Diceva l’ex-segretario di stato americano Henry Kissinger: «La storia non si giudica ai blocchi di partenza, bensì all’arrivo».
È una frase che si può tranquillamente riferire al tandem che trattiamo in queste pagine, marchiato Sterzi, un’azienda che non produceva solo biciclette, anzi… Se parliamo di Moto Sterzi, dobbiamo tornare al 1947, quando l’azienda bresciana (con sede a Cologne) si affaccia al Salone di Milano. In quell’anno venne presentata alla rassegna la 125, poco più di un prototipo, accolto tuttavia dalla stampa come “modello classico” grazie alle soluzioni tecniche proposte. Ma la storia dell’impresa fondata dalla famiglia Sterzi ha radici ancora più antiche, poiché già negli Anni ’30, con a capo Vittorio Sterzi coadiuvato dai figli Aldo, Rodolfo e Giuseppe, era nata un’attività a Palazzolo sull’Oglio con l’intento di commercializzare biciclette e moto in rappresentanza dei marchi Dei e Bianchi. È quindi una delle tante storie precedenti gli Anni ’50 che hanno visto una commistione tra biciclette e moto.
Tornando a Moto Sterzi, l’azienda opera con grande successo nella produzione di moto per circa un decennio, riuscendo anche a conseguire due record mondiali, messi a segno in Perù nel 1958 e nel 1960 con motore a quattro tempi da 50 cc.. Protagonista del primato fu il pilota Dworzak con un veicolo preparato dal tecnico Giuseppe Anfossi. Sulla pista di Pisco Paracas furono raggiunte sul chilometro lanciato le velocità di 122 e 138 chilometri orari con due mezzi.
Il declino avviene intorno al 1958, quando dopo una parentesi operativa in Argentina (Sterzi Motor), Aldo Sterzi rientra in Italia e insieme al consiglio direttivo della società dispone la cessazione di ogni attività produttiva. L’azienda viene così messa in liquidazione. La più grande collezione di Moto Sterzi è oggi custodita nel museo Moto Club d’Epoca S. Fedele a Palazzolo sull’Oglio, di proprietà del signor Mario Pedrali che custodisce un passato tanto doloroso quanto glorioso.
PEDALARE IN DUE
Della primissima produzione e commercializzazione di biciclette a marchio Vittorio Sterzi non si conosce quasi nulla. Una delle poche testimonianze – forse l’unica – arrivate a oggi è questo tandem ottimamente restaurato e conservato. Il tandem monta due ruote della misura 26×1-1/2 con copertoni piuttosto larghi: sono infatti dei Pirelli di misura 26x-1-1/2×2, che ben ammortizzano il peso considerevole del mezzo. La verniciatura del telaio è del tipico grigio/verde già utilizzato dai marchi più blasonati, con filettati dorati pre-bellico. Dato anche il parafango posteriore di serie tinteggiato di bianco – come da indicazioni nel periodo della guerra – riteniamo che il tandem sia stato prodotto tra il 1939 e il 1942.
Il telaio, dalle congiunzioni visibili e ben lavorate, è molto robusto e si compone nella parte anteriore da un tubo orizzontale, tipicamente da bicicletta maschile. Nella parte posteriore invece il tubo è obliquo e richiama le tipiche geometrie di una bicicletta femminile. A congiungere le due porzioni troviamo un tubo trasversale che parte dal piantone dello sterzo fino a raggiungere i forcellini posteriori, rastremandosi e sdoppiandosi gradualmente nella parte terminale. I foderi della forcella sono caratterizzati da un bel rinforzo, collegato al collarino della serie sterzo inciso “Sterzi”.
Bellissimi ed eleganti sono i due carter tubolari completamente chiusi e con rinforzi lungo i sentieri catena, che richiamano lo stile Taurus. Il carter di destra è in tre pezzi con padellino in alluminio e racchiude una bella guarnitura a 46 denti e una ruota libera a 20 denti. Il carter di sinistra invece è formato da quattro pezzi incastrati fra loro con precisione millimetrica. Anch’esso si completa con due padellini in alluminio: quello anteriore – bellissimo – ha il foro per la pedivella decentrato. Questa dotazione è dettata da una necessità più che da un fattore estetico. Il tandem, infatti, ha la scatola del movimento centrale anteriore che funge da tendicatena: ruotando la ghiera destra con un’apposita chiave, si tende la catena a seconda delle esigenze. Completano il processo di regolazione i due bulloni con chiave da 11 mm. che fissano la posizione della ghiera.
DOTAZIONI ECCELLENTI
Particolare attenzione merita la freneria a pistoncini, verniciati dello stesso colore del telaio, già apprezzata soprattutto in Bianchi e da cui siamo certi il Vittorio Sterzi abbia preso spunto (essendo rappresentante del marchio, come detto in precedenza). Sulla forcella i pistoncini sono guidati da una coppia di asole saldate, anch’esse verniciate di grigio/verde. L’archetto, dalla forma somigliante ai modelli Bianchi, è di dimensioni generose e guida i due pattini, sicuramente di produzione del marchio di biciclette milanese. Il freno posteriore è di tipo basso sul carro, composto da un archetto e due pattini, guidati anch’essi da due asole saldate sul telaio. Questa soluzione permette di smontare la ruota e fare manutenzione sui freni con estrema facilità. Viceversa, lo smontaggio di carter e relativa catena mette a dura prova i nervi del più calmo tra i meccanici, data la complessità della procedura di registrazione.
Abbiamo parlato di analogie nella componentistica con la Bianchi. Ebbene, queste similitudini le riscontriamo anche nelle astine dei parafanghi carenati, le cui ogive terminali regolabili sono identiche a quelle utilizzate dai modelli lusso della Bianchi. Completano l’allestimento di fine Anni ‘30 due belle Selle Italia a muso di cane, il gruppo luce Bosch che alimenta anche la gemma posteriore, due paramanubri AMBA e due set di manopole in osso.
Non conosciamo altri esemplari di questa tipologia di tandem, ma il fatto che quello che abbiamo preso in esame non sia punzonato con un numero di telaio, ci fa pensare che la produzione fosse limitata, se non addirittura in esemplare unico.
Scheda tecnica
Marca: Sterzi
Modello: tandem
Anno: inizio Anni ’40
Telaio: in acciaio
Colore: grigio/verde con filetti dorati
Freni: a bacchetta
Selle: a muso di cane Italia
Gruppo Luce: Bosch con fanale a lente gialla
Paramanubrio: AMBA
Carter: tubolari chiusi