Per capire la bicicletta presentata in queste pagine, bisogna partire dal significato del telaio che le dà il nome: “Aerodyne”, ovvero “Aerodina”, un termine ormai desueto che indica un mezzo più pesante dell’aria che, grazie alle forze che lo muovono, può volare.
Un concetto diverso da quello che intendiamo, oggi, quando parliamo di “aerodinamica”, termine che si riferisce soprattutto a concetti come la resistenza all’aria o la capacità di un’auto di incollarsi al suolo grazie agli alettoni. Quando alla fine degli Anni ’30 Maino ideò il telaio Aerodyne, invece, eravamo nel periodo pionieristico dell’aviazione, nata meno di un quarto di secolo prima con il primo volo dei fratelli Wright ed evolutasi brutalmente durante la Prima Guerra Mondiale per ragioni prettamente belliche. Aerodyne aveva quindi il significato evocativo di qualcosa che fosse in grado di volare.
E infatti era proprio su questo concetto che aveva puntato Maino per la sua Aerodyne, identificata come una bicicletta di gran lusso, con geometrie e forme uniche, con congiunzioni invisibili – marchio distintivo dei top di gamma dell’epoca – e con un’infinità di dettagli in alluminio nell’allestimento, il materiale aeronautico per eccellenza. Il successo di questa tipologia di bicicletta, che restò in produzione per circa 15 anni, fu tale che ne vennero realizzate anche delle imitazioni stilistiche, come questa Cicli Leone Aerodyne di inizio Anni ’50 che ripropone lo stesso telaio, “copiandolo” pari pari da Maino, con l’eccezione – evidente e sostanziale – delle congiunzioni tradizionali al posto di quelle invisibili, sicuramente più pregiate.
PIEMONTESE DOC
La bicicletta si inquadra in quell’ampio e straordinario contesto delle biciclette piemontesi, nutritosi negli anni di una iniziale egemonia tecnica della vicina Francia per poi superarla grazie a marchi eminenti e prestigiosi. È qui che ha attinto Leonardo Martini, proprietario della qui presente Aerodyne restaurata da Alberto Castelli e Marco Bolle, esemplare che è andato a inserirsi da qualche anno nella sua collezione. «Con la bicicletta per me è stato amore a prima vista», spiega il collezionista di Lucca. «Fin da piccolo mi occupavo di tirarle lucide nel negozio di biciclette gestito da mio nonno. L’attività ha chiuso, ma la passione mi è rimasta».
Leonardo ha un obiettivo molto ambizioso: raccogliere tutte le biciclette di tutti i produttori italiani del periodo che va dal 1930 al 1959. Un’opera gigantesca che riguarda centinaia di esemplari. «Credo che il periodo che ho scelto sia il più rappresentativo per raccontare l’eccellenza italiana di quel periodo. Mi piacerebbe tradurre in realtà i cataloghi dei principali marchi, permettendo agli appassionati di verificare la produzione anno dopo anno in un museo che mi piacerebbe aprire, un giorno». In questo percorso non poteva mancare la Aerodyne di Cicli Leone. «Ritengo sia una bicicletta molto bella», chiosa Leonardo, «che la dice lunga su quanto fossero bravi i produttori piemontesi. Appena l’ho vista ho pensato che dovesse far parte della mia raccolta».
La bici è stata realizzata da Antonio Leone, produttore storico di velocipedi di Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo, azienda nata nel lontano 1920 e tuttora esistente, sempre nel paese di origine, con il nome di Dino Bikes. Il modello di queste pagine risale ai primi Anni ’50, come testimonia la componentistica utilizzata. Il telaio presenta l’attacco di serie per un cambio Regina molto simile al Simplex Campione del Mondo. Venendo al montaggio, troviamo parafanghi sfaccettati e carter a ¾ in ottone cromato. La guarnitura, invece, è marchiata Aurelia, marchio brevettato dalla ditta Leone e depositato nel 1953, omonimo di un altro marchio Aurelia facente parte del gruppo lombardo Aprilia, che invece produceva bici complete e non solo componenti, cosa che potrebbe indurre in confusione. La forcella interamente cromata presenta il foro per il passaggio del cavo freno. Le ruote con cerchi in acciaio da 26×1 ⅜ sono dotate di freni a tamburo e mozzi in alluminio SIAMT. Proprio i freni sono una caratteristica tipica delle Aerodyne, dato che tutti i modelli, tranne quelli prodotti da Validior, li montavano di serie a tamburo, a testimonianza dell’elevata qualità della proposta. Probabilmente, ragioni economiche, di manutenzione e di efficienza portarono poi i tamburi a sparire o quasi dagli allestimenti per le biciclette, restando invece sui motorini. Infine, il manubrio è un Ambrosio Super Lusso in alluminio con manopole in plastica e leve freno integrate.
Foto e restauro: Alberto Castelli Collezione: Leonardo Martini
Scheda tecnica
Marca: Cicli Leone
Modello: Aerodyne
Anno: primi Anni ’50
Telaio: tipo Aerodyne in acciaio con congiunzioni normali
Guarnitura: marchiata Aurelia
Trasmissione: Regina tipo Simplex a 3 velocità
Gruppo luce: Regina
Manubrio e attacco: Ambrosio Super Lusso in alluminio
Carter: 3/4 in ottone cromato
Ruote: in acciaio da 26″
Pneumatici: Michelin sportivi nero/para
Freni: SIAMT a tamburo
Mozzi: SIAMT
Sella: in pelle con imbottitura in crine