Nel bellissimo weekend in cui sono stato ospite di Terra Eroica, abbiamo avuto l’opportunità di fare un passaggio con calma a Gaiole in Chianti, lontano dalla solita frenesia – dovuta alle tante cose da fare – che di solito un po’ ci prende durante l’Eroica.
Non solo, quindi, abbiamo potuto fare un salto, da Lorenzo Chini – pittoresco macellaio locale star del web, che però potrebbe essere tranquillamente famoso per la qualità dei suoi prodotti – ma anche dedicare un po’ di tempo a scoprire le radici del Brocci, andando a visitare un paio di luoghi iconici come la bocciofila e il classico “barrino” (in Toscana il bar del paese si chiama così) dove tutto è nato.
Lo scrivo perché Giancarlo, che anche su questo numero ci regala un bellissimo e personalissimo articolo su Fiorenzo Magni, andando a toccare temi delicati con la solita, splendida penna, è uomo di cultura in generale, ma in particolare lo è quando si parla di ciclismo. E la “nascita” di questa passione – che poi ha generato l’Eroica – è dovuta proprio alle sue frequentazioni di paese. Il piccolo Giancarlo passava molto tempo con gli anziani del paese al barrino, che l’hanno intrattenuto e cresciuto sulla scorta di vicende personali che ci ha raccontato. In cambio – si era senz’altro in un’altra Italia – aveva l’importantissimo compito di leggere le imprese sportive sulla Gazzetta, perché in molti in quegli anni, e soprattutto chi non aveva avuto la possibilità di studiare, erano analfabeti. Erano gli anni del boom economico, della folgorante, liberatoria ma anche faticosa ripresa dopo la Seconda Guerra Mondiale, ma erano anche gli anni in cui il ciclismo era lo sport più popolare d’Italia, il duello tra Coppi e Bartali era vivo, seppur sul tramonto, e nuovi eroi come Baldini e Nencini si affacciavano alla ribalta. Broccino leggeva tutto questo al suo pubblico del barrino, e forse è stato lì che ha imparato la grande arte oratoria che oggi lo caratterizza. Sicuramente, però, è lì che sono stati gettati i semi che hanno dato vita, più di quarant’anni dopo, al sogno chiamato Eroica.
Perché lo racconto? Perché è una bella storia, di sport, relazioni e cultura ed è la testimonianza che da queste cose – e il ciclismo forse non è un dettaglio – possono nascere cose importanti. È in questo solco, culturale e di passione, che va a inquadrarsi un’iniziativa che riguarda la mia città, Saronno, nella quale un gruppo di lettori di Biciclette d’Epoca (che ringrazio sentitamente per la disponibilità) ha deciso di regalare un anno di abbonamento a una trentina di luoghi di aggregazione cittadini. Bar, parrucchieri, centri giovanili: qui arriverà la nostra rivista, nella speranza che sia letta e discussa e che desti la curiosità di chi legge. Perché il ciclismo di una volta – e lo sa bene chi come noi lo racconta ma anche chi ne è appassionato – è fatto di storie bellissime, d’ispirazione, d’impegno e fatica, che vale la pena raccontare anche alle nuove generazioni. Non solo storie sportive di grandi campioni ma anche imprenditoriali. Basti pensare ai grandi marchi italiani che hanno fatto la Storia del ciclismo nel Novecento: Bianchi, Universal, Legnano, Colnago, ecc. Da tutti questi c’è a mio parere qualcosa da imparare, qualcosa che può aiutare a pensare che l’eccellenza è raggiungibile e che il grande lavoro paga sempre o quasi. Ecco perché vale la pena parlare di ciclismo. Ed ecco perché ci piace raccontarlo.
Alessandro Galli
info@biciclettedepoca.net