A cavallo tra Ottocento e Novecento, le industrie italiane non erano ancora pronte ad avere una linea produttiva autonoma per la fabbricazione di biciclette completamente “Made in Italy”, per cui molta della componentistica – come corone, pedivelle, telai, ecc. – arriva dalle grandi industrie francesi e inglesi già affermate all’epoca: Peugeot, Labor, Triumph, Bsa, Rudge-Withworth.
Questi marchi esportavano in Italia anche le bici finite, molto apprezzate nel mercato per la loro tecnologia – allora all’avanguardia – e per le soluzioni tecnologiche avveniristiche (basti pensare che Labor, nel 1909, importava in Italia il modello corsa “Monobras” con monoforcella anteriore sinistra e monoforcella posteriore destra, simile alle odierne MTB Cannondale, dal peso totale dichiarato di soli 9,1 kg!).
In questo contesto storico, solo Bianchi tentò di controbattere questa tendenza, seguendo una filosofia imprenditoriale autonoma grazie a una catena di montaggio costruttiva delle biciclette completa sino all’ultimo bullone. Ebbe inoltre l’importante merito di essere il primo fra i marchi italiani a tentare di esportare all’estero il proprio prodotto finito, sfruttando addirittura un marchio dedicato che potesse incontrare i gusti del mercato estero, puntando soprattutto al pubblico anglosassone (Gran Bretagna e Stati Uniti). Quel marchio si chiamava Medusa. Si trattava di un marchio americano, registrato a New York, che Bianchi acquistò al volgere del secolo.
LO SGUARDO DELLA MEDUSA
Le Medusa sono bici assai rare. Coprivano un ristretto mercato di nicchia, soprattutto di clienti ricchi e danarosi (esteri, anche se queste biciclette “per pochi” poi furono commercializzate anche in Italia) e furono prodotte solo fino agli Anni ’30. Si trattò di un vero miracolo dell’industria ciclistica italiana. Bicicletta estremamente elegante e stilosa, ebbe però vita breve, poiché non molto gradita soprattutto dagli americani che amavano bici imponenti, poco raffinate ma molto appariscenti, che ricordassero la seduta di un cavallo e che fossero molto elaborate e ricercate nella telaistica, al limite del “barocco costruttivo”. Per tale motivo è una bicicletta rarissima e di alto significato storico, dato che tentò di avvicinare e far coesistere due modi diversi di concepire la telaistica della bicicletta: quello italiano e quello anglosassone.
UNA BIANCHI AMERICANA
Questa bici di inizio ‘900 – verosimilmente del 1902 – vanta un telaio di stampo tipicamente italiano Bianchi con però forcella anteriore e forcellini posteriori di tipo “americano”, con predellino di salita sul forcellino posteriore sinistro di derivazione prettamente anglosassone. Veniva assemblata in due versioni e marchiata in tre modi diversi. Una versione con tutte le caratteristiche Bianchi, con classico disegno sulla corona, marchiata in corsivo Bianchi, e una seconda versione, marchiata “The Medusa”, come questa in disamina, che veniva assemblata con pedivelle, pedali, forcella anteriore e a volte corona di produzione non Bianchi, in collaborazione con ditte estere soprattutto anglosassoni ma anche francesi (il terzo marchio era Medusa Touring).
Collezione: Bicicleria di Mario Cionfoli FB: bicicleria
Scheda tecnica
Marca: Medusa
Modello: BAD
Anno: 1902
Telaio: in acciaio
Cerchi: in acciaio 28″ x 1 3/8
Mozzi: 40-32
Pedali: a sega
Freni: ant. Bianchi a tampone trasmissione rigida esterna
Corona: Bianchi d’importazione con disegno a più cerchi
Pignone: ruota libera “Perry” con catena dedicata
Sella: anatomica “The Christy” brevetto 1895
Faro: a olio con lente convessa