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Lo zio d’America

La storia di Franco Giorgetti, pistard d'eccezione

RedazionediRedazione
in Bicicultura
Tempo di lettura: 3 minuti
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C‘è un centro sportivo, a Bovisio Masciago, in provincia di Monza e Brianza, dedicato a Francesco Carlo Rodolfo Giorgetti, per tutti Franco, eroe cittadino e dei due mondi, visto che da questo piccolo paese partì per cercare fortuna in America contando solo su una cosa: la forza delle proprie gambe.

Nato a Varese nel 1902 ma trasferitosi nel paese brianzolo all’età di sei anni, infatti, Giorgetti è stato un pistard d’eccezione, capace di vincere nel 1920 – non ancora diciottenne – l’Oro Olimpico ad Anversa nell’inseguimento a squadre. Erano anni ruggenti, per il ciclismo su pista, e i velodromi si riempivano come oggi si riempiono gli stadi del calcio, con migliaia di persone pronte a pagare caro per vedere i più grandi campioni e scommettere sui risultati delle gare. Ma erano anche anni duri, durissimi, con l’Italia che – seppur da vincitrice – cercava di tirarsi fuori dalla miseria in cui l’aveva gettata l’impegno della Prima Guerra Mondiale. Ecco quindi che, in quegli anni, molti nostri concittadini decisero di attraversare l’Atlantico in cerca di fortuna. Giorgetti lo fece in nave, come tutti, con una forza tale che avrebbe potuto farlo in bicicletta. E di certo la fortuna la trovò, guadagnandosela vittoria dopo vittoria.

Passato professionista nel 1921, Giorgetti vince subito su strada, aggiudicandosi il Giro del Lago di Ginevra e arrivando terzo al Giro di Romagna. Ma è in pista che si distingue, vincendo il titolo italiano velocità nel ’21 e nel ’22. Queste sue credenziali lo portano a gareggiare negli Stati Uniti, dove si reca per la prima volta nel 1922. La sua prima sei giorni al Madison Square Garden lo vede classificarsi al quarto posto. Ma la forza del giovane Franco è smisurata e i successi arrivano ben presto. Nel 1926 vince la sua prima sei giorni. In totale, a fine carriera, saranno ben quattordici. Giorgetti continua a fare la spola tra l’Europa e gli USA ma è nel nuovo mondo che diventa un vero mammasantissima. New York, Los Angeles, Coney Island, Atlantic City: tantissimi sono i velodromi che lo vedono impegnato e vincitore. La folla lo acclama, gli avversari lo temono. Leggenda vuole che nel 1928 mr. Chapman, gestore del Madison Square Garden, non lo volle più in cartellone per evitare che le manifestazioni perdessero d’interesse, al punto da arrivare a pagarlo per non correre come Alfredo Binda al Giro del 1930.

RE DEGLI STAYER

Furono più di 300 le gare vinte tra gli stayer – ovvero dietro motore – in dodici anni di attività, per la gioia dei nostri connazionali italiani che fecero di lui un vero eroe tra i migranti, che vedevano nel suo successo la possibilità di trovarne uno anche loro. Fu cinque volte campione d’America della specialità (1927, 1928, 1929, 1930 e 1934), due volte italiano (1934 e 1941, alla veneranda età di 39 anni) ma mai riuscì a imporsi in un Campionato del Mondo, dove arrivò secondo nel ’34 dietro a Charles Lacquehay che vinse – si dice – in maniera non troppo pulita grazie a qualche azione sottobanco.

Corse anche al Giro, nel ’22, in squadra con la Legnano di Brunero. In una tappa di 330 km da Milano a Padova passando per Pian delle Fugazze (26 km di salita) dovette dare la ruota al suo caposquadra, rischiando la squalifica. «Le strade erano per lo più non asfaltate», raccontò in seguito. «Si potevano osservare ancora le piazzole delle mitragliatrici e dei cannoni della guerra del 15/18. Un vero massacro». Altri tempi, altre fatiche, che Giorgetti fugò grazie all’esplosione del suo grande talento oltreoceano. Ancora oggi viene ricordato come un simbolo di chi ce l’ha fatta in un momento difficile, non solo al suo paese d’origine ma anche nel museo Ciclocollection di Riva del Garda, da dove arrivano i memorabilia che vedete in queste pagine.

 

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