta all’anno, è qualcosa che ormai in tantissimi mettono in calendario, e averlo potuto fare ha dato a tutti una splendida sensazione di normalità. Non è stata però un’edizione normale perché si è tenuta in due giorni anziché in uno: sabato i lunghi e domenica i corti. Una formula dettata dalla necessità di evitare assembramenti, decisa settimane prima dell’evento perché sono tempi di previsioni difficili e allora si è deciso di adottare misure che permettessero di gestire il peggio, che fortunatamente non è arrivato. Questa Eroica in due giorni, in ogni caso, apre a tutta una serie di riflessioni sul fatto che una difficoltà si possa trasformare in un’opportunità.
Personalmente, ho trovato questa nuova formula molto più gestibile e vivibile. Anche le nostre precedenti Eroiche, come staff di Biciclette d’Epoca, sono state bellissime, ma l’approccio con cui le affrontavamo era quello di fare tre giorni a tutta senza un attimo di respiro. «Ci vediamo all’Eroica», ci dicevamo i tanti amici del giro, ma poi le cose da fare, gli appuntamenti, erano talmente concentrati che era quasi più facile telefonarsi dopo e raccontarsi com’era andata. Nei nostri quattro giorni a Gaiole in Chianti, invece, abbiamo avuto anche il tempo di “perdere tempo”, di rilassarci, di tessere relazioni, che poi credo sia il senso più profondo del vivere l’Eroica e tutte le altre manifestazioni a contorno, che permetto a chi ama vivere questo mondo d’incontrarsi. In generale ci è sembrato che tanti abbiano apprezzato il nuovo approccio, per cui staremo a vedere cosa succederà il prossimo anno.
Tra le cose belle di questa Eroica 2021 c’è stata la nostra partecipazione al Concorso d’Eleganza, un invito che abbiamo ricevuto in primavera e che, come gruppo di redattori appassionati “al mezzo”, abbiamo accettato con entusiasmo. Credo che sia stata un’opportunità importante per fare quella “cultura della bicicletta” che è il faro che guida il modo di creare ogni due mesi la rivista. L’esperienza è stata bella sotto tanti punti di vista – innanzitutto quello relazionale con i giudici e gli organizzatori, che ci tengo a ringraziare – ma c’è anche la consapevolezza che si possa migliorare. Anche qui guardiamo già alla prossima edizione.
Bella è stata anche la prima edizione de “Le bici di una volta”, primo evento organizzato da Biciclette d’Epoca (come media partner del Registro Storico Cicli) in quel di Saronno. La location non è casuale, visto che è la città di chi scrive, ma devo dire che sono molto soddisfatto per com’è andata e per come gli amici collezionisti presenti (anche qui davvero grazie mille!) abbiano partecipato con entusiasmo, facendosi anche dei chilometri che sono stati ripagati dall’interesse delle tante persone passate a dare un’occhiata.
È che le biciclette sono belle e semplici, e fanno parte della vita di tutti. Raccontarne la storia vuol dire tuffarsi nel nostro passato, nelle nostre radici, e dare all’improvviso un significato a quella bicicletta del nonno che teniamo in cantina, magari facendoci venire voglia di usarla nella vita di tutti i giorni. Non va sottovalutata la “promozione” che facciamo alla bicicletta ogni volta che ne parliamo, ogni volta che facciamo una ciclostorica, tenendo in considerazione che più la bicicletta si diffonde più migliora la qualità della nostra vita. E da questo punto di vista, penso che siamo tutti d’accordo nel voler raddoppiare.
Alessandro Galli
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