Attorno alla metà degli Anni ’30 il parco biciclette circolanti in Italia era superiore ai 4 milioni.
Il dato è stimato per difetto, in quanto ricavato dal numero di contrassegni rilasciati a seguito del pagamento della tassa di circolazione sulle biciclette, che rimase in vigore tra il 1897 e il 1938. Considerando che il censimento effettuato nel 1936 contò oltre 42 milioni d’italiani, si può stimare che circolasse una bicicletta ogni 10 abitanti. Nello stesso periodo, il totale delle automobili circolanti era circa 220.000, ovvero una ogni circa 200 abitanti: sebbene il Duce avesse da tempo maturato l’idea di motorizzare l’Italia, quasi quindici anni dopo la marcia su Roma la gran parte della popolazione andava ancora in bicicletta.
La spinta che il settore ciclistico ricevette fin dagli Anni ’20 determinò la nascita di una miriade di piccole botteghe artigiane dedite alle riparazioni, spesso concessionarie di vendita, talvolta assemblatrici di componentistica acquistata presso terzi e venduta sotto un proprio marchio. Se facessimo una fotografia del mercato ciclistico italiano dell’epoca, noteremmo sostanzialmente che solo due grandi fabbriche lombarde erano in grado di sviluppare livelli produttivi di notevoli dimensioni: la Bianchi e la Legnano. Accanto a loro una nutrita schiera di marchi, perlopiù ubicati all’interno di un triangolo industriale i cui vertici possono essere identificati con le tre città di Milano, Torino e Alessandria, che possono ritenersi di medie dimensioni produttive. Poi, quella miriade di botteghe artigiane sparse più o meno uniformemente su tutto il territorio nazionale, alcune delle quali col tempo cominciarono a sviluppare interessanti volumi.
Una di queste fu quella di Marco Paravidino, da tutti chiamato Giacomo, che vicino a Genova, e più precisamente ad Arenzano, aprì la propria attività. Attorno al 1936 dalla sua bottega uscì questa interessante bicicletta da corsa, che ben conserva il proprio smalto rosso fiammante originale.
PRODUZIONE PERSONALE
Il telaio numerato 991 ha congiunzioni frastagliate, con tubi al carro posteriore da 11 millimetri raccordati molto bene ai forcellini giroruota a cava media, ingrassatore a vite al movimento centrale e un importante alleggerimento al nodo sella. La forcella ha testa di tipo torinese a lame, con piccoli rinforzi interni ai foderi conificati, ed è montata con una serie sterzo non integrata Magistroni. Inusuale la posizione delle decalcomanie applicate a copale sui foderi, che riportano con evidenti tracce la dicitura “Modello 1936”, sopra al Tricolore. Anche il movimento centrale è Magistroni, come riportano calotte e perno. La trasmissione è composta da una guarnitura 46 denti con pedivelle alleggerite e una ruota libera tripla Regina al posteriore. L’impianto frenante si compone di una coppia di pinze Universal Extra modello 35 in alluminio con registri in ottone, abbinata a leve tipo sport con corpo in ferro piegate in punta.
Il manubrio cromato è di tipo girevole, con una pipa dal disegno particolare. Le ruote sono composte da una coppia di mozzi Siamt a 36 fori, montati tramite raggi alleggeriti da 1,8-1,6-1,8 millimetri a una coppia di cerchi in legno dell’epoca per tubolari, fissati poi ai forcellini tramite dadi a farfalla. Al mozzo posteriore è montato un disco salvaraggi Caimi 1934, a svolgere la sua funzione durante la cambiata azionata dalle alette deragliatrici del cambio Vittoria Margherita. L’allestimento è completato da una sella Aqvila, prodotta dalla Compagnia Continentale di Milano, e da una coppia di pedali a centro tornito F.O.M. Fonderia Officina Maritano, che aveva sede a Collegno (TO), e da due quarti di parafanghi in 4 parti in duralluminio.
La bicicletta è stata ritrovata a Genova, mentre il negozio Paravidino di Arenzano esiste ancora. A quasi 90 anni di distanza dalla creazione di questo esemplare, Marco e Nazario Paravidino – nipoti del nonno Marco Paravidino – conducono ancora l’attività, diventata oggi un negozio di cicli e motocicli. Da loro proviene la foto del Gruppo Sportivo Paravidino che vedete in queste pagine, datata Anni ’40, in cui si vede Marco Paravidino, fondatore dell’attività, in testa a una folta schiera di atleti e con accanto il figlio. Del resto, a quei tempi il ciclismo era il primo sport e ogni paese aveva il proprio gruppo sportivo oltre che, come spiegato all’inizio, assemblatori locali che hanno caratterizzato per lunghissimo tempo il tessuto economico dei negozi di biciclette e, conseguentemente, la società italiana.
Scheda tecnica
Marca: Paravidino
Modello: Corsa
Anno: 1936
Telaio: in acciaio con congiunzioni frastagliate
Serie sterzo: Magistroni
Movimento centrale: Magistroni
Cambio: Vittoria Margherita a tre rapporti + giroruota a scatto fisso
Ruota libera: Regina
Ruote: in legno con raggi a sezione variabile
Freni: Universal Extra mod. 35 in alluminio
Leve freno: Universal 361666
Mozzi: Siamt
Salvaraggi: Caimi 1934
Sella: Aqvila
Pedali: F.O.M. a centro tornito
Parafanghi: in 4 parti in duralluminio