Se ci addentriamo nelle collezioni di biciclette da corsa degli Anni ’50, sicuramente la fanno da padrone i marchi italiani, industriali o artigianali che siano, e la componentistica Campagnolo, con rare eccezioni.
Interessante è però conoscere anche marchi d’oltralpe e la loro relativa componentistica, che non sempre era di dominio Simplex. Col modello che andiamo a presentare riusciamo ad abbracciare entrambe le casistiche: un marchio con una particolare storia ma non famosissimo, completamente dotato di componenti francesi. Si tratta di una bicicletta Follis modello Tour de France, databile 1954-55, equipaggiata per quanto riguarda il gruppo cambio con il modello Huret Special Louison Bobet. Con questo modello di bicicletta, ma con cambio Simplex e ruote Campagnolo, Jean Forestier vinse la Parigi-Roubaix del 1955 staccando nel finale, di pochi secondi, i compagni di fuga Fausto Coppi e Louison Bobet. Prima di passare al commento tecnico è d’obbligo narrare l’interessante cronistoria di questo marchio.
L’attività di biciclette Follis nacque nel 1903 nella periferia di Torino, fondata da Joseph Follis, un artigiano italiano. Con l’avvento del fascismo, Follis si trasferì in Francia e nel 1922 fondò a Lione la Cycles Follis. Segni distintivi erano la finitura, la qualità e l’affidabilità eccezionali, che fecero guadagnare all’azienda una buona reputazione e la pubblicità del passaparola. Nel 1933 le redini passano da Joseph Follis al figlio François, che nel 1938 aprì il suo primo negozio in rue du Dauphiné a Lione, per la vendita e la distribuzione di biciclette prodotte nell’officina sita in rue Danton. In questo periodo un considerevole numero di corridori utilizzava biciclette “ribattezzate”costruite da Follis, una prassi che riguardò per decenni i professionisti europei, che preferivano macchine realizzate dal loro costruttore di fiducia, somiglianti al prodotto ufficiale. Nel 1946 la Follis impiegava 50 persone e si stava espandendo rapidamente. In quel momento si avventurò nella produzione di motociclette, su una delle quali Joseph Follis perì nel 1947.
Il marchio iniziò a ottenere riconoscimenti internazionali con conseguenti contratti per l’esportazione in India e negli Stati Uniti. Nel 1948 la rivista “The Touring Bicycle” conteneva un resoconto del Cycle Show in cui si citava “Il grande successo al salone del costruttore François Follis di Lione…”. Allo stesso modo, la nota rivista inglese “The Bicycle” conteneva un articolo ricco di lodi e illustrazioni con fotografie dello stand Follis.
Nel 1950, visto il successo aziendale, François Follis acquistò un terreno a Craponne per costruirvi uno stabilimento per la sua nuova ambizione: passare dalla produzione artigianale di motociclette a quella su scala industriale. Nel 1951, periodo di massimo splendore, l’azienda, con 200 dipendenti, produceva 600 moto e 1000 motocicli di varie cilindrate al mese, distribuite da 200 filiali e 2000 punti vendita. Le biciclette erano costruite in città, mentre lo stabilimento di Craponne, a pieno regime, produceva solo veicoli a motore quali ciclomotori e motociclette. Nel 1955, l’azienda consolidò la sua reputazione grazie alla vittoria nella 53a Parigi – Roubaix del proprio corridore Jean Forestier. Nella stesso anno una motocicletta Follis da 175 cc, con la vittoria nel grande raduno Lyon – Charbonnières, completò l’elenco dei successi aziendali.
Con la guerra in Algeria il mercato si esaurì, la produzione di motociclette venne definitivamente interrotta nel 1959 e lo stabilimento venne venduto a Teppaz, produttore di giradischi. L’avvento delle auto a basso costo e dei motorini diminuì anche la produzione di biciclette, portando Follis a spostarsi su una produzione di fascia bassa, fino al boom delle biciclette negli Stati Uniti degli Anni ’70, che riaprì nuove opportunità, limitate successivamente dall’aumento della produzione del Sud-Est asiatico. Nel 1973, la figlia di François Follis, Myriam, e suo marito Jean-Claude Chollet, resisi conto che c’era un futuro nella piccola produzione di biciclette e tandem realizzati secondo alti standard di qualità e affidabilità, tornarono ai princìpi originali dell’azienda. Buona parte di questa nuova produzione fu rivolta al mercato statunitense. La società chiuse definitivamente l’attività nel primo decennio del Duemila. Follis ha sponsorizzato proprie squadre ciclistiche dal 1946 al 1950, dal 1953 al 1956, nel 1960 e 1963. Nella quasi totalità i corridori ingaggiati sono stati francesi, ma anche alcuni italiani ne fecero parte: nel 1949, per le gare francesi, Giancarlo Astrua e Alfredo Pasotti in forza alla Benotto – Superga; Adriano Salviatto nel ’54, ’55 e ’56; Anzio Mariotti nel ’47 e nel ’49 e ’50, che però correva come indipendente.
LA BICICLETTA
La bicicletta presenta tubazioni in acciaio speciale. Sulla parte superiore della scatola del movimento centrale appare stampigliata, all’interno di un ovale, la sigla PGF, probabile sigla delle tubazioni. I forcellini di buona fattura sono marcati Simplex. Il telaio, di misura 53 x 58 cm stimati centro/centro, è assemblato con convenzionali congiunzioni saldobrasate a esclusione del ponticello del freno posteriore che è saldobrasato a “basin”. La livrea è color verde oliva con le congiunzioni e la testa forcella color bordeaux. Caratteristiche sono le congiunzioni del tubo sterzo, fresate al loro interno con la scritta “Follis Lyon”, che fanno anche da cornice al patacchino Follis in alluminio. La testa forcella è piatta nella classica forma a “S” del periodo. A inizio tubo obliquo è presente una piccola decal parzialmente scomparsa (forse “Clavagnat”), mentre al centro troviamo la decalcomania “Tour de France”, che dovrebbe essere il nome del modello. Su quello verticale, collocata tra due fasce tricolori francesi, una decal con stella rossa e scritta “Garanti”. Completano il telaio gli attacchi fermapompa saldobrasati sul tubo obliquo e gli attacchi fermaguaina freno sotto al tubo orizzontale, anch’essi saldobrasati.
Passiamo ora al dettaglio dei componenti, lasciando per ultimo il cambio di velocità che merita una descrizione a parte. Troviamo un gruppo freni Mafac Dural Forge con pinze tipo cantilever e le leve ricoperte dai classici mezzi-ammortizzatori tipo i primi Universal 50. Il manubrio presenta un attacco in alluminio con piega in acciaio, entrambi sono senza marchio. Le ruote sono assemblate con mozzi a 36 fori della Atom in alluminio, con sbloccaggio rapido. La sella è una Imperial T18 in cuoio con canotto reggisella in alluminio di 25,2 mm di diametro. Il gruppo trasmissione presenta pedali Lyotard con puntapiedi Afa, interessanti pedivelle marcate Super 170 Maxi, con guarnitura a doppia corona Simplex in alluminio, la ruota libera è a cinque velocità. Il deragliatore centrale è l’Huret Suicide modello del 1952.
UN CAMBIO UNICO
Il cambio posteriore, come detto, merita una descrizione a parte. Si tratta dell’Huret modello Special Louison Bobet, utilizzato dal campione francese nei vittoriosi Tour del 1953, 1954 e 1955. Viene proposto nel 1953 ed è un’evoluzione del precedente modello Huret Competition del ’50. La problematica dell’utilizzo dei cambi francesi a staffa di quel periodo (Simplex Tour de France, Huret Competition, French Cyclo Sport) era che spesso si aveva la catena allentata o troppo tesa, causa questo di rotture o salti di catena. L’Huret Special Louison Bobet risolveva questo problema grazie a uno speciale gioco del bilanciere portarotelle e con l’adozione di un doppio comando a doppio filo: con la levetta esterna si allenta la catena, con la levetta interna più grande si cambia rapporto, quindi con la levetta esterna si ritensiona la catena a proprio piacimento. Stessa operazione per passare da una corona anteriore all’altra, ma in questo caso dopo aver agito con la levetta esterna si muove la catena da una corona all’altra tramite lo spostamento della forchetta del deragliatore anteriore. Tale operazione va effettuata non in senso laterale, come sul Simplex, ma in senso verticale, spingendo o tirando in su la leva, quindi con la levetta esterna si ritensiona.
Questo è sicuramente un sistema di cambiata migliore rispetto ai precedenti, ma non paragonabile al Campagnolo Gran Sport entrato sul mercato, nelle sue prime versioni, un paio d’anni prima di questo Huret, e che dal 1953 vedrà la sua versione definitiva. Forse questo sistema, però, potendo gestire manualmente la tensione della catena, consentiva, utilizzandone una di lunghezza adeguata, di utilizzare una ruota libera con un range di denti maggiore tra il pignone più piccolo e quello più grande e quindi di potere, all’occorrenza, montare quest’ultimo con un numero di denti (26-27) più elevato per la salita. Questo modello, insieme ad altre biciclette, si può ammirare presso il Museo Il Velocipede di Berzo Inferiore (BS), il cui percorso espositivo va a rappresentare lo sviluppo cronologico non solo della bicicletta ma anche dei vari cambi.
Scheda tecnica
Marca: Follis
Modello: Tour de France
Anno: 1954
Telaio: in acciaio marchiato PGF
Cambio: Huret Special Luison Bobet con deragliatore Suicide
Guarnitura: Simplex a doppia corona
Freni: Mafac Dural Force
Mozzi: Atom a 36 fori
Sella: Imperial T18
Pedivelle: Super 170 Maxi