Se parliamo di telaisti italiani, sul podio della classifica di tutti i tempi c’è senz’altro un artista il cui genio abbiamo paragonato in passato, quando abbiamo parlato di una sua bicicletta appartenuta al grande Antonio Maspes, a un grandissimo proveniente dalla sua stessa regione, Leonardo Da Vinci, il maestro rinascimentale per eccellenza.
Stiamo parlando di Faliero Masi, leggenda della produzione artigianale italiana, i cui telai originali sono tra i più ambiti dai collezionisti di tutto il mondo. Classe 1908, la storia di Faliero inizia a Sesto Fiorentino nel 1929, dove apre la sua prima bottega, ma è a Milano che il telaista toscano crea la sua strepitosa reputazione. Masi arriva sotto la Madonnina nel 1941, quando inizia a lavorare alla Viscontea, ma è solo nel 1949 che si mette in proprio, aprendo nel 1952, proprio sotto le leggendarie curve sopraelevate del Vigorelli, dove si trova ancora (in attesa che il Comune di Milano termini i lavori di ricondizionamento), una piccola bottega artigiana da cui sarebbero partiti, per decenni, telai destinati ai più grandi corridori della sua epoca e agli appassionati di tutto il mondo. L’eredità di Faliero, scomparso nel 2009, è stata raccolta dal figlio Alberto, che ha poi ceduto il marchio nelle sapienti mani di quello che è oggi considerato l’enfant prodige dei telaisti italiani, ovvero Simone D’Urbino (detto Tomby), figura di riferimento nel mondo del vintage nonostante sia ancora molto lontano dal compiere trent’anni.
UN TESORO RITROVATO
Se Faliero Masi era Leonardo, Simone ha la verve e il carattere del Caravaggio, e i suoi lavori sono già noti e apprezzati dagli appassionati più attenti ed esigenti in Italia e non solo. Simone, però, non è solo un grande telaista capace di lavorare l’acciaio in maniera sublime, forte della propria esperienza come orafo, ma anche un vero depositario della tradizione Masi – marchio di cui oggi è titolare – annoverando nella propria collezione alcuni esemplari significativamente iconici della produzione dell’artista toscano. Uno di questi è senza alcun dubbio la Masi Corsa del 1948 che Simone D’Urbino ha presentato al Concorso d’Eleganza per biciclette all’Eroica di Gaiole in Chianti, di cui parliamo a pagina 6, e che abbiamo avuto il piacere di organizzare sotto l’egida di Biciclette d’Epoca.
I concorsi d’eleganza sono ambiti molto divertenti dove i partecipanti convogliano la loro passione, mostrando gli esemplari migliori delle proprie collezioni e presentandosi, molto spesso, con biciclette scintillanti e abiti coevi accuratamente preparati per l’occasione. Questo è avvenuto anche a Gaiole, dove infatti molti dei premi e riconoscimenti sono stati assegnati dalla giuria a biciclette in grado di catturare l’occhio anche dei profani, tanto erano belle. Il caso di questa Masi Corsa, però, è differente, perché è servito l’occhio attento ed esperto dei nostri giudici per coglierne appieno il valore, che allo sguardo di una persona non esperta avrebbe potuto tranquillamente sparire a vantaggio di esemplari dall’impatto più spettacolare.
«Questa bici è stata costruita da Faliero Masi quando lavorava ancora in un garage in via Michelino da Besozzo 20 a Milano», ci spiega Simone, «poco prima che aprisse il negozio storico al Vigorelli. Parliamo infatti di una bicicletta databile 1948, qualche anno prima del trasferimento». Caratteristica unica di questa bicicletta, come di tutte quelle analoghe costruite da Masi in quegli anni (meno di 10) è il fatto che sia stata realizzata utilizzando una forgia partendo da tubi in acciaio Mannesmann Dalmine, tra i più qualitativi della loro epoca soprattutto in termini di leggerezza, ma molto difficili da saldare a causa del loro spessore ridotto, cosa che non lasciava spazio agli errori. Per questo servivano maestri come Masi per farne dei telai. «La bicicletta era poi stata verniciata da un tedesco, un certo Hayez, un omone che si vede in una famosissima foto di Masi su una Gilera con Alberto in braccio», prosegue Simone. «Il colore utilizzato era il verde militare, usato per i blindati, una scelta quasi obbligata dato che non c’erano molte opzioni negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale».
La bici ha una storia molto particolare, che ne fa un vero e proprio “tesoro ritrovato”, come talvolta capita in questi casi. «Un giorno è arrivato un rigattiere di mobili in negozio», spiega Simone, «chiedendoci se potevamo passare da lui a vedere una bicicletta Masi che gli era capitata per caso tra le mani. Quando Alberto l’ha vista, gli si sono subito illuminati gli occhi, e questa persona è stata talmente corretta e generosa, ben capendo quello che significasse, da regalargliela senza chiedere un soldo. Alberto, poi, l’ha regalata a me, e io l’ho portata qui all’Eroica in esposizione perché parte della mia collezione».
La Masi Corsa era in condizioni eccellenti, e tutto quello che Simone ha dovuto fare – si fa per dire – è stato smontarla e pulirla, con le cautele e l’esperienza del caso. Caratteristica significativa, che la differenzia dagli altri due esemplari simili ritrovati, sono le congiunzioni, costruite probabilmente da Malaguti e poi limate fino al limite massimo come si usava fare in quegli anni per le biciclette destinate alla corsa, in modo da alleggerirle il più possibile. «Con il processo di forgiatura sulle congiunzioni si depositava parecchio materiale che poi doveva essere rimosso con grande maestria e pazienza», spiega Simone, «un lavoro da pazzi per arrivare a ottenere un risultato simile!».
TESTIMONIANZA POTENTE
Una bici, insomma, che dietro a un aspetto all’apparenza dimesso sintetizza alcune delle tecnologie più importanti della propria epoca, a partire dal cambio Campagnolo Corsa a due stecche del 1946 a 4 rapporti, anche se sul salvaraggi c’è scritto “per 5 pignoni”. Pedivelle e serie sterzo sono Magistroni, mentre i pedali sono Brampton, inglesi, perché Faliero Masi non amava molto i più classici pedali Sheffield – italianissimi, nonostante il nome – che a suo dire tendevano a spaccarsi. I cerchi a 36 fori sono Fiamme in alluminio con brevetto Longhi, una soluzione top per l’epoca, con raggi Redaelli Dervio sfinati 1,8/1,5/1,8 mm in quarta e nipples nichelati. Stupendi i mozzi a flangia alta Campagnolo FB, completamente originali come la sella Brooks in pelle e la catena Brampton. Piega e pipa sono Cinelli in acciaio e sono il solo intervento fatto da Simone rispetto al ritrovamento della bicicletta.
Uniche le decal, che riportano il marchio Masi prima che diventasse un’azienda vera e propria, con la caratteristica, sul tubo obliquo, di essere presenti solo sul lato sinistro. «Ho scoperto grazie ad Alberto che venivano messe in questo modo sulle bici da pista, dato che quando si appoggiavano al muro succedeva sempre dal lato destro, per cui da quella parte le decal non si vedevano. Faliero le ha messe così anche su questa bici che però è da corsa». Un corsa che, a differenza dei modelli successivi, prevedeva i parafanghi in alluminio smontabili (in due pezzi l’anteriore, in un blocco unico il posteriore) dato che la qualità delle strade, in quegli anni, non era tale da pensare di correre senza.
La Masi Corsa del ’48 è una testimonianza potentissima, per certi versi unica e inestimabile, di quello che è stato il ciclismo d’epoca ai suoi massimi livelli subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Non solo per il telaio realizzato con tubi preziosi e una tecnica difficilissima che pochi sapevano padroneggiare, ma anche per l’elevato concentrato tecnologico che non è sfuggito agli occhi attenti della nostra giuria, che l’ha valutata meritevole dell’ambito riconoscimento “Best in Show”, il più importante del Concorso d’Eleganza di Gaiole, pur essendo presenti altre biciclette di valore anche appartenute a dei campioni. Ma è questo il senso del nostro contributo all’Eroica, che sempre di più ha la possibilità di essere un punto di riferimento dal punto di vista culturale. Non è sempre oro quello che luccica, ma talvolta è vero anche il contrario. E la Masi Corsa del ’48 lo dimostra.
Collezione: Simone D’Urbino
Scheda tecnica
Marca: Masi
Modello: Corsa
Anno: 1948
Telaio: in acciaio con tubi Mannesmann Dalmine saldato a forgia e congiunzioni Malaguti
Cambio: Campagnolo Corsa 1946 a quattro rapporti
Pedivelle: Magistroni
Pedali e catena: Brampton
Freni: Universal 36166 in alluminio
Cerchi: Fiamme in alluminio brevetto Longhi
Raggi: Radaelli Dervio sfinati 1,8/1,5/1,8 mm
Mozzi: Campagnolo FB a flangia alta da 36 fori
Serie sterzo: Magistroni
Pipa e piega: Cinelli
Sella: Brooks