Nel 1918 a Mümliswil-Ramiswil, paesino situato nel nord della Svizzera a 50 km tra Basilea e Berna, quattro amici diedero vita a una nuova società di importazione di biciclette, macchine da cucire e relativi componenti, nonché commercio di oli lubrificanti.
Tra i fondatori c’erano G. Haefeli, oste di Mümliswil, e J. Jeker, maestro fabbro di Balsthal. Nel 1920 la società si ampliò e assunse il nuovo nome Jeker, Haefeli & Cie e l’anno successivo si trasformò in una società per azioni con un capitale di ben 200.000 franchi svizzeri.
È nel 1933 che le biciclette furono assemblate per la prima volta nel laboratorio aziendale e commercializzate con il marchio Mondia, mentre la produzione delle bici da corsa iniziò successivamente, nel 1936, con l’ampliamento di alcuni locali adibiti a questa specifica produzione. Nel 1936 Karl Litschi e nel 1937 Giovanni Valetti, assoldati nel team Mondia, vinsero tappe del Tour de Suisse, la più importante competizione ciclistica svizzera dell’epoca. Valetti, nello scorso numero, l’abbiamo visto in maglia Frejus battere Bartali, ma in quegli anni era usuale per i ciclisti correre per un altro team estero in alcuni momenti dell’anno, in preparazione di altre competizioni. Superata la Seconda Guerra Mondiale, Mondia continuò la produzione e la vendita di biciclette e per rinforzare il prestigio del marchio i dirigenti decisero di allestire un nuovo team di ciclisti professionisti. La Mondia avrà una propria squadra di professionisti dal 1950 al 1958.
Successivamente, negli Anni ’60 e ’70, produsse biciclette da corsa con le leggere tubazioni in acciaio Reynolds 531 (concorrenti dei tubi Columbus italiani), a testimonianza dell’alto livello qualitativo raggiunto. Nel 1970 per diversificare la produzione la società divenne distributore delle motociclette Kawasaki, per poi cessare del tutto l’attività nel 2003, dopo 70 anni dalla nascita del marchio. Con la sua storia, la Mondia è stata sicuramente la ditta svizzera produttrice di biciclette da corsa e da turismo che ha ottenuto più successo fino agli inizi del 2000.
FAUSTO LURATI…
La bicicletta ritrovata in Lombardia anni or sono è una Mondia da pista appartenuta al ciclista svizzero professionista Fausto Lurati, che corse nel team Mondia negli Anni ’50. Lurati nacque il 29 agosto 1929 a Breganzona (Ticino), Svizzera, correndo come professionista dal 1953 al 1957. Nel 1952 come dilettante partecipò alle Olimpiadi in Finlandia e vinse una tappa nel Giro del Mendrisiotto (Svizzera). L’anno successivo passò professionista nel team svizzero Mondia, partecipando anche ad alcune gare italiane nel team Benotto-Levrieri, purtroppo senza cogliere risultati degni di nota. Nel 1954, sempre col team Mondia, si classificò terzo nel campionato nazionale svizzero pista, nella categoria inseguimento Élite.
La bicicletta che vedete in queste pagine è quella originale che Lurati utilizzò nell’inseguimento del 1954. Nel 1955 il corridore svizzero partecipò nel team Faema-Guerra al Giro d’Italia vinto da Fiorenzo Magni, ma gli unici risultati furono il terzo posto nel GP di Basilea e il secondo posto nella gara Locarno-Locarno. Fausto riuscì a vincere una corsa nella sua carriera, nel giugno del 1956: una tappa di 253 km del Tour del Nord Ovest, in Francia. Fu questo l’anno dei suoi migliori risultati sportivi, in cui corse anche il Tour de France. Lurati chiuderà la carriera professionistica nel 1957 con una sola vittoria, ma correndo tante gare e combattendo al fianco dei campioni dell’epoca, quali Coppi, Bartali, Magni, Bobet, Gaul, Van Steenbergen, Van Looy.
…E LA SUA BICI
Questa Super Mondia possiede geometrie classiche dell’epoca, con un piantone di 58,5 cm e un tubo orizzontale di egual misura. Caratteristiche peculiari della bicicletta sono le splendide congiunture utilizzate per assemblare il telaio e le già citate tubazioni Reynolds 531, distintive di un prodotto di alta gamma. Il nodo sella presenta una lavorazione molto particolare e risente dell’influenza dei telaisti francesi (per esempio di Cattaneo di Nizza), evidente anche nelle altre congiunzioni del telaio. La tecnica costruttiva è davvero elevata e confermata dal montaggio Campagnolo di alta gamma. La testa della forcella è particolarmente elegante e presenta un rinforzo tipico delle biciclette da pista. La colorazione è originale, così come lo sono le decal e il nome del ciclista sul tubo orizzontale. L’attacco da 13 cm Cinelli si abbina a un manubrio in ferro da 41 cm. La sella è Brooks. Degne di nota le ruote con mozzo FB a 28 raggi legati tra loro per ottenere una maggior rigidità. I tubolari di seta, anch’essi originali, hanno perso la loro funzionalità ma mostrano tutta la loro leggerezza e bellezza.
Particolare è la guarnitura marchiata A. Dupprat Professionels, con passo Humber di 24 denti. Il pignone fisso ha 8 denti. Il progettista e imprenditore inglese Thomas Humber fu uno dei primi ad applicare la catena a una bicicletta e il suo passo si caratterizza per essere doppio rispetto allo standard attuale. La distanza tra i denti è infatti di un pollice invece del solito mezzo pollice. La catena è quindi dimensionata di conseguenza e presenta una maglia forata per l’inserimento del dente alternata a una maglia chiusa. Questa tipologia di trasmissione offriva un minor attrito e veniva utilizzata soprattutto in pista e nelle biciclette d’inizio XX secolo con un solo rapporto. La storia di Thomas Humber è sicuramente particolare: figlio di Samuel Humber e Lucia Turturici – oriunda siciliana – ha apportato miglioramenti alla bicicletta quando ancora veniva chiamata velocipede. Ma di questo racconteremo un’altra volta.