Dell’evoluzione della bicicletta abbiamo parlato diverse volte sulle nostre pagine, testimoniando il passaggio dai primi tentativi di bicicletta in legno (prima la draisina, poi i Michaud a trazione anteriore, poi i Grand Bi, eccetera) fino ad arrivare al telaio con doppio triangolo così come lo conosciamo oggi.
Una storia densa di esperimenti e personaggi che portò, nel 1885, alla definizione a opera di J.K. Starley di quello che viene chiamato “Safety Frame”, ovvero “Telaio di sicurezza”, dove per “sicurezza” si intende soprattutto il fatto che il ciclista poteva facilmente appoggiare i piedi per terra senza trovarsi a pedalare alle altezze vertiginose che richiedevano i Grand Bi. L’invenzione della catena, che permise di trasmettere il movimento alla ruota posteriore, fu fondamentale in questo passaggio.
Per quanto riguarda il telaio, invece, prima di arrivare alla conformazione attuale ci furono anni di tentativi in cui si provarono varie soluzioni. Una di queste fu appunto il telaio cosiddetto “a croce”, come quello dell’esemplare che vedete in queste pagine e che proviene dalla collezione – e dalle sapienti mani – di Maurizio Botta, restauratore professionista che opera a Lurate Caccivio, in provincia di Como. C’è una bella storia dietro a questo croce e Maurizio non ha esitato a raccontarcela.
PASSAGGIO SEGRETO
«Sono stato contattato da un mio amico che stava restaurando una villa ottocentesca in provincia di Milano», spiega Maurizio, «perché aveva ritrovato questo esemplare in una camera segreta che era tornata alla luce dopo l’abbattimento di un muro. Evidentemente, i proprietari avevano deciso di nasconderla insieme ad altri oggetti di valore, per ragioni che non sappiamo». Su questo bicicletto, in buona sostanza, non ci sono informazioni specifiche, e tutto deve essere desunto dall’osservazione del telaio e della componentistica. «È molto difficile capire se si tratti di un mezzo italiano o francese, perché a quell’epoca c’erano dei rivenditori che operavano dalle due parti delle Alpi con grande libertà, magari assemblando in Italia. Per la datazione, invece, possiamo pensare al 1888/89, data che si evince dal tipo di trasmissione con catena a passo Abignon, caratteristico di quegli anni, quando non esisteva ancora uno standard unico come adesso». Un altro indizio che ci porta a questa datazione è anche la dimensione del monotubo che costituisce il telaio, che nel biennio ’87/88 era generalmente più piccolo.
Negli anni pionieristici della bicicletta le soluzioni tecnologiche si utilizzavano imparandole mano a mano e andando a integrare conoscenze di altri settori, come per esempio per quanto riguarda la forcella, la cui costruzione era mutuata da quella dei foderi delle spade, con cui c’è una somiglianza notevole. Per il resto si tratta di una bicicletta molto pesante, pensata per essere resistente e con alcune caratteristiche di postura che ricordavano l’uso che si faceva allora del cavallo. Ne sono un esempio sia il manubrio ampio, come se si tenessero delle briglie, sia il telaio che si alza sul davanti. Un richiamo alla cultura agreste è anche il campanello che era costantemente messo in funzione dalle asperità del terreno e dal movimento, come capitava al bestiame.
SAPORE ANTICO
A osservarlo da vicino, il croce presenta un aspetto antico, come se fosse appena uscito da un sottoscala. Pulito, funzionante, ma non rimesso a nuovo. «I miei restauri hanno l’obiettivo di riportare la bicicletta alle condizioni iniziali», spiega Maurizio, «ma in maniera tale da rispettare anche l’età del mezzo. Non rivernicio il telaio, per esempio, ma lo ripristino e lo proteggo con più mani di cera d’api. Se poi è necessario, ricostruisco tutti i pezzi mancanti utilizzando le tecnologie costruttive dell’epoca, che è quello che a mio parere deve saper fare un buon restauratore per mantenere l’identità della bicicletta».
E i lavori di Maurizio Botta, amante delle biciclette fin dall’età di 13 anni, testimoniano questa sua grande passione, oltre all’attenzione e alla manualità, mutuata da un passato nel modellismo in cui realizzava personalmente ogni componente degli aeromodelli. «Rispetto allo stato di ritrovamento ho aggiunto il faretto, il campanello e i pedali ottocenteschi, che ho trovato a un mercatino. Tutto in maniera coerente e coeva. La sella in pelle invece è la sua originale. Ho dovuto rifare le gomme piene, cosa a cui provvedo personalmente e che molti clienti mi chiedono».
Esemplari come questo, restituiti alla vita in questo modo, sono davvero rari. Ci riportano a un’epoca in cui andare in bicicletta era considerato pericoloso, vuoi anche per freni non all’altezza quando non addirittura inesistenti, dato che si frenava con la ruota fissa o con freni a tampone come quello presente su questo croce. Erano anni in cui quando qualcuno era particolarmente preoccupato veniva definito “bicycle face”, ovvero “faccia da bicicletta”. Per questo sui primi safety frame comparve un tirante di sicurezza, poi due, poi arrivò la bici contemporanea, rimasta quasi identica da allora. Da notare una differenza sostanziale nei raggi, dalla dimensione notevolmente superiore a quelli attuali (4 mm). Questo perché, all’epoca, lavoravano ancora a compressione, come si usava per le ruote dei carri, e non a trazione come sarebbe accaduto in seguito, cosa che avrebbe aumentato di molto la leggerezza delle ruote.
Lo studio di tutto quello che è stata storia della bicicletta prima del Novecento esige di addentrarsi in queste tematiche, cosa che sicuramente affronteremo nuovamente in futuro tornando a trovare Maurizio Botta e i suoi restauri.
Collezione e restauro: Maurizio Botta Si ringrazia: Paolo Maria Caserta
Scheda tecnica
Marca: ignota
Anno: 1889 circa
Telaio: a croce in acciaio con monotirante
Trasmissione: ruota fissa con passo Abignon
Freno: anteriore a tampone
Ruote: con gomme piene e raggi da 4 mm
Sella: in cuoio originale