Siamo abituati a pensare ai grandi ciclisti dell’età dell’oro, da Girardengo a Binda, da Guerra a Bartali, come a degli eroi autosufficienti, senza la necessità di nessun appoggio esterno.
In realtà dal grande campione all’ultimo dei gregari, o degli isolati, tutti hanno bisogno di sfamarsi, dormire e recuperare dopo lo sforzo della corsa. Nasce quindi l’esigenza di seguire il ciclista oltre la gara.
Si formano così delle figure secondarie, meno note ma non meno importanti, senza le quali quei corridori avrebbero vinto probabilmente meno e con minor lustro.
Una di queste figure era il masseur, ovvero il massaggiatore, colui che provvedeva a manipolare i muscoli del corridore con abili mani e braccia robuste. Spesso il masseur era anche un soigneur, colui che si prende cura in toto del ciclista, un tuttofare che diventa cuoco, organizzatore di viaggi, costumista a seconda dell’occasione. In senso più ampio il soigneur si occupa, oltre che dell’aspetto fisico, anche dell’aspetto umano, diventando confidente e consigliere durante i massaggi canforati.
Biagio Cavanna è sicuramente il più conosciuto e rappresentativo masseur del ciclismo storico. Si sente ancora parlare lui, essendo stato il massaggiatore – e allenatore – di Coppi. Biagio era stato un ciclista e antagonista del primo Girardengo (erano coetanei). Capito, però, che Costante fosse nettamente più forte, Cavanna aveva appeso presto la bici al chiodo (1910) per dedicarsi alla nobile arte della boxe, fino a diventare campione piemontese.
Durante questo periodo aveva fatto conoscenza, dentro e fuori dal ring, con Eugenio Pilotta, un aitante atleta milanese. Pilotta, a sua volta, prima di applicarsi al pugilato aveva già dato mostra di sé nel nuoto, nella corsa, nella ginnastica e nell’atletica. Era, insomma, uno sportivo a 360°. Sarà campione italiano alla fine del 1913, quando si confronta con l’allora campione Piero Boine, sul ring del Teatro dei Filarmonici di Milano (23 dicembre). Pilotta si è, nel frattempo, inventato un secondo mestiere, quello del masseur.
Sarebbe interessante scoprire quale sia stata la svolta per la quale un boxeur abbia deciso di intraprendere la via del massaggio sportivo, ovvero impiegare la forza di un pugile per sciogliere le contratture dei ciclisti e allentare le tensioni muscolari. Si può ipotizzare che le tecniche di recupero fossero già conosciute in quegli anni. Del resto il dottor Farneti fonda nel 1920 la scuola di Fisiatria e Riabilitazione di Milano, la prima scuola a scopo terapeutico.
Nel 1914 Pilotta è al Giro d’Italia al seguito della squadra Prinetti-Stucchi. In squadra erano presenti Calzolari, che vinse la corsa, e Clemente Canepari, quarto al traguardo e pavese come il mitico Baslòt (Rossignoli). Cavanna, stufo di prendere colpi sul ring, comincia a seguire Pilotta, che gli insegna i rudimenti del massaggio. Come scrive Marco Burchi: «Negli anni bui della Prima Guerra Mondiale, Pilotta rimane nello sport a fare il masseur e Cavanna diventa uno dei suoi aiutanti».
Gli anni della guerra vedono Pilotta autista al fronte, e alterna l’attività di masseur a quella di boxeur. Nell’immediato dopoguerra sarà sfidato da Carlo Negri, che perderà per squalifica. L’incontro del 1920 con Erminio Spalla, sempre valido per il titolo italiano, vede Pilotta sconfitto e probabilmente determina anche la fine della sua carriera sul ring.
Frequenta molto la pista, a partire da quella milanese del Sempione. Massaggia campioni come Girardengo, Sivocci, Belloni, Brunero. Il ciclismo sta ripartendo e Pilotta è dentro al movimento. Si fa conoscere sempre di più, le sue mani sono molto apprezzate e i ciclisti ne traggono sollievo. Non manca il caso in cui qualcuno, come Cuniolo, non voglia assolutamente farsi massaggiare per paura del suo passato da rude boxeur.
MANI FORTI
Pilotta è un uomo in movimento, dove c’è da lavorare lui è presente. Comincia a farsi un nome e si affaccia anche su altri sport, tra questi il calcio. Il 9 marzo del 1924 è a Milano al seguito della Nazionale italiana di calcio per la partita contro la Spagna. Partita tirata, al limite del regolamento e, come ricorda Vittorio Pozzo, Commissario Tecnico italiano da quella partita: «Verso la fine, l’incontro minacciò più volte di trasformarsi in zuffa, e ricordo che ci volle del bello e del buono per calmare il nostro massaggiatore, che allora era Pilotta, che ogni tanto voleva scendere in campo per dare prova delle sue rinomate doti di pugilista».
Nel 1925 presta la sua opera presso la Legnano, la corazzata governata da Eberardo Pavesi. È l’anno del primo Giro d’Italia di Alfredo Binda e in squadra ci sono come masseurs anche Enrico Villa e l’allievo Biagio Cavanna.
Cavanna subito dopo la Grande Guerra aveva ricominciato dalle palestre e dagli spogliatoi, dando una mano a Pilotta. Era stato Girardengo a fargli capire l’importanza del massaggio “scientifico” per chiunque effettuasse un’attività agonistica. Biagio s’impadronì presto della tecnica, osservando il suo maestro Pilotta e seguendo i campioni sulle strade e nei velodromi di tutta Europa.
Fu proprio in una di queste occasioni (nel 1925 al Vel d’Hiver di Parigi) che Cavanna con Villa è al seguito di Girardengo e Giorgetti. Cavanna, conterraneo anche del bandito Sante Pollastri, sente il richiamo convenuto tra i novesi. Di lì a poco ebbe luogo il famoso incontro (a distanza, uno sul parterre l’altro in pista), tra Pollastri e Girardengo.
Nel 1927 Pilotta fa parte, insieme a Villa, della Nazionale che partecipa al primo Campionato del Mondo per professionisti ad Adenau (Germania), la storica vittoria con quattro italiani ai primi quattro posti (Binda, Girardengo, Piemontesi e Belloni).
Nel 1928 troviamo ancora Pilotta al seguito della Nazionale italiana di calcio impegnata a Roma contro l’Ungheria. Questo incontro sarà trasmesso per la prima volta dall’EIAR, con il commento di Mario Ferretti, giornalista e, in quel momento, vice-presidente federale e poi segretario della ciclistica UVI. Pilotta (precisa Carlo Delfino) sarà presente a ben 78 confronti ufficiali degli Azzurri negli Anni ’30; lo troviamo poi tra gli accompagnatori di sei olimpiadi e a numerosi incontri internazionali di atletica leggera.
GRANDE TRADIZIONE
Un altro masseur che è rimasto nella storia è Enrico Villa. Per anni è stato il massaggiatore personale di Binda e componente dello staff della Legnano agli ordini di Pavesi. Ricorda Orlandini: «Fu buon dilettante ciclista prima del conflitto mondiale e vinse parecchie prove. La guerra gli spezzò la carriera e gli procurò una medaglia d’argento al valore».
Villa partecipa anch’esso al già citato primo Campionato del Mondo del 1927, vinto da Binda e, dal 1930 e almeno fino alla guerra, fa parte della comitiva italiana al seguito del Tour. Non tanto come masseur esclusivo degli italiani, quanto componente della struttura organizzativa del Giro di Francia. Pavesi, Villa e il meccanico Ugo Bianchi, infatti, venivano arruolati direttamente da Desgrange per il mese di luglio ed erano, ognuno per le proprie competenze, al servizio di tutte le squadre che partecipavano alla corsa. Orlandini: «La sapienza dei suoi tocchi è molto apprezzata dai corridori che se ne contendono i servizi». Tra le sue mani esperte mani passano anche Guerra, Giacobbe, Battesini e Bergamaschi.
Coetaneo di Villa, Pilotta e Cavanna è Fusti. Con base a Milano, lo ricorda il giornalista Varale come: «Un ometto un po’ tondo, pacifico che parla poco ma molto attivo, sempre in faccende, e ha sulla punta delle dita vita e miracoli dei corridori di tutto il mondo. È stato a Chicago e Gand, a Berlino e a Casablanca, ovunque sono di moda le corse su pista». Fusti è un soigneur: fa il masseur, il meccanico, il cuoco, l’infermiere, il vestiarista.
A Fusti dobbiamo l’ingresso di Learco Guerra in Francia nel 1930, prima in pista poi al Tour de France. Guerra l’aveva conosciuto a Milano nel 1929, dopo il Giro della Lombardia in cui il mantovano aveva ben figurato. Learco si era avvicinato a Fusti e, dandogli del lei, gli aveva chiesto: «Guardi se può farmi correre una volta a Parigi».
Fusti, che conosceva tutti, allora scrisse una lettera a Fabio Orlandini, corrispondente per La Gazzetta dello Sport da Parigi e uomo di sport. Guerra ottiene così l’ingaggio per le remunerative sei giorni francesi. Riporta Varale: «E fu così che Guerra fece il primo viaggio all’estero e col suo vecchio amico debuttò in un’Americana di tre ore, un giorno che tutti gli Assi, da Raynaud-Dayen a Binda-Linari; da Wambst-Laquehay a Blanchonnet-Cugnot; da Girardengo-Dinale a Louet-Mouton (coppie famose per la loro combattività, vecchie volpi dei plancher internazionali) pareva avessero del pepe sotto la sella». Quell’esperienza servirà in seguito, quando Desgrange, patron della corsa e giornalista dell’Auto (giornale organizzatore), chiederà a Orlandini di indicargli dei corridori italiani da invitare in estate al Tour de France. Sia Fusti che Villa fecero parte della spedizione italiana al Tour del 1930.
Lo stesso Orlandini ricorda il masseur: «E poi c’era Fusti, consolatore degli afflitti nonostante il viso arcigno, il mago riparatore dei danni dovuti a cadute, alle solite indisposizioncelle, depositario di segrete misture di cui, sia pure pacatamente, usava quando non c’era altro mezzo per rialzare il morale dei suo ragazzi».
Se Villa era il massaggiatore ufficiale della Legnano, alla Bianchi c’era Ferrarese. Nella seconda metà degli Anni ‘30 Ferrarese, che cominciava ad avere una certa età e faceva sempre più fatica a seguire i corridori nelle sei giorni, trova un degno erede in Giannetto Cimurri, che si era messo in evidenza al seguito dei massaggiatori ufficiali come indipendente.
Come per i ciclisti isolati, i masseur indipendenti erano coloro che non godevano dell’appoggio delle squadre ufficiali e offrivano i loro servigi agli altrettanto indipendenti ciclisti. Offrivano per poche lire un massaggio che permetteva spesso ai corridori di continuare. Si lavorava per poco, quindi era necessario aver un buon numero di clienti, i quali però, più il Giro andava avanti, più si assottigliavano, riducendo i guadagni. Giannetto, in seguito a una caduta in corsa, era stato lungamente ricoverato in ospedale dopo aver riportato una seria ferita a un ginocchio. La prolungata immobilizzazione ne aveva limitato la muscolatura e solo grazie alle attenzioni di una suora, con unguenti e massaggi, aveva recuperato la mobilità. Di quegli unguenti e massaggi un giovanissimo Cimurri farà la sua professione e col sorriso sempre in volto sarà al seguito di molti campioni per decenni. Di Giannetto Cimurri torneremo a parlare in un prossimo numero della rivista.
Intanto la carriera di Cavanna ha una svolta nel 1936 quando diventa ipovedente (nel 1937 la cecità sarà completa). La mancanza della vista aumenta la sensibilità degli altri sensi e la sua conoscenza delle fibre muscolari si esalta. Segue la Maino dell’amico Girardengo. Sviluppa artigianali sistemi per il posizionamento in sella. Diventa il mago di Novi, o l’Orbo veggente, per le sue capacità di valutare il corpo di un atleta col solo tatto.
Trova un importante appoggio nell’ingegner Piero Mazzoleni, fondatore della SIOF (Società Italiana Ossidi di Ferro), dal cui dopolavoro fiorisce la squadra ciclistica dilettantistica. Nasce a Novi una vera e propria scuola di ciclismo di cui Biagio è il riferimento. Per una decina di anni, dall’immediato dopoguerra fino alla metà degli Anni ’50, i ragazzi di Cavanna dominarono a livello regionale e non. Tra questi ragazzi un giorno appare un garzone di bottega, un ‘osso di prosciutto’ (la definizione è del giornalista Giuseppe Ambrosini dal Giro del 1940) proveniente da Castellania. Il suo nome è Fausto Coppi.
A cura di: Marco Pasquini Dinbarbaallebici.wordpress.com Foto: Archivio fotografico Carlo Delfino
Il masseur panosetti
Di lui si hanno poche notizie. Si sa che era toscano e che ha lavorato in Francia durante i Tour vittoriosi (1924 e 1925) di Ottavio Bottecchia, di cui era il masseur. Era sicuramente legato al giornalista Fabio Orlandini e, probabilmente, erano stati insieme alla FIAT (dove Orlandini era stato DS) al Giro d’Italia del 1911, prima di emigrare in Francia.
Sarà Orlandini, nel 1923, ad accogliere Bottecchia e Santhià alla stazione per poi portarli alla sede dell’Automoto per l’ingaggio. Panosetti invece si prenderà cura di Bottecchia, rivestendolo e preparandolo per la corsa francese. Il soigneur, infatti, aveva una vera passione per l’abbigliamento, tanto che finirà a fare il costumista all’Opera Comique di Parigi. Successivamente, al termine del vittorioso Tour del 1924, Panosetti aiuterà Bottecchia a scrivere, in francese, la sua autobiografia. Sempre al Tour del 1924 supporterà Brunero e la sua Legnano. In tale circostanza, Panosetti si farà notare più per per aver “zavorrato” il corridore che per averlo aiutato. Brunero, infatti, aveva un’alimentazione molto disordinata in corsa e il soigneur lo instradò verso l’uso esclusivo di grassi, rendendogli però difficoltoso restare ore in sella per i conseguenti foruncoli in zona perineale.