Sappiamo che le ricerche storiche relative alla prima bicicletta hanno dimostrato che lo schizzo sul retro di una pagina del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci non era originale e che il francese Mède de Sivrac e il suo Celerifero, narrato da Louis Baudry de Saubier nella sua opera “Histoire générale de la vélocipédie”, era pura invenzione.
Pertanto la storia fa risalire il primo prototipo di velocipede al 1817, brevettato dal Barone tedesco Karl Friedrich Christian Ludwing Drais nel 1818. Tale mezzo, presentato per la prima volta a Parigi, prese il nome di “draisienne” (da Drais) e in seguito fu denominato a Londra “hobby horse”. Bisognerà aspettare il 1861 per vedere il velocipede munito di pedali, grazie all’invenzione della pedivella (anche qui vi rimandiamo a pagina 57). In questo lasso di tempo, vari artigiani e costruttori propongono migliorie e modifiche al progetto di Von Drais, ma tutte mantengono il movimento del velocipede mediante la spinta alternata dei piedi a terra.
La replica di draisina che vedete in queste pagine nasce come sfida personale alla possibilità di una sua realizzazione pratica, sfida anche invogliata dall’assenza di tale mezzo nel neonato museo “Il Velocipede” di Berzo, aperto dall’Associazione PedaleVintage a fine 2019 e di cui chi scrive è il curatore. Il progetto inizia, in particolare, con delle fotografie scattate a una draisina presente alla mostra Rossignoli “Le bici ritrovate” di qualche anno fa e da un disegno, ritenuto idoneo allo scopo, trovato cercando su diverse pubblicazioni. Utilizzando tale disegno e ritenuta idonea la misura di 60 cm di diametro per le ruote, si è provveduto a calcolare proporzionalmente tutte le altre quote.
LA STRUTTURA
Per la costruzione della struttura portante si sono utilizzate più conoscenze meccaniche che non di falegnameria, competenza che invece è stata impegnativamente spesa per le ruote.
Relativamente alla struttura, si è partiti da una trave portante di idonea misura, da cui si è ricavata una forma a “S”, e da una trave più piccola da cui si è ricavata la testa del triangolo sterzante del carro anteriore [1]. Si sono quindi unite le due travi tramite un perno con testa filettata, posto anteriormente alla mezzeria di ruota, interponendo tra le due una piastra in acciaio alta 5 mm per favorire lo scorrimento di rotazione della sterzata e lasciando un minimo di gioco al momento della chiusura tramite il dado sulla testa del perno. Si è quindi proseguito al taglio e al montaggio dei listoni che hanno creato il carro anteriore e posteriore, accostando le estremità inferiori con delle piastrine in acciaio poste sia esternamente che internamente, utilizzate dopo idonea foratura anche per il passaggio dei perni delle ruote. Proseguendo si è passati al blocco sella-poggiabraccia [2], che può variare in altezza di circa 8 cm grazie a un sistema di tiranti. Poi si è stata la volta del manubrio, costituito da una lunga asta, grazie alla quale raggiungere il punto di innesto sulla testa del carro, e da una presa a forma di mezzaluna.
LE RUOTE
Un capitolo a parte merita la costruzione delle ruote: un mozzo centrale forato per il passaggio del perno a cui si è aggiunto un cerchio ottenuto tramite quattro segmenti sagomati uniti tra loro in modo da ottenere un diametro perfetto. Mozzo e cerchio sono uniti tra loro tramite spinatura per mezzo di otto segmenti sagomati (raggi). Infine, il cerchio è stato munito di un battistrada in piattino di ferro, ottenuto tramite calandratura e fissato alla ruota tramite viti.
Le ruote sono state quindi montate nei corrispettivi carri tramite l’inserimento di un perno passante [3 e 4], per favorire lo scorrimento tra le pareti del mozzo e dei travetti portanti, di una rondella di grande diametro e di spessore di 5 mm da ambo i lati.
La draisina, dopo piccoli interventi correttivi, è stata collaudata con successo. La riproduzione di questo velocipede non vuole essere la copia perfetta dei modelli dell’epoca, copia tra l’altro difficile da ottenere vista la diversità dei modelli tra di loro e la loro scarsa documentazione, ma solo una dimostrazione abbastanza simile ai mezzi utilizzati a cavallo tra il brevetto di Von Drais e il velocipede di Michaux.
Alla base di tutto ci sono le ruote
Non avendo a disposizione misure precise, i progettisti e costruttori della replica della draisina del museo “Il Velocipede” si sono basati su alcune foto e su disegni. Il punto di partenza per stabilire tutte le dimensioni, ovvero le quote che potete apprezzare nell’immagine qui a destra, sono state le ruote. Stabilito in 60 centimetri il diametro di queste ultime, le altre misure sono state definite di conseguenza.