Nato nel 1923 come modello di punta della Maino e – come tutti i modelli dell’epoca – a freni esterni, la Superlusso si è poi evoluta fino a diventare completamente a freni interni nel corso della sua carriera molto longeva che l’ha portata ad affacciarsi fino agli Anni ’60, quando però l’azienda piemontese era ormai passata di mano e lontana dai fasti dei propri anni migliori.
Molto importante è il contesto in cui questo modello nasce e si inserisce, ovvero la rivalità – nelle corse del tempo come sul mercato – tra la Maino e la Bianchi. Da circa un decennio nel mercato italiano la bicicletta più elegante, tecnologica, ambita era la Bianchi R. Nella progressione dei modelli R, nel 1923 la Bianchi era arrivata al modello “R Super”, con freni interni e cavallotti dei freni a scomparsa negli steli della forcella, ma ancora non era passata ai più moderni carter tubolari, che univano una più semplice manutenzione (per smontare la ruota posteriore bastava rimuovere il codino) a una più moderna eleganza dettata dalla minore pesantezza estetica degli stessi rispetto al carterone chiuso. In questa gara alla bicicletta più raffinata, Giovanni Maino per primo dotò la sua ammiraglia del carter tubolare, seguito poi anche da Edoardo Bianchi.
Altre evoluzioni premiarono Bianchi, che per primo arrivò alla bicicletta con freneria completamente interna. Una corsa, insomma, che rispecchia in toto le avvincenti gare del periodo, che vedevano queste due case come assolute protagoniste e rivali sportive, riprendendone diverse dinamiche. È così possibile fare romanticamente una simmetria tra le “scopiazzature” tecniche da ambo le parti presenti sui modelli e l’ingaggio del corridore di punta dell’epoca – Costante Girardengo – sempre conteso tra Maino e Bianchi in una vivissima rivalità. In questi termini, proprio nell’anno in cui Girardengo torna alla Maino e trionfa in maglia grigia, Giovanni Maino porta il più serio attacco commerciale alla Bianchi leader del settore attraverso il modello Superlusso, insieme al modello G da corsa (indovinate un po’ “G” da cosa deriva?) che poi diventerà modello Campionissimo, Super Campionissimo, ecc. Il modello che vedete in queste pagine, tratto dalla collezione di Luca Pit, contributor del Registro Storico Cicli, è databile 1936 e appartiene a una fase intermedia, in cui la freneria era ibrida, interna ed esterna. In questa soluzione le bacchette e i rinvii della freneria scorrono all’interno del manubrio e del telaio, a eccezione dell’asta di raccordo tra il manubrio e tubo obliquo del telaio. Il risultato rappresentava un vero progresso per gli attenti canoni estetici del tempo, in quanto venivano rimossi alla vista elementi considerati antiestetici. .
Inizialmente, tutti i sistemi di frenata prevedevano un freno basso, dietro al movimento centrale, più semplice da realizzare ma anche meno performante in termini di efficacia perché troppo soggetto allo sporco. Una volta trovata la soluzione tecnologica per tenere il freno più alto (capostipite in Italia fu la Bianchi R), tutti passarono a questa soluzione. Maino arriverà comunque alla freneria completamente interna all’inizio degli Anni ’40, ovvero subito dopo questa versione, sperimentando però per un anno circa una soluzione che prevedeva il freno esterno sul lato nobile (opposta quindi a quella qui analizzata). La scelta per la Superlusso di una freneria interna – anche se inizialmente solo parziale – è perfettamente in linea con la sobrietà e l’eleganza espresse da questa bicicletta, che fa di soluzioni tecnologiche di pregio ed essenzialità estetica due delle caratteristiche più importanti.
MARCHIO DI FABBRICA
Un’altra caratteristica peculiare della Superlusso nel corso di tutta la sua evoluzione è quello di avere le congiunzioni invisibili. Non si tratta di un modello saldobrasato, come avveniva per esempio con le Beltramo, ma di una saldatura con congiunzioni innestate e l’utilizzo di tubi di diametro minore del normale rispetto ad altre produzioni dell’epoca, scelta che rendeva la bicicletta più filante e leggera. Da notare il telaio doppio diapason, sia nella parte superiore sia in quella inferiore del carro, così chiamato per la caratteristica forma assunta dai tubi piegati e ravvicinati. Una soluzione molto elegante, utilizzata anche dalla Umberto Dei, che faceva sì che il triangolo posteriore si chiudesse sotto al nodo sella senza le pendine saldate lateralmente. Un telaio completamente pensato per una bici da passeggio, quindi, senza particolari concessioni a mode corsaiole. Parliamo di un mezzo di grande prestigio che aveva anche la funzione di definire lo status di chi lo pedalava. Per quanto riguarda la manutenzione, la bicicletta è dotata di oliatori in diversi punti e non ancora di ingrassatori, come invece sarebbe accaduto con le edizioni successive. Non mancano neanche i classici coperchi d’ispezione sul carter che permettevano di controllare lo stato della catena e delle meccaniche.
Dettaglio molto importante di questa Superlusso del ’36 è la testa della forcella, caratterizzata dalla particolare lavorazione con tre piastre cromate separate in grado di mantenere uno spazio vuoto tra gli steli e il perno centrale. Una caratteristica che per Maino è sempre stata letteralmente un vero marchio di fabbrica, al punto da essere riprodotto sul logo dell’azienda. Nelle versioni successive, questo spazio sarebbe stato chiuso per contenere i costi di produzione. Un segnale epocale che già iniziava a far intravedere il declino della bicicletta come veicolo di lusso, dato che la saturazione del mercato e il sempre maggiore diffondersi dei motori ne avrebbero intaccato il prestigio. La sella è di tipo Terry in pelle con imbottitura in crine di cavallo mentre le manopole sono in osso.
Un commento speciale merita il fregio smaltato sull’attacco manubrio con il logo dell’azienda (che mostra l’alloro in onore di Costante Girardengo, vincitore su Maino) che andava aperto attraverso due viti per regolare i freni utilizzando i tensionatori. La Superlusso, comunque, era caratterizzata da una grande cura dei dettagli, come il particolarissimo attacco del fanale integrato nel collarino di sterzo oppure gli alleggerimenti delle pedivelle nella parte non visibile.
Collezione: Luca Pit FB: Registro Storico Cicli IG: registrostoricocicli.com
Scheda tecnica
Marca: Maino
Modello: Superlusso
Anno: 1936
Trasmissione: catena a ruota libera
Telaio: in acciaio a congiunzioni invisibili e a doppio diapason superiore e inferiore
Carter: tubolare con padellino e coperchio d’ispezione
Freni: parzialmente interni.
Sella: tipo Terry in pelle con imbottitura in crine di cavallo.