Fontanafredda (Cuneo) è un luogo dove la storia si respira in ogni angolo.
Possedimento donato da Re Vittorio Emanuele II a “La Bela Rosin”, al secolo Rosa Vercellana, sua moglie morganatica da cui ebbe due figli: Vittoria ed Emanuele nominati conti di Mirafiori. Sarà proprio Emanuele conte di Mirafiori a prendere le redini della tenuta nel 1878 dopo la morte del Re Galantuomo.
Fontanafredda con i suoi 300 ettari sarà la prima azienda vinicola nella quale lavoreranno operai e braccianti che nel massimo splendore supereranno le 250 unità. All’interno della tenuta funziona un modello sociale nuovo e antesignano di quell’imprenditoria illuminata che iniziò ad affermarsi qualche decennio dopo. Qui troveranno la loro dimora oltre 40 famiglie in case decorose e salubri, con gli “operari” che avevano a disposizione la scuola, la biblioteca e un circolo autogestito.
Ancora oggi, nonostante i vari passaggi di proprietà, all’interno della tenuta ci sono i cartelli che invitano i mezzi ad andare adagio perché ci potrebbero essere i bambini a giocare per strada. In questo contesto si è tenuta una tra le più interessanti e suggestive mostre di velocipedi e biciclette antiche di quest’anno. Enrico Parodi, curatore della mostra, ha coniugato la sua passione per le belle bici con il fatto di lavorare nella tenuta di Fontanafredda e questo, giusto per stare in tema, è stato un cocktail azzeccato e gustoso.
INDIETRO A PEDALI
Coinvolti nell’avventura i noti collezionisti: Michele Rosati, titolare del laboratorio Pedalare Vintage Bikes & More di Scandiano e Marco Bolle di Torino, blogger di Paramanubrio, noto restauratore e socio fondatore di AVI (Associazione Italiana Velocipedi), con la collaborazione di Costanzo Torto, organizzatore della ciclo-storica La Langarola che ha fatto sosta a Fontanafredda per dare un giusto tocco di colore al raduno. “Pedalando nel Tempo”, questo l’azzeccato titolo della mostra, ha voluto suggellare il connubio tra due eccellenze: la bici, mezzo ecosostenibile per antonomasia e il vino “Bio” riconosciuto da quest’anno sull’intera produzione dei 120 ettari, tale è oggi l’estensione colturale della tenuta.
Le biciclette sono state accolte negli spazi interni delle cantine tra enormi botti – il Barolo matura nella botte grande e grandissima non nelle barriques – e posizionate in ordine cronologico inverso, prima le biciclette più giovani e via via le più vecchie accompagnando così il visitatore in un viaggio a ritroso nel tempo. Il luogo ha imposto ovviamente il totale rispetto delle regole galanti della cavalleria.
Ecco quindi che le prime biciclette a accogliere il visitatore sono stare quelle da donna, un’intera schiera di produzione artigianale e industriale italiana e francese, tra cui vanno ricordate: Automoto BH Special fine Anni ’20 nei bei colori ricostruiti sulla base di quanto trovato sul modello ante restauro, BSA 1910, Taurus Model 19 Anni ’30, Automoto primi Anni ’30, AMF Gloria Garibaldina Extra Anni ’40 stupefacente nella sua livrea conservata, AMF Insuperabile Tipo E 1929, Umberto Dei Marca Oro cerchi in legno 1939, Umberto Dei Superleggera 1946, Bianchi Rondine 1938, Bianchi Varazze 1947, Prina La Savoiarda 1941, Bici tedesca anonima cerchi in legno 1919, Touring telaio doppia canna 1936.
Seguiva poi una schiera di bici da uomo di respiro europeo con in evidenza: CMC Swift Safety Bicycle 1880, bicicletto di sicurezza del 1890 prodotto dalla Cusio su licenza della francese Metropole con telaio a croce, Steyr 1901, Humber 1903, F.N. Herstal Acatene New Departure Coaster Brake 1904, con movimento centrale a cardano, Maino 1924, Gerbi Corsa giroruota 1927, Maino 1938 Super Campionissimo cambio Vittoria, Bianchi Specialissima 1962, Omega Francia corsa 1923, Michaux 1865, Mont Blanc 1907, Rossi (Tortona) Corsa Speciale cambio Cervino 1951, Maino 1947 cambio Campagnolo due stecche cerchi in legno, bicicletto Clement 1897, Rover Safety Bicycle 1886, Bianchi Bersagliere 1925, Rudge & Co biciclo 1885, Officine Vianzone Torino Littorina Autarchica 1940 telaio in legno di faggio e ulivo congiunzioni in alluminio, Dei Imperiale e Bianchi Impero.
IL VELOCIPEDE DEL RE
Poi giunti alla fine del percorso, eccola là troneggiare all’interno di questo enologico battistero: la “michaudine” realizzata da Galizio, fabbricante di Firenze, per S.M. Vittorio Emanuele II Re d’Italia. L’epoca è compatibile con il periodo della Firenze capitale d’Italia (3 feb. 1865- 30 giu. 1871) nel cui fervore culturale e sportivo, caratterizzato da una forte presenza internazionale, nacque la prima gara in linea italiana di velocipedi, e la quarta al mondo: la Firenze-Pistoia, corsa il 2 febbraio 1870 e vinta dal sedicenne statunitense Rynner Van Heste.
Il velocipede fu portato nella tenuta di Fontanafredda adibita all’epoca per la caccia e sembra che fosse utilizzato direttamente dal Re. Si pensa però che Vittorio Emanuele II, avendo all’epoca già compiuto i 50 anni ed essendo molto impegnato nella “questione romana”, percorse però ben pochi chilometri con il mezzo, e sembra invece più plausibile che potesse essere utilizzato da Emanuele Alberto Guerrieri, Conte di Mirafiori – il figlio morganatico del Re – che in quegli anni era uno spensierato ventenne che viveva proprio a Fontanafredda.
Il Galizio si presenta comunque in uno stupefacente stato di conservazione, con il telaio ancora di un bel colore verde, il repos pied che si prolunga all’indietro oltre il canotto dello sterzo per formare un bel parafanghino. Le ruote con la doppia fila di raggi sono probabilmente state oggetto di qualche trattamento con una coloritura che ne ha purtroppo alterato lo stato d’origine, ma sappiamo che il legno, materiale vivo, ha spesso necessità di interventi di salvaguardia. Molto interessante la presenza della gomma in sostituzione del cerchio di ferro.
Il manubrio è collegato al canotto da un’inusuale struttura U, con il freno che viene azionato nel modo classico a giro-manopola e un elegantissimo pattino, centrale alla struttura, che ne forma anche un elegante elemento decorativo. Insomma, un pezzo da novanta che è difficile vedere non solo in Italia ma anche all’estero e che deve il suo stato al fatto di non aver mai lasciato la tenuta da quel lontano giorno dei primissimi Anni ’70 dell’800, quando il Re in persona ve lo fece recapitare.
Una mostra da ripetere per dar modo di promuovere la cultura per i velocipedi – e non solo – magari con mostre tematiche.