La Maino modello SuperSport viene alla luce nella seconda metà degli Anni ’30. Il catalogo commerciale del 1937 è il primo dove questo modello di punta viene fotografato e descritto. Il modello avrà successo soprattutto nel Dopoguerra, e continuerà ad essere presente nei cataloghi della casa alessandrina fino quasi agli Anni ’60. Considerato che proprio nel 1940 – anno della produzione della bici che vedete in queste pagine – l’azienda passò dal fondatore Giovanni Maino nelle mani di un altro industriale italiano, il padovano Cesare Rizzato, questo modello può essere considerato, insieme all’Aerodin, uno degli ultimissimi concepiti dallo storico team originale. Un vero e proprio modello di tipo sportivo non era mai stato introdotto da Maino, nonostante i competitor già da tempo lo proponessero ottenendo in alcuni casi con buone fortune, come per esempio con le Bianchi M-Sport e Rodi. L’unico timido tentativo targato Maino negli Anni ’30 fu rappresentato dal modello Superlusso Sport, che però era in buona sostanza una Superlusso con freno posteriore contropedale Torpedo e cerchi in legno.
UNA SINTESI PERFETTA
Come già abbiamo avuto modo di spiegare nel numero 41 parlando della Bianchi Claudio, la bicicletta sportiva tipica degli Anni ’30 è la bicicletta R-Sport, ovvero quella bicicletta che coniuga i telai da corsa con freni a filo a manubri di tipo R (quelli a frenata rigida, comunemente chiamati “a bacchetta”) e che inoltre presenta generalmente i mozzi da corsa di tipo giroruota associati a un carter copricatena. Il concetto che sta alla base del concepimento del modello SuperSport, invece, è se possibile ancora più moderno ed estremo: si tratta infatti di una vera e propria sintesi tra due impostazioni antitetiche, ovvero tra il modello Superlusso, l’ammiraglia di eleganza della casa, e il modello da corsa Super Campionissimo, che in quegli stessi anni vinceva nelle corse grazie ad assi quali Guerra, Bini e Bergamaschi. Curioso, e forse indicativo, che da entrambi i modelli erediti anche parte del nome, “SuperSport”.
Osservandola a fondo ci si può rendere benissimo conto degli attributi genetici ereditati da entrambe. L’aspetto è sostanzialmente ereditato dall’ammiraglia: si tratta di una bicicletta di tipo R, con freni interni, carter tubolare con codino e padellino. Il colore grigio però, sebbene a richiesta venisse anche offerto sul modello Superlusso, è praticamente da sempre il colore delle Maino, ma di quelle da corsa. Non a caso il colore principale della SuperSport rimarrà a lungo il grigio, quantomeno fino a dopo la guerra. Avvicinandoci e osservando bene il telaio – in particolare i tubi speciali rinforzati e le congiunzioni alleggerite – possiamo notare che sono proprio gli stessi utilizzati nella costruzione delle Super Campionissimo da corsa, a eccezione dei forcellini posteriori. Quest’ultimi non sono per giroruota ma sono nuovi forcellini da passeggio appositamente realizzati, dotati di incavo per quei tendicatena d’influenza francese tanto tipici del marchio ma con nuovi importanti alleggerimenti.
Quando l’occhio cade sui ponticelli del telaio, sul ponticello del carter e sulle fascette del freno contropedale o sulle teste delle viti dei parafanghi, ci si rende effettivamente conto di quanto i tubi che la compongono siano davvero di diametro ridotto e contribuiscano a rendere estremamente leggero questo telaio, che oltretutto è predisposto per montare ruote da 26” con copertoni 26×1 1/2×1 5/8, vale a dirsi le gomme per balloncina. Questa soluzione era uno dei più apprezzati optional per le biciclette da passeggio degli Anni ’30, dato che consentiva andature meno rigide e un miglior assorbimento delle asperità grazie alla bassa pressione nella camera d’aria.
Altri connotati genetici derivanti dal modello da corsa sono le pedivelle con alleggerimenti sui tre lati nascosti alla vista e il movimento centrale con perno cavo. C’è poi soprattutto un concetto portato all’estremo: l’ampissimo uso di duralluminio, la lega leggera e innovativa di quel decennio per il settore biciclette. In duralluminio sono infatti i parafanghi, le aste dei parafanghi, il padellino del carter, le flange del mozzo anteriore F.B. Maino, il tubo sella, i cerchi Ambrosio, la gemma posteriore, i pedali Sheffield Maino a centro intero ricavato dal pieno, con perno cavo, e con i distanziali dei blocchetti in feltro pressato, anch’essi in duralluminio, così come i parapolvere e le flange degli stessi. Incredibilmente, anche gran parte del sistema frenante è nella stessa lega leggera: i cavallotti sono pezzi unici ricavati dal pieno, con raccordi integrati sempre in duralluminio. Le stesse aste di rinvio all’interno del telaio sono – indovinate un po’? – di duralluminio.
TESI E ANTITESI
L’altro volto della sua anima, antitesi del precedente, è quello sobrio ed elegante, corredo genetico ereditato da mamma Superlusso. Possiamo ritrovarlo nel manubrio a freni interni con lunghi e sottili manopolini in legno, manopole in corno e fregio smaltato in grigio, rosso e blu col nome del modello a nascondere alla vista i meccanismi di regolazione della frenata. E – ancora – nell’elegante disegno dei suoi parafanghi, nel carter tubolare più lussuoso della gamma (con oliatore a vite per la lubrificazione della catena), nella serie sterzo tornita e con portafanale integrato nel collarino e per finire nella viteria dedicata.
La bicicletta che potete vedere in queste pagine, in particolare, è stata ritrovata con mozzo posteriore Torpedo dotato di freno contropedale e cambio a due velocità con comando al manubrio, tutto risalente all’anno 1940, come da punzonature sia sul mozzo sia sul manettino. Abbiamo poi completato il restauro accessoriandola con un particolare gruppo luce Radsonne sportivo, con dinamo in ottone e alluminio e fanale con gemmette laterali direzionali, paramanubrio Amba, campanello brevetto Freschi, pompetta Omas color grigio Maino, borsello porta attrezzi Maino, e santino protettore in ottone. I copertoni sono Pirelli Stella balloncino.
Negli anni, le varie versioni del modello SuperSport che si sono succedute hanno subìto piccole ma costanti variazioni. È però importante evidenziare una curiosità che la dice lunga sul posizionamento del modello all’interno della gamma: la SuperSport diventa, con gli aggiornamenti del 1940, la primissima Maino a frenata completamente interna, un anno e pochi mesi prima che la stessa modifica venisse adottata anche nella Superlusso. Rispetto alla prima versione, cambieranno nel tempo diversi dettagli: dalla sella in lamina di cuoio si passerà a delle Aquila imbottite in crine e rivestite in pelle; il manubrio seguirà gli aggiornamenti nella freneria interna e i manopolini varieranno un paio di volte; il carter cambierà forma e guadagnerà l’oliatore a vite per la catena in contemporanea all’introduzione del padellino in un solo pezzo di duralluminio; i mozzi passeranno dai Siamt agli F.B; i pedali a sega verranno sostituiti presto con quelli a blocchetti in feltro per poi essere nuovamente sostituiti da pedali ovali in alluminio. Cambierà, dopo la fine del Secondo Conflitto Mondiale, anche il sistema di fissaggio dei parafanghi, che adotterà il sistema brevettato da Cristina, e verrà inoltre introdotta la versione da 28”. Verso il 1950 il movimento centrale diventerà senza chiavelle ma soprattutto vedrà la luce (e il brevetto esclusivo) una nuova tipologia di frenata che darà un soprannome al modello SuperSport: “la Maino a catenelle”, per il tipico sistema frenante simile ai Cantilever ma comandato da sottili catenelle tiranti, discretamente occultate all’interno del telaio. Altra curiosità, dai listini che abbiamo avuto modo di confrontare, la SuperSport è sempre stata la Maino più costosa da quando è stata introdotta, con un prezzo più elevato rispetto ai due modelli “genitori” (Superlusso e Super Campionissimo) di circa il 30%.
UNA REGINA D’INNOVAZIONE
Quest’ultimo dato può forse parzialmente spiegare come mai di esemplari di questo modello se ne siano stati trovati davvero pochi, in particolare per quelli prodotti prima e durante la guerra. Inoltre, questo esemplare costituisce anche una rara eccezione per completezza e questo perché si tratta di una bicicletta tanto bella e innovativa per l’epoca quanto delicata, soprattutto per la sottigliezza delle lamiere di acciaio o di alluminio utilizzate in particolare per produrre il carter e i parafanghi. Ce ne siamo resi conto in prima persona durante il restauro, risultato complesso nonostante l’esperienza accumulata in questi anni, sebbene partissimo da un’ottima base. Tuttavia, il lungo tempo trascorso assieme alla SuperSport nelle serate invernali ha permesso di osservarla innumerevoli volte, facendo quasi sempre balzare agli occhi un nuovo dettaglio che ne raccontava un pezzo di storia e rendeva lampante le ragioni per cui è oggettivamente la massima espressione nella sua epoca in termini tecnologici e d’innovazione. Osservandola da vicino, smontandola, capendola si arriva comprendere come le due anime della Maino, quella corsaiola rappresentata dal modello Super Campionissimo e quella elegante e sobria del modello Superlusso, si fossero fuse in un’unica bicicletta.
Questa sintesi è rappresentata appieno dalle figure di Costante Girardengo, il primo Campionissimo, e di Giovanni Maino, patron elegante e dai modi paterni: le due anime antitetiche e storiche della casa piemontese che per decenni, in maglia grigia e abito elegante, hanno convissuto, corso, vinto e dato lustro alla città di Alessandria. E che per uno strano scherzo del destino, proprio in quell’anno – il 1940 – sceglievano nuovamente di continuare assieme la produzione di biciclette a marchio… Girardengo!
Scheda tecnica
Marca: Maino
Modello: SuperSport
Anno: 1940
Cambio: Torpedo nel mozzo a due velocità con comando al manubrio
Telaio: in acciaio
Cerchi: Ambrosio in duralluminio da 26″
Gomme: Pirelli Stella balloncino 26×1 1/2×1 5/8
Mozzi: F.B. marchiati Maino
Freneria: interna
Freni: anteriore e posteriore Maino a bacchetta, contropedale Torpedo
Manubrio: Bianchi R-Sport
Sella: in lamina di cuoio con reggisella in duralluminio
Pedivelle: alleggerite sui tre lati
Pedali: Sheffield Maino in duralluminio
Faro e dinamo: gruppo Randsonne sportivo
Manopole: in corno
Manopolini: in legno
Parafanghi: in duralluminio
Campanello: brevetto Freschi
Pompetta: Omas grigio Maino