Quando si parla di Eroica, non può non passare per la mente Luciano Berruti, personaggio simbolo della madre di tutte le ciclostoriche scomparso purtroppo nel 2017 e ampiamente ricordato nell’ultima edizione con diversi momenti toccanti, tra cui l’inaugurazione della scultura a lui dedicata nel centro di Gaiole in Chianti.
E proprio dalla collezione di Berruti viene la “Bicicletta Eroica” di cui parliamo in questo numero. È una delle circa 200 presenti nel museo di Cosseria, dove la famiglia Berruti ha creato un’esposizione delle bici appartenute a Luciano, ma è anche una bicicletta molto speciale perché si tratta di quella con cui Ottavio Bottecchia – Botescià – partecipò al suo primo Tour de France, nel lontano 1923, vincendo la seconda tappa Le Havre – Cherburg e piazzandosi secondo alle spalle del francese Henri Pélissier. A raccontarcela è Jacek Berruti, ciclista figlio di Luciano e oggi fiero possessore di questa bicicletta con cui ha partecipato più volte a L’Eroica a partire dal 2003.
UNA FIGURA ICONICA
«Anche se quest’anno compie cento anni, questa Automoto del 1919 è una bici comodissima da usare, su cui puoi stare a pedalare delle ore», ci racconta. «Ho avuto il privilegio di usarla a Gaiole con la divisa originale Automoto dell’epoca per poter assaporare le sensazioni che era in grado di dare. Il movimento centrale gira come un orologio e la postura è perfetta. Per me, poi, poter pedalare con il numero 26 di Ottavio Bottecchia al Tour è un grande onore, perché un personaggio molto positivo che mi piace ricordare». Bottecchia, ingaggiato da Automoto per poter poi esportare il marchio in Italia, è stato un simbolo della fatica di quegli anni e di come il ciclismo fosse un modo, per i figli della parte più umile del popolo, di affrancarsi da situazioni di povertà e condizioni di lavoro durissime.
«Mi riconosco molto in Bottecchia», continua Jacek. «Anche la nostra è una famiglia di origini popolari e Bottecchia è stato un ciclista di grande determinazione, perché correre era molto meno faticoso che cercare di sbancare il lunario in qualche altro modo, per cui s’impegnava sempre al massimo. Correva “per fame” con grande naturalezza ed è anche stato uno tra coloro che non si sono tirati indietro quando c’era da opporsi al regime che opprimeva l’Italia in quegli anni. L’alone di mistero che c’è ancora oggi attorno alla sua morte lo rende secondo me un personaggio simbolo di libertà e giustizia».
CONSERVARE LE EMOZIONI
La Automoto di Bottecchia non dimostra i suoi anni, anche se le rughe si vedono perché non è stato fatto alcun restauro ma solo interventi conservativi. «Noi non restauriamo», conclude Jacek, «perché per noi il conservato lascia emozioni, trasmette quello che è stato della vita della bicicletta e di chi l’ha inforcata. Per cui abbiamo fatto solo una profonda manutenzione per farla tornare perfettamente marciante e cambiato componenti che con il tempo si erano usurate al punto da non essere più recuperabili, sostituendole con analoghe coeve».
La Automoto di Bottecchia porta con sé un secolo di storia. Un secolo in cui il ciclismo è cambiato tanto e che una volta parlava ai corridori in maniera differente, più analogica, meno computerizzata, con un rapporto diverso e più personale con il proprio mezzo. Anche questa bici ha una voce, ruggente in salita, fischiante in pianura sulle strade della Grand Boucle. Osvaldo Bottecchia e Luciano Berruti l’hanno ascoltata e chissà se, da qualche a parte, proprio adesso ne stanno parlando.
Registro delle biciclette eroiche – Sito: www.eroicagaiole.it/bici-eroiche Museo Cosseria FB: lucianoberruti
Scheda tecnica
Marca: Automoto
Modello: Corsa
Anno: 1919
Telaio: in acciaio
Freni: a fascetta
Guarnitura: da 46 denti
Pignone: fisso 23, libero 20 denti
Cambio: giro ruota
Cerchi: in legno