Un documento eccezionale che scatta un’istantanea di un momento storico per tutti gli appassionati di ciclismo d’epoca: il primo Giro d’Italia del 1909. All’epoca forse era solo un semplice manifesto ma oggi è una mappa, non solo del percorso ma anche di come si presentava il panorama sportivo e industriale del ciclismo sportivo all’inizio del XX secolo. Una mappa in cui Carlo Delfino, con la consueta maestria, ci aiuta a orientarci.
IL MANIFESTO
Guardiamo insieme, soppesandolo, questo documento unico ed eccezionale. Il manifesto è di dimensioni notevoli (110,5 x 96,9 cm su carta leggera), e si presenta, dopo attento restauro con “carta di riso”, in buone condizioni ma con qualche piega dovuta, senza dubbio, al modo in cui è stato conservato per anni. Probabilmente, ma la cosa va verificata, dovrebbe trattarsi di un inserto/omaggio per i lettori della Gazzetta dello Sport.
Partiamo dall’intestazione. Ragione sociale, indirizzi, prezzo dell’abbonamento annuale e la precisazione che il giornale esce tre volte alla settimana (trisettimanale) e vedremo in seguito il perché di questa cadenza di pubblicazione. Non si tratta di una stampa relativa al Giro d’Italia, per lo meno non esclusivamente. Campeggia una scritta
“Le grandi manifestazioni sportive del 1909”: infatti su questo manifesto sono riportate con precisione le corse che verranno organizzate/patrocinate dalla Gazzetta con relative date di svolgimento, chilometraggio e percorso che trova la planimetria sulla piantina dell’Italia con i vari colori legati alle diverse prove:
- Verde = Milano Sanremo.
- Rosso = Giro d’Italia.
- Tratteggiato = Roma Napoli Roma.
- Blu = Giro di Lombardia.
- Triangolo Giallo = Circuito Aereo Italiano.
L’Italia nel 1909 è ancora priva dei territori “irredenti” come risulta da un documento con carta intestata Gazzetta in visione qui sotto e relativa proprio al Giro d’Italia. Evidentemente, questa pubblicazione è antecedente al 4 aprile 1909 data di svolgimento della prima corsa in calendario, vale a dire la Milano Sanremo vinta da Luigi Ganna su Emile Geroget e Cuniolo.
IL PRIMO GIRO D’ITALIA 1909
L’itinerario del Giro d’Italia è indicato con una precisione assoluta per le date di effettuazione (si gareggiava ogni due o tre giorni in corrispondenza ovviamente dell’uscita del giornale organizzatore che per l’occasione sfornava decine di migliaia di copie) ma con una certa discrepanza nel chilometraggio poi realmente coperto. Ma si può capire questa pecca, considerando il cattivo stato delle strade di allora, le probabili deviazioni obbligate per lavori e il non ancora preciso tragitto in alcuni punti del percorso. Infatti il chilometraggio totale ufficiale è indicato sul manifesto in 2435, abbastanza lontano dai 2408, o 2500 di altre fonti, però molto vicino all’ufficialità (noi per la precisione ci rifacciamo ai 2447,900 riportati dal monumentale ed esaustivo lavoro storico statistico di Carmine Castellano pubblicato nel 2011). La vittoria, come sappiamo tutti, arrise a Ganna su Galletti e Rossignoli.
Per essere precisi, in fase di iniziale progettazione, il Giro avrebbe dovuto avere la planimetria in schizzo qui illustrata, toccando Nizza e si parlò in un primo tempo, di Trento e Trieste, città vicine ed amiche ma ancora sotto bandiera straniera. Un’idea geniale e avanti decenni rispetto ai tempi, fu quella di far “sponsorizzare” dai Comuni e dalle realtà sociali coinvolte dal passaggio della corsa i cartelli indicatori. Questo compito venne affidato al Touring Club Italiano che, agevolato da una capillare organizzazione e da una perfetta conoscenza del percorso, doveva “vendere” ai sottoscrittori diversi cartelli segnaletici con un prezzo variabile dalle 10 alle 25 lire.
Altro problema in ballo fu la definizione del regolamento che aveva l’obbligo di fornire garanzie di equità e sicurezza senza creare intoppi e problemi eccessivi alle giurie che avevano il loro bel da fare a seguire i concorrenti. Concorrenti che vennero tutti fotografati per renderli perfettamente riconoscibili, scongiurando così scambi di persona o trucchi del genere. Alla fine si optò per lo stesso regolamento del Tour 1908 con la classifica a punti (1 al vincitore, 2 al secondo e così via) e la macchina punzonata alla partenza. I controlli, alcuni dei quali anche segreti, furono affidati sempre al Touring Club Italiano di Via Monte Napoleone coi referenti sparsi su tutto il territorio.
il via storico del primo giro d’italia fu dato a milano il 13 maggio 1909 alle 2.53
Un altro documento che meriterebbe una trattazione e se stante è il “garibaldi” del primo Giro d’Italia, altro oggetto di culto e di cui si conosce l’esistenza di poche unità di copie originali. Questa pubblicazione, edita sempre dalla Gazzetta dello Sport, e interamente dedicata al Giro, è un autentico gioiellino, che non ha niente da invidiare a ciò che viene prodotto ai giorni nostri come programma “vademecum”per gli addetti ai lavori. Contiene planimetrie dettagliate, crono tabelle, cenni storici e turistici relativi alle città attraversate dalla corsa e per finire addirittura le fotografie degli iscritti con i relativi numeri di gara.
Le iscrizioni al Giro si chiusero improrogabilmente il 6 maggio 1909 alle ore 16,00. Ma il primo iscritto fu lo sconosciuto Felice Peli di Sarezzo il quale quindi ebbe il privilegio di indossare il “numero 1” che oggi invece siamo generalmente abituati a vedere sulla schiena del vincitore dell’anno precedente. Qualche altra curiosità sui partenti: Romolo Buni, con i suoi 38 anni, era il più “vecchio”; il cecinese Arnolfo Galoppini correva su una bici di sua personale fabbricazione, denominata “fulmine”; una sparuta pattuglia di corridori romani rappresentò i “girini” più meridionali. Ci fu anche chi gareggiò con uno pseudonimo per non incorrere nelle ire paterne: è il caso del piacentino Mario Pacchiarotti, schieratosi al via come Henry Heller di Trieste. Le “case” ufficiali si assicurarono i campioni del momento. L’Atala schierava l’astuto Pavesi e Ganna. Galetti e Cuniolo erano i capofila della Rudge; Gerbi e Rossignoli della Bianchi che annoverava tra le sue fila anche il velocista Beni e il regolarista Canepari. La Prinetti e Stucchi si era assunta l’onere di “importare” dalla Francia nientepopodimeno che Petit Breton, Pottier e Trousselier. Tra gli altri iscritti – ma mai partiti – c’erano pure Van Hauwaert, Faber, Garrigou, Decaup, Duboc e il fantomatico russo Nedela…
Il via storico fu dato da Milano giovedì 13 maggio alle ore 2.53. Quasi tutti avevano il pignone fisso e il freno tampone. Venne fornita un’assistenza di prim’ordine per i corridori più forti che avevano delle conoscenze tecnico-tattiche avanzate e perfezionate dalle precedenti partecipazioni alle corse d’oltralpe e alle classiche italiane. Canepari, Pavesi, Ganna, Galetti, Gerbi e molti altri avevano già masticato parecchia polvere ma avevano assaggiato la scarsa considerazione che il ciclismo italiano riscuoteva oltre confine. Sul suolo patrio gli equilibri si capovolsero e gli Italiani si imposero con grande facilità “spezzando le reni” all’agguerrita ma presuntuosa pattuglia straniera, giunta nella Penisola convinta di dominare facilmente. Episodi salienti della corsa già nella prima tappa, risultano essere la caduta di Petit Breton, che dovrà in seguito ritirarsi per le conseguenze subite, e il dramma di Gerbi che dopo appena poche centinaia di metri ha un guasto tecnico che gli fa perdere quasi tre ore per le riparazioni prescritte da un rigido regolamento (impossibile sostituire la bicicletta). Il Diavolo Rosso fuori dai giochi di classifica.
Intanto, tra concorrenti che prendevano il treno ma venivano regolarmente smascherati, tra soste in trattoria per sconfiggere la fame e la fatica, tra assalti di puledri e mandrie al pascolo nel paese ancora rurale, il piccolo Galetti si instaurò provvisoriamente in vetta alla classifica. A Roma salì in cattedra Ganna e portò il primato fino a Milano, osannato vincitore. Ma il vincitore per eccellenza fu il pubblico, fu la gente, furono gli appassionati di ciclismo in gran numero sulle strade della Penisola a veder passare la corsa.
ALTRE GRANDI GARE
Proseguendo con le grandi manifestazioni sportive presentate sul manifesto in questione, si elenca la Corsa Internazionale Dilettanti dell’11 luglio che in effetti si disputò leggendo le cronache, sul percorso Milano Alessandria (non noto il tragitto e il chilometraggio effettivo) con la vittoria di Cappella su Cellerino e Garavaglia. La Roma Napoli Roma (19 20 settembre) fu appannaggio ancora di Ganna, vero mattatore dell’annata. Il V Giro di Lombardia che si disputò il 4 novembre, vide la rocambolesca vittoria di Giovanni Cuniolo.
A ulteriore conferma che il manifesto non è esclusivamente dedicato al Giro, ecco l’annuncio del Circuito Aereo Italiano che si sarebbe svolto nei primi giorni di settembre con grande entusiasmo di pubblico per un movimento motoristico in piena espansione. Ma questo esula dalla nostra trattazione. Torniamo ora ai dettagli del manifesto oggetto della nostra attenzione
I CAMPIONI
Nella cornice esterna sono rappresentati dieci campioni che, come la Gazzetta giustamente presume, daranno lustro alle corse ciclistiche dell’annata. In effetti questi pionieri eccelsi si distinsero nel 1909 per continuità ed eccellenza di risultati in Italia e anche all’estero.Molto conosciuti e famosi, i magnifici dieci ritratti. Per ognuno di questi sarebbe necessario un volume redatto da una penna che sappia far risaltare le loro imprese in un’Italia dal ciclismo pionieristico. Lavoro improbo sarebbe soltanto tratteggiare i loro palmarès, che hanno nobilitato i primi anni del Novecento ciclistico europeo. Negli anni a seguire, questi personaggi caratterizzeranno grazie al loro carisma almeno la prima metà del secolo con sagge dirigenze sportive, imprenditorie illuminate e soprattutto passione.
LE PUBBLICITÀ
Nella cornice interna sono presenti dieci spazi pubblicitari (sponsor, diremmo adesso) con marchi tecnici noti e meno noti. Tutti hanno qualcosa da raccontare. Per qualche storia di queste non sarebbero sufficienti tutte le pagine della rivista. Cercheremo di sintetizzare al massimo.
ATALA: La fabbrica di velocipedi viene fondata nel 1908 da Angelo Gatti, ex-dirigente della Bianchi; il marchio con lo scudetto blu e rosso viene depositato a nome della ditta Gatti & Pellini con il numero 8630. Il nome della società pare fosse un omaggio al nome della madre del fondatore, Atala Naldi o a una eroina di un romanzo di Francois Renè de Chateaubriand. Nel 1909, con una squadra fortissima, troverà trionfi prestigiosi.
LABOR: La Labor è una rinomata azienda francese. Ai primi del Novecento costruì biciclette dal tipico telaio con tubo orizzontale curvo aggiuntivo. La marca Labor, esistente dai primi anni del Novecento coeva delle principali marche di cicli francesi, conobbe subito un enorme successo dovuto all’originalità del telaio con tubo “a ponte”. I cicli Labor sono da subito utilizzati nelle principali corse ciclistiche e nei velodromi riscuotendo successi e riconoscimenti. Anche il funambolico pistard Major Taylor ha corso con la Labor.
POLACK: invece faceva soprattutto pneumatici per auto. La pubblicità su questo manifesto, forse, era un tentativo per entrare anche nel mondo dei pedali.
MOTO REVE: è una delle prime biciclette a motore, quelle che sarebbero diventate motocicli. Della Moto Reve abbiamo scovato anche questa bellissima pubblicità a colori.
SENIOR: marchio allora pressoché sconosciuto ma in fase di crescita, avrà la forza economica di partecipare al Giro del 1910 e 1911 con Corridori del calibro di Sala, Sivocci e Bordin.
GOERICKE: La Maschinenfabrik August Göricke fu fondata il 24 dicembre 1874 ed era una delle più importanti fabbriche meccaniche tedesche. Dal 1895 furono prodotte biciclette e il più illustre fruitore fu il più volte campione del mondo Ellegaard. Dal 1903 furono prodotte anche le motociclette. Nel 1921 il nome fu cambiato in Görickewerke A.G.
RUDGE WHITWORTH: era una casa britannica La società nacque dalla fusione di due società che producevano biciclette. Con queste macchine corse Eberardo Pavesi nel 1905. Nel 1909 al Giro fa incetta di premi e per uno scherzo del destino non vince la classifica generale con Carlo Galetti, considerato come dice la cartolina, “vincitore morale”. In seguito la ditta si dedicò alla produzione di motociclette.
FOX: marchio italiano minore di cui si hanno pochissime notizie. Ogni tanto i collezionisti trovano qualche raro pezzo.
WOLBER: casa di pneumatici francese, fu fondata nel 1898 da Antoine Wolber. Il nome di Wolber sarà legato negli Anni ’20 al Gran Premio omonimo che costituiva una specie di Campionato del Mondo ufficioso. Detta corsa vide la prima edizione nel 1922 in occasione dei festeggiamenti per la ricostruzione dello stabilimento distrutto dalla guerra. Nel 1924 vinse Costante Girardengo sorprendendo i fratelli Pelissier. Nel 1910 la Wolber organizzò un Tour per gli indipendenti francesi denominato appunto Tour de France cycliste Peugeot et Wolber . Nel 1972 diventerà una società controllata dal gruppo Michelin.
LA STORIA RACCONTA…
Credo di aver studiato e soppesato criticamente, ma con affetto e passione, questo documento che il Museo Bicicleria grazie a Mario Cionfoli mette a disposizione di tutti. Far apprezzare un documento così è un passo culturale importante. Le cose belle vanno fatte vedere e non tenute gelosamente nascoste. Musei con cimeli “raccoglitori di polvere” non ci servono. Abbiamo bisogno che il museo vada in mezzo alla gente, vada dai giovani che sono curiosi non solo di social ma anche di storie.
A cura di: Carlo Delfino Collezione: Museo Bicicleria di Mario Cionfoli
NOTA SUL RITROVAMENTO
Un’emozione immensa, un viaggio nella macchina del tempo a quel 13 maggio del 1909, a Milano, in una notte fumosa di luci al carburo e petrolio, che corre veloce su due ruote, che scalpita al via del 1° Giro d’Italia. Queste le sensazioni che io e Pierluigi Farè, carissimo e fraterno amico e grande gancio in quest’occasione, abbiamo provato osservando, attoniti e increduli – quasi non fosse realtà – questo manifesto originale e unico esistente, a oggi, di presentazione del 1° Giro d’Italia, datato 1909. È Marco Ferrero, di Ivrea, piemontese DOC, a ospitarci e raccontarci come 10 anni fa, in un mercatino delle pulci di un piccolo paese sperduto in provincia di Vercelli, avesse rinvenuto fra le carte impolverate e spiegazzate di un banco questo importante manifesto che fa parte della Storia del Ciclismo.
Marco è un fine ricercatore, un “Indiana Jones” attento e preparato sull’oggettistica d’epoca, non un collezionista di bici, ma attirato dalle cose belle di un tempo di cui la sua casa è colma. Ora ha deciso di cedere questa rarità al Museo Bicicleria di Vicenza affinché non rimanga più al buio in un cassetto, e mentre ci consegna il manifesto, davvero con qualche lacrima, io e Pierluigi siamo senza fiato e parole, estasiati, ammutoliti di fronte ai volti di Petit Breton, Ganna, Galetti e degli altri corridori raffigurati. Ora questo pezzo di Storia del Ciclismo è a disposizione e in visione a tutti nel Museo Bicicleria di Vicenza.
Mario Cionfoli – Museo Bicicleria Vicenza