Nel mondo del collezionismo capita spesso di trovare appassionati che si concentrano su uno specifico genere o su un periodo storico.
Non tutti modelli, infatti, sono interessanti per tutti, così che può capitare di trovarsi di fronte a collezioni che abbracciano un campo molto ristretto e che mostrano le diverse sfaccettature di un modello di bicicletta molto preciso, inquadrato nel proprio periodo storico. In questa casistica ricade senz’altro la collezione di Alberto Castelli, piemontese, che fin dall’inizio si è occupato di collezionare un genere molto apprezzato da chi segue il mondo delle biciclette da passeggio: le cosiddette “ballonette” (o anche “balloncine”). Alberto, oltre a essere un serio collezionista e restauratore, si occupa anche di catalogare e gestire, insieme ad altri autori, il contenuto di alcuni marchi sul Registro Storico Cicli: Frejus, Quattrocchio, Benotto e Beltramo. e altri che vedete in questo articolo. È a lui che ci siamo rivolti per dare uno sguardo al mondo delle ballonette, facendoci spiegare di che cosa si tratta e attingendo dalla sua raccolta per prendere in considerazione alcuni degli esempi più iconici.
Amore a prima vista
«La mia passione per le ballonette nasce nell’estate del 2014», esordisce Alberto. «Tutto è cominciato a Varigotti in Liguria, dopo aver visitato il magazzino di un amico rigattiere. È lì che ho trovato la mia prima bici, quella che diede il la alla mia collezione di biciclette d’epoca piemontesi. Si trattava di una Frejus Sportiva Ballonetto del 1946 – la trovate in questo articolo – tutt’ora un punto saldo e un riferimento per la mia raccolta. Dal quel momento iniziai a studiare il “fenomeno” ballonette, che peraltro non conoscevo».
Le ballonette – le chiamiamo così, ma la terminologia non è univoca – sono una tipologia di biciclette abbastanza diffusa in tutta Italia, dato che pressoché tutte le aziende avevano in catalogo modelli di questo tipo. Nello specifico, fu in Piemonte che la produzione fu più massiccia, in particolare nelle provincie di Alessandria, Asti e Torino. A oggi non è chiaro quale sia stata la prima azienda a produrre ballonette. I sospetti cadono su Maino, nel 1930, ma non è certo. Sia come sia, di lì in avanti l’espansione di questa tipologia di biciclette fu inarrestabile per almeno due decenni – gli Anni ’30 e ’40 – per poi scemare lentamente fino alla prima metà degli Anni ’50, quando il boom economico e l’avvento di auto e motorini restrinsero il mercato delle biciclette.
Il modello era così commercialmente allettante che le stesse aziende produttrici iniziarono a brevettarne la denominazione come se si trattasse di un brand: l’Amerio di Felizzano brevettò il marchio “balloncina”, la Prina di Asti registrò il nome “balloncetta”. A prescindere dalla denominazione, comunque, le ballonette avevano in comune delle caratteristiche specifiche che le contraddistinguevano: telaio da 28” per quelle da uomo e ruote da 26” che montavano pneumatici di dimensioni variabili. Si partì con la classica misura ballon da 26 x 1 1⁄2 x 1 3⁄4, diffusa esclusivamente negli Anni ’30, poi caduta in disuso insieme a quella da 26 x 1 3⁄4 più piccola di diametro, tipica dei mezzi da trasporto. Negli Anni ’40 si passò al semi-ballon da 26 x 1 1⁄2 x 1 5/8 o al più grosso da 26 x 1 1⁄2 x 2. Una misura – quella chiamata semi-ballon – che è tutt’ora in produzione. I parafanghi erano sempre larghi, per accogliere gli ampi copertoni, di frequente corazzati, aerodinamici con alette para spruzzi. I sistemi frenanti potevano variare tra quelli rigidi esterni o i più rari interni. In alcuni casi, su quelle più sportive, erano a filo, come per le ballonette sportive di gusto francese. D’altronde la produzione ciclistica (e non solo) piemontese è spesso stata permeata dalle influenze dei vicini d’oltralpe. Anche la versione più leggera, quella con un unico freno posteriore a contropedale era parecchio diffusa, soprattutto sui modelli maschili. Ovviamente, le medesime caratteristiche si potevano trovare anche sui modelli femminili.
Mezzi quotidiani
Vorremmo sfatare il fatto che le ballonette siano nate come mezzi da lavoro. All’epoca, infatti, era già presente un’ampia gamma di veicoli a pedale di questo tipo. La funzione principale delle ballonette, invece, era quella di rendere più agevole la percorrenza delle strade non asfaltate, che all’epoca rappresentavano il maggior sistema viario del Piemonte e d’Italia, soprattutto nelle aree rurali. Il fattore chiave del successo fu la bassa pressione nelle camere d’aria, che ammortizzava l’andatura sulle strade sconnesse. A dimostrazione di questa tesi va ascritto il fatto che nei centri urbani più sviluppati, come per esempio Torino, le ballon erano molto meno diffuse: grazie alle asfaltature, i ciclisti per spostarsi optavano per le più leggere e veloci biciclette sportive.
Elencare i numerosi modelli prodotti dalle aziende velocipedistiche piemontesi è impresa ardua. Ci limiteremo a citare alcuni esempi come le classiche Maino mod. E ballonetto, o il mod. Superlusso con l’elegante freneria interna; la già citata Amerio Balloncina; la Prina Balloncetta; la Gerbi tipo Torpedo; la Frejus modello E Imp. con contropedale e freno anteriore interno azionabile con entrambe le leve; l’azienda alessandrina Quattrocchio, che fece della ballonetto la tipologia principale della propria produzione.
Infine, occorre non dimenticare le innumerevoli piccole e piccolissime aziende presenti sul territorio, spesso poco più che laboratori di riparazione con qualche capacità produttiva o di assemblaggio, che hanno dato vita a marchi dalla diffusione locale, la maggior parte dei quali caduti nell’oblio. Tutti, comunque, contemplarono la tipologia ballonetto, contribuendo quindi alla diffusione e alla sviluppo di questa tipologia di bici.
GLI ANNI ’30
Vediamo ora qualche esempio significativo di ballonetta tratto dalla collezione di Alberto Castelli. Partiamo da quella che sembra essere la più “antica” tra le biciclette prescelte, una ballonetta marchiata Margrita collocabile nella seconda metà degli Anni ’30. «Tipica ballonetto di fattura piemontese di produzione artigianale, questa bicicletta ha un’origine geografica attualmente ignota e molto difficile da individuare», spiega Alberto. «Dai racconti del precedente proprietario, che l’acquistò circa trent’anni fa a Trofarello, nell’hinterland torinese, si può pensare che questa bici sia stata realizzata da un assemblatore di quel paese. “Margrita” potrebbe essere il cognome dell’artigiano oppure un nome di fantasia».
Il telaio è di massiccia fattura, con diapason nel carro basso, sistema frenante rigido esterno con freno basso posteriore. Manubrio R con manopole e manopolini in corno a due pezzi, parafanghi larghi, carter con padellino e coste in alluminio. Ruote da 26 x1 1⁄2 con mozzi di grosso diametro marchiati Perry Birmingham, Made in England, cerchi con tracce di filettature rosse e infine pedali a centro intero a sei gommini Sheffield.
La seconda bici è una Prina. Antonio Prina, di Asti, creò e brevettò vari marchi – Balloncetta, Savoiarda, Orix, Nizzarda, APA (Antonio Prina Asti), MACPA – e si ritagliò uno spazio di tutto rispetto nella produzione velocipedistica nazionale, perfettamente a metà strada tra la raffinata ricercatezza artigianale e la serialità industriale, spesso le sue bici erano progettate su misura del cliente. «Questa Prina Balloncetta Extra-lusso Sport del 1938 è abbastanza insolita grazie al sistema frenante rigido esterno e alle ruote da 26 1⁄2 ballon dotate di copertoni Pirelli Superflex, parafanghi lunghi, pedali a centro intero marchiati Prina, cambio francese Cyclo dell’epoca a doppio cavo, telaio molto raffinato nelle finiture», dice Alberto.
La decalcomania sul tubo di sterzo recita “Balloncetta Extra-lusso” mentre quella sul parafango posteriore “unico creatore Balloncetta”. Un modo per a distinguersi dalla “Balloncina” di Amerio. Atipico è il copricatena sportivo in alluminio di marca Hassia con decalcomania originale Prina. Da notare anche il doppio serraglio del manubrio alla forcella, con morsetto tipo Bianchi, più un classico expander arricchito da fregio smaltato. Sella in pelle imbottita di crine marca Impero, coprichiavelle in ferro, pedivelle Prina, mozzi marchiati Prina con oliatori a fascetta e manopole in corno fanno parte della dotazione originale. Completano il tutto un bronzino, anch’esso Prina, il faro Reimann e la dinamo Italfaro, componenti di classe per questa elegante bicicletta che pare essere stata poco usata.
A chiudere il quadro delle bici Anni ’30 è proprio una Amerio. Fondata dal Cav. Provino nel 1907 in quel di Felizzano, piccolo comune di 2000 abitanti in provincia di Alessandra, la Amerio fu senz’altro una delle aziende piemontesi che più credette nella produzione di ballonette, al punto – come già detto – di registrare il nome “Balloncina” per identificare le proprie biciclette. Tra i vari modelli della collezione Castelli uno dei più significativi è questa Balloncina per signora del 1939.
Spiega Alberto: «Questo modello di Amerio del ’39 è caratterizzato dalla presenza di una coppia di cerchi in legno Baruzzo da 26 x1 3⁄4 splendidamente conservati, telaio con tubi di grosso diametro, i due obliqui paralleli, verniciatura grigio perla con sterzo blu cobalto, sistema frenante rigido esterno anteriormente e semi interno posteriormente. Mozzi, pedivelle e pedali sono marchiati Amerio. I parafanghi sono ampi e corazzati, con l’anteriore aereodinamico e il posteriore bianco, così verniciato direttamente dalla Amerio come si può vedere dalla decal applicata sopra».
GLI ANNI ’40
Fondata a Lobbi, una frazione di Alessandria, da Carlo Quattrocchio, l’azienda che porta il suo nome avrà una storia avventurosa e unica, che la porterà a produrre biciclette nella lontana Argentina (la potete leggere su BE38 dove presentiamo una Extra Lusso del 1940). All’inizio degli Anni ’40, però, la Quattrocchio è ancora in Piemonte ed è qui che produce biciclette di alto livello come questa Lusso Ballonetto del 1941 con cui proseguiamo la nostra carrellata.
«Il telaio, di colore grigio-azzurro, è dotato di congiunzioni invisibili, una delle lavorazioni più lussuose dell’epoca che erano tipiche di parte ella produzione Quattrocchio», racconta Alberto. Completano il quadro il parafango anteriore aerodinamico, mozzi e pedivelle marchiati Quattrocchio, il sistema frenante rigido esterno e la data “41” punzonata sul sistema frenante a certificarne l’anno di produzione.
Infine, la bicicletta più recente di questa breve raccolta esemplificativa: una Frejus del ’46. A differenza dei dei produttori illustrati in precedenza, Frejus era un grande marchio che vantava una produzione massiccia e varia, avendo a catalogo non solo modelli da passeggio ma anche biciclette di ogni tipo – compresi modelli da corsa, come la la Modello A del ’34 che abbiamo trattato nello scorso numero – fabbricate nella storica sede dell’azienda, a Torino in piazza Statuto. Questa Ballonetto Contropedale Sport del 1946, quindi, va a inquadrarsi in quel contesto, distinguendosi dalle altre biciclette sin qui presentate e dando anche la misura di quanto fosse incisiva la produzione delle ballonette piemontesi, in questo caso industriale.
«Come ho già detto, questa Frejus è stata il primo modello della mia collezione», ci ricorda Alberto, «e quindi le sono particolarmente affezionato. Si tratta di un particolare modello sportivo dotato di freni a filo e contropedale Victoria (punzonato ’46), con colorazione oro, parafanghi in alluminio, cerchi in alluminio Ambrosio, manubrio Ambrosio in alluminio con leve freno fascettate e manopole in bachelite, pedali, sella e bronzino marchiati Frejus, gruppo luce Dansi Devil».
Il mondo delle ballonette è però molto più vasto di quanto abbiamo potuto trattare in questo articolo, che speriamo possa avere stimolato la vostra curiosità. La stessa collezione di Alberto Castelli vanta decine di esemplari, compresi pezzi unici e rari che raccontano una parte molto specifica, ma tecnicamente molto interessante e ricca di spunti, della produzione ciclistica piemontese di questo tipo di bicicletta che ha segnato un’epoca.
Leggere le misure
- 26 x 1 3/4 furgoncino: utilizzata soprattutto negli anni 30 nelle bici, dall’Amerio anche negli anni 50, misura tipica dei mezzi da trasporto ma con raggi grossi (non da 18 mm come per le bici) il diametro del cerchio è 58,3 cm
- 26 x 1 1/2 x 1 3/4: tipica misura ballon dismessa alla fine degli anni 30, rarissimi perché la produzione è cessata da troppi decenni, misura cerchio 59,5 cm
- 26 x 1 1/2 x 1 5/8: semi-ballon misura che è tutt’ora in produzione, di ampia diffusione dagli anni 40. Misura cerchio 59,5 cm
- 26 x 1 1/2 x 2: misura più moderna che ha sostituito l’originale ballon, produzione attuale molto limitata ad alcuni produttori asiatici. Misura cerchio 59,5 cm
MAGRITA
Marca: Margrita
Modello: non definito
Anno: seconda metà Anni ’30
Telaio: in acciaio
Cerchi: 26×1 1/2
Gomme: balloncino Camel 26 x 1 1/2 x 2
Mozzi: di grosso diametro marchiati Perry Birmingham
Freni: a bacchetta con freno posteriore basso
Manubrio: Tipo R
Sella: in lamina di cuoio con reggisella in duralluminio
Pedivelle: alleggerite sui tre lati
Pedali: Sheffield a centro intero sei gommini.
Faro: Bam
Dinamo: Dansi
Prina
Modello: Balloncetta Extra-lusso Sport
Anno: 1938
Numero di serie: 16567
Telaio: in acciaio
Cerchi: 26 1/2 Ballon
Gomme: Pirelli Superflex
Cambio: francese, Cyclo a doppio cavo
Freni: a bacchetta esterni
Copricatena: Hassia in alluminio
Sella: Impero in pelle imbottitura in crine
Faro: Reimann
Dinamo: Ital Faro
Pedali: a centro intero marchiati Prina
Amerio
Modello: Balloncina per signora
Anno: 1939
Numero di serie: 43606
Telaio: in acciaio con tubi ingrossati e doppio obliquo parallelo
Cerchi: Baruzzo in legno da 26 x 1 3/4
Gomme: Michelin furgoncino 26 x 1 3/4
Mozzi, pedivelle, pedali: marchiati Amerio
Freni: a bacchetta con freno posteriore semi interno
Parafanghi: corazzati con anteriore aerodinamico
Sella: Lario Marchiata Amerio
Gruppo luce: Randsonne
Quattrocchio
Modello: Lusso Ballonetto
Anno: 1941
Numero di serie: 19980
Telaio: in acciaio con congiunzioni invisbili
Gomme: Pirelli Selo Branco da 26 x1 1/2
Pedivelle e mozzi: marchiati Quattrocchio
Freni: a bacchetta interni
Parafanghi: anteriore areodinamico
Sella: in pelle foderata in crine,
a “muso di cane”
Faro: Bam
Frejus
Modello: Ballonetto Contropedale Sport
Anno: 1946
Numero di serie: 6855
Telaio: in acciaio
Cerchi: Ambrosio in alluminio
Gomme: Superga Sport bicolore 1/2 ballon
Pedali, sella e bronzino: marchiati Frejus
Freni: a filo anteriore e posteriore, più posteriore contropedale Victoria
Parafanghi: in alluminio
Gruppo luce: Dansi Devil