«Le salite hanno strade strette e conducono là dove la vita è un po’ incredula».
Così scrive Gianluca Favetto, scrittore, giornalista, drammaturgo torinese e forse è proprio così che sono stati gli inizi per Edoardo Bianchi: una lunga salita stretta. Quando nel 1901 progetta e mette in produzione questa bellissima “macchina” a due ruote, la Modello D, Edoardo ha 36 anni ed è un uomo arrivato. È introdotto in casa Savoia, molto considerato dalla regina Margherita a cui ha insegnato ad andare in bicicletta tanto da far decidere ai regnanti di concedere in esclusiva alla Bianchi, a fini commerciali, il simbolo dell’Aquila della Casa Reale. Frequenta tutti gli industriali più importanti dell’epoca, fra questi sopratutto i piemontesi ma anche la famiglia Rossi di Schio, i Marzotto di Valdagno, la famiglia Crespi e i Florio di Marsala. Alcuni di questi mecenati e pionieri dell’industria dell’automobilismo in Italia. Ma prima le cose non erano state altrettanto facili.
Edoardo nasce a Milano il 17 luglio 1865, rimane orfano di entrambi i genitori a quattro anni. Accolto nell’orfanotrofio detto dei “Martinitt”, ne esce a otto anni per andare a lavorare come apprendista fabbro ferraio presso un artigiano. Per circa dieci anni lavora in varie officine meccaniche milanesi, fra cui quella di Gerosa e Rosati, fino a quando nel 1885, all’età di 20 anni, apre in via Nirone a Milano una piccola officina di precisione per metalli lavorati, dove fra i vari manufatti inizia a rifare – conto terzi – modelli inglesi di velocipedi e bicicletti. Nel 1886 realizza il suo primo bicicletto a ruote di diametro uguale con telaio a “croce”. Nel 1888 apre una officina più grande in via Bertani a Porta Tenaglio, dove mette in produzione la prima bicicletta con telaio trapezoidale, manubrio tubolare e gomme pneumatiche Dunlop.
LA SVOLTA DEL ’90
Gli affari iniziano a girare bene e il Martinitt nel 1890 si trasferisce nei locali più grandi di via Borghetto. In tale sede si può affermare che, per Edoardo Bianchi, inizi la vera produzione industriale, intesa nel suo termine stretto, di velocipedi. Da questo allargamento della ditta, la fabbricazione di biciclette venne articolata in numerosi modelli essenzialmente però su due tipologie fondamentali, spesso con contaminazioni reciproche: i cosiddetti velocipedi “viaggio” e “sport-corsa”.
La Bianchi inizia ad affacciarsi in questo periodo anche nel mondo delle competizioni sportive, fino ad arrivare a vincere proprio alla fine del XIX secolo una competizione importantissima: il titolo iridato del ciclismo, al Campionato del Mondo tenutosi a Parigi, al Velodrome du Parc de Princes. Protagonista su bici Bianchi, Gian Ferdinando Tomaselli, il quale a fine carriera, diverrà direttore degli Stabilimenti Bianchi sino agli Anni ’30.
Al 1897 risale il primo tentativo di applicazione, da parte della Bianchi, sul manubrio, di un motore alla bicicletta (monocilindrico, valvola di aspirazione automatica, trasmissione a catena, accensione a chalumeau), cui seguirono dal 1900, nel nuovo e più grande stabilimento di via Bixio, la produzione di motocicli ad accensione con rocchetto Rumkorf e batterie ad interruttore. La prima autovettura da parte della Bianchi venne prodotta nel 1899 con propulsione di un motore De Dion da 3 e 1/4 HP.
Nel 1897-1898 la ditta definì la ragione sociale in “Edoardo Bianchi Milano, EBM, Esercizio pel Commercio di Velocipedi”.
È quindi in questo contesto storico, culturale e industriale che prende vita la stupenda bicicletta Bianchi Modello D che vedete in queste pagine. Non è da considerarsi un velocipede di esordio nella produzione italiana dell’epoca, ma bensì un primo punto di arrivo, somma dell’esperienza acquisita in termini di progettazione e sviluppo da parte di un’azienda, la Bianchi, con già ben quindici anni di lavoro e “know how” alle spalle, al punto da arrivare a esportare all’estero modelli come la Bianchi Medusa, destinata al mercato anglosassone, di cui abbiamo parlato nel numero 34 di Biciclette d’Epoca.
TECNOLOGIA D’ECCELLENZA
La commistione di materiali da produzione estera – quindi importata – è ancora ben evidente su questo modello di bici, ma soprattutto nel telaio si possono già intravvedere l’eleganza, la stile e l’essenzialità che contraddistinguerà i velocipedi Bianchi negli anni a venire.
Il telaio è imponente, a diamante, di chiara derivazione corsa pista, senza parafanghi. Molte le note tecniche interessanti, a partire dal freno a pressello anteriore, detto “a tampone”, duplice, in gomma, tipo Clement (Francia), direttamente sulla ruota, con leva freno al manubrio, lavorata ad S, a presa diretta, con trasmissione rigida, con tirante fisso su “bussola” registrabile con dado. Possibilità di aggiungere, in post produzione a richiesta del cliente, un freno posteriore Bowden fascettato al telaio, in modo da ottimizzare le prestazioni di frenata.
Manubrio di origine francese con manopole in bachelite, con lampada ad olio “a molleggio”. Pignone, a scatto “fisso” su ruota posteriore a passo Abbington. Corona della guarnitura di derivazione francese, verosimile Peugeot. Monta cerchi in acciaio Dunlop 28″ x 1 3/8 con raggi sfinati, saldati ad ottone sugli incroci (usanza di quei tempi per ottimizzare la resistenza ed equilibrata degli stessi). Rarissimi mozzi (40 posteriore, 32 anteriore) e movimento centrale con oliatore marcati con un trifoglio riportanti la dicitura EBM (Edoardo Bianchi Milano). Pedali Bianchi, a sega in ferro con oliatore, fine Ottocento inizi Novecento, ancora senza marchio ufficiale Bianchi. Sella in cuoio primi Novecento, su riccioli, marchiata Bianchi, su stelo reggisella ad “expander”, senza quindi bullonatura di fermo sul telaio.
UN LUNGO RESTAURO
Questa bici, così come la vedete, è tornata a risplendere dopo più di un anno di maniacale lavoro di restauro, conservativo. Una bici storica, forse fra le più vecchie del marchio Bianchi attualmente conosciute, esposta nel Museo Bicicleria di Vicenza, gemella del velocipede esposto nel Museo della Scienza e della Tecnica di Milano.
“Chapeau Monsieur Bianchì”: così direbbero, forse invidiosi, i nostri cugini francesi! Ma forse lo diciamo anche noi, perché questa bici da ammirare lascia letteralmente senza parole.
A cura di: Mario Cionfoli e Alessandro Granatelli Collezione: Museo Bicicleria Vicenza FB: bicicleria
Scheda tecnica
Marca: Bianchi
Modello: D
Anno: 1901
Telaio: in acciaio a diamante
Cerchi: Dunlop in acciaio 28″ x 1 3/8
Mozzi: 40-32 marchiati EBM
Pedali: a sega in ferro con oliatore
Freni: ant. a tampone in gomma, post. Bowden a fascetta (opzionale).
Corona: derivazione francese tipo Peugeot
Pignone: a scatto fisso passo Abbington
Sella: in cuoio marchiata Bianchi
Faro: a olio a molleggio