Di ciclisti belli e rubacuori ce ne sono stati tanti. Si racconta che già Raffaele Di Paco, prima di sposare una ricca ereditiera parigina, facesse strage di fanciulle.
Anche il grande Gepin Olmo vantava un successo strepitoso con le donne, tanto da non passare inosservato alla stampa dell’epoca, per non parlare poi del Cit Defilippis, che per via di cronaca rosa dava il meglio di sé alle varie sei giorni. Potremmo continuare all’infinito in questo nostro excursus, a cominciare da sua maestà Anquetil, passando per Romeo Venturelli, per arrivare poi a Marino Basso, senza certo trascurare quel matto di Johan Van Der Velde. Tutti famosi per la loro bravura in corsa ma anche per arte e nomea di sciupafemmine.
E sopra il palco delle premiazioni come la mettiamo? Anche in questo campo il grande Fausto Coppi ha fatto scuola. Agosto 1953: a Lugano Coppi trionfa nel campionato del mondo staccando tutti sull’ultima salita della Crespera. All’arrivo, una volta sopra il palco, da un angolo, sbuca una signora con un vestito bianco, leggero e vaporoso, e un gran mazzo di fiori in mano. Quella signora, presa dall’entusiasmo sportivo, aveva abbracciato il campione, sporco e sudaticcio, e aveva stampato un paio di baci sulla bocca di Fausto. Fu l’inizio della storia con Giulia Occhini, che tutti noi conosciamo. La storia con quella che poi diverrà la “Dama Bianca” andava avanti segretamente già da un po’ di tempo ma ci piace pensare che questo sia il primo caso di “miss galeotta”.
LA PRIMA MISS
La prima miss ufficiale al Giro d’Italia comparve invece alla premiazione della quinta tappa del Giro del ’54. L’avvenente ragazza era una schermitrice della squadra Partenope che, partecipando a un concorso di bellezza, fu eletta “Rosa del Giro” ed ebbe l’onore di incoronare il vincitore di tappa, che quel giorno fu Rik Vaanstembergen. La ragazza rispondeva al nome di Silva Koscina. L’anno successivo Miss Corsa iniziava il suo cammino verso la celebrità esordendo a fianco del grande Totò nel film “Siamo uomini o caporali”.
Le miss si sa, sono donne splendide e al Giro d’Italia del 1983 Marco Groppo rimase folgorato da tanto splendore. L’anno precedente il corridore varesino aveva conquistato la maglia bianca di miglior giovane, battendo a San Martino di Castrozza gente del calibro di Hinault, Moser e pure il suo capitano Van Impe e – tanto per capirci – è giusto sapere che in classifica per la maglia bianca, al secondo posto, quell’anno arrivò un certo Laurent Fignon. Come accennato pocanzi, il Groppo rimase talmente folgorato dalla bellezza di una delle miss che abbandonò quel Giro e fuggì con lei. Del resto la signorina era “Miss Irge pigiama” e – lo diceva pure la réclame – “lo mette chi si ama”.
Venne la volta pure del bel tenebroso, al secolo Gianni Bugno, che si trovò protagonista al Giro del ’94 di attenzioni “rosa”, e non proprio riferendosi alla maglia. Si diceva che alla tappa di Fiuggi avesse fatto salire in ammiraglia la bella Angela Maria, lasciando a piedi un compagno di squadra. Sui giornali dell’indomani scrissero che ci passò pure la notte con questa ragazza, che al Giro aveva il compito di coordinare la presenza degli sponsor. Lei, una laurea in lingue, un titolo di Lady Italia e un passato da fotomodella, bellissima, scaltra, intelligente con un sorriso da paura. E non solo il sorriso. Il giorno dopo chiesero a Moser cosa ne pensasse delle voci che dilagavano attorno alla carovana, e Francesco rispose: «Ma quale miss galeotta? Non ci credo neanche se lo vedo». Gianluigi Stanga, che tra l’altro era il direttore sportivo e conducente della famosa ammiraglia, disse: «No, Bugno non ha passato la notte con la ragazza, solo un paio d’ore, e chedendoci il permesso». Bugno stesso, in un intervista in diretta con Raimondo Vianello, disse: «non sanno più cosa inventarsi, io penso solo a correre». Fatto sta che i due piccioncini poi si fidanzarono e vissero pure felici. Il bel tenebroso dopo di allora si laureò Campione Italiano, vinse una Agostoni, alcune tappe della Vuelta, un giro del Trentino, altre tappe al Giro d’Italia nonostante – diciamocelo – fosse pure a fine carriera.
Che belle, però, queste storielle di fughe d’amore e miss galeotte, sicuramente hanno reso più colorato uno sport anacronistico e bacchettone come può sembrare il ciclismo, anche se, pensando a questo, viene in mente un titolo del Corriere uscito il 30 maggio del 1994: «La Dama Bianca era un’altra cosa».