La storia della bicicletta italiana è fatta di mani che lavorano e che ancora oggi dicono più di mille parole. Sono le mani di Giuseppe Drali, di Ernesto Colnago, di Aldo Gios. Sono anche le mani di uno dei veterani tra i telaisti: Carlo Carlà, da Monteroni di Lecce, fiero rappresentante della produzione tealistica del Sud Italia e ancora oggi in attività. Classe 1930, Carlà continua a lavorare quotidianamente nel proprio laboratorio in via San Filio, nello stesso paese dov’è nato, mettendo a disposizione la sua esperienza professionale e storica ai tanti amanti della bicicletta di qualità salentina.
«Ho imparato da mio padre a riparare le camere d’arie che avevo sei anni», dice. «Durante la guerra non c’era mastice e allora di utilizzava un sistema meccanico chiamato riprap, che chiudeva il foro con una vite». Gialma Carlà era un maestro severo ma è stato grazie ai suoi insegnamenti che Carlo ha imparato a costruire telai. «Ho fatto il primo a 16 anni, tutto da solo. Mio padre mi vedeva lavorarci mettendosi le mani nei capelli ma senza dire una parola, perché voleva imparassi dai miei errori. Infatti si ruppe dopo solo due settimane. Poi, con l’esperienza, ho affinato la mia tecnica e a 18 anni costruivo già buoni telai».
DAL BOOM ALL’ARTIGIANALE
Negli Anni ’50 l’azienda Carlà lavora come terzista per la più famosa Forcignanò di Lecce, arrivando a produrre anche 2.000 telai all’anno e assumendo due operai a tempo pieno, con Gialma che si occupa della supervisione. Poi, con la crisi della bicicletta all’inizio degli Anni ’60, l’attività viene ridimensionata per poi trovare nuova linfa negli Anni ’70 grazie anche alla spinta data dalla costruzione del Velodromo degli Ulivi, che nel 1976 avrebbe visto trionfare Francesco Moser nell’inseguimento individuale ai Campionati del Mondo su pista.
Sono anni diversi, in cui Carlo Carlà passa dalla produzione di massa alla ricerca della qualità e del miglioramento tecnologico. Collabora con Tullio Campagnolo e Mario Valentino, realizza il primo telaio con posizione aerodinamica e aiuta Ottavio Dazzan a conquistare il titolo di campione del mondo Dilettanti, tra i tanti atleti che segue. Poliedrico e amante della meccanica, Carlo si dedica anche alla costruzione di telai sperimentali per auto (in collaborazione con l’Università del Salento) e persino di orologi.
«Le biciclette artigianali hanno un’anima», dice Carlà con il suo modo affascinante di raccontare. «Un’anima che le biciclette di serie non hanno, perché la devono dividere in diecimila esemplari tutti uguali. Quelle artigianali, invece, sono pezzi unici che includono una parte dell’anima di chi la commissiona e una parte di chi la realizza. La bici è una specie di prolungamento del corpo di una persona, che accoglie i suoi stati d’animo e le sue sensazioni che passano attraverso i pedali, il manubrio e persino… la sella», conclude ridendo.
Operoso ancora oggi e testimone di un secolo di ciclismo in Puglia e nel mondo, Carlo Carlà è un patrimonio vivente di un’epoca che ancora oggi vive nelle sue realizzazioni e nella grande passione di chi ama il ciclismo vintage con i suoi eroi e le sue biciclette. Se passate da Monteroni di Lecce, andate a trovarlo.
Si ringrazia: Associazione MTB Monteroni FB: MTB Monteroni