Scrivi Maino e pensi a Costante Girardengo. Scrivi Maino e pensi a Learco Guerra.
Questi due grandi campioni hanno scritto la storia della gloriosa marca e del ciclismo stesso. La Maino però non è stata solo Girardengo e Guerra. Tutto nasce dall’intuizione di Giovanni Maino (1872), piemontese di Spinetta Marengo, alle porte di Alessandria. È proprio Alessandria, nella seconda metà dell’Ottocento, il centro del mondo ciclistico. Qui nel 1867, al ritorno dall’Expo di Parigi, l’imprenditore birrario Carlo Michel porta un velocipede Michaux.
Racconta Gino Cervi: «Nel 1888, per soddisfare le richieste di sempre più numerosi praticanti, viene costruita una pista all’ombra delle mura bastionate, in zona porta Savona, quartiere periferico in espansione che prenderà il nome proprio dalla presenza di quell’impianto in terra battuta, il primo velodromo in Italia ad avere le curve sopraelevate. […] Nel 1898 Alessandria viene scelta come sede dell’UVI, l’Unione Velocipedistica Italiana, nata tredici anni prima per riunire in federazione nazionale tutte le società velocipedistiche: il grande lavoro di organizzazione e di promozione sportiva dei dirigenti alessandrini – Carlo Cavanenghi, Mario Bruzzone, Pilade Carozzi – viene così premiato con un riconoscimento nazionale. E in quegli anni, fino all’inizio della Grande Guerra, Alessandria sarà sempre un punto di riferimento delle più importanti gare nazionali su strada».
La cittadina piemontese è il fulcro del mondo della bicicletta. In questo humus cresce e sviluppa la sua idea Giovanni Maino. Nel 1893 (a poco più di 20 anni) fonda la sua prima azienda. Sarà solo nel 1896 (il 25 febbraio) che metterà in piedi la «Giovanni Maino» in società con Luigi Cornaglia. L’oggetto sociale riporta: «vendita e riparazione di velocipedi e articoli inerenti allo sport ciclistico». Il sodalizio con Cornaglia non supera i due anni e la società si ricostituisce il 13 aprile 1898, questa volta tra Giovanni Maino e Umberto Pizzorno. Le traversie societarie si concludono solo nel 1903, quando anche Pizzorno recede dalla società e Maino resta da solo.
SUBITO IN CORSA
L’imprenditore alessandrino in questi anni si è già messo in scia a quanto sta maturando in Lombardia, dove altri importanti marchi stanno fiorendo, seguendo il percorso tracciato da Edoardo Bianchi nel 1885: Olympia (1893), Velo (1894), Dei (1896), Frera (1897). Già nel 1899 la Maino & C. è in grado di pubblicare un proprio catalogo, con all’interno la foto del pistard Pietro Aghemio, vincitore su bicicletta Maino delle più importanti corse di dilettanti del 1898.
Giovanni capisce presto che per far crescere la sua fabbrica ha bisogno di far conoscere le sue biciclette e la forte attenzione popolare per le corse è un ottimo trampolino pubblicitario. Nasce la sua squadra corse, caratterizzata dalle maglie grigie. Il primo campione che porta una vittoria di peso sarà Giovanni Gerbi (di Asti) nel 1903, quando conquista la Milano-Torino. L’anno successivo, lasciato andare Gerbi, Maino ingaggia il grande avversario del Diavolo Rosso, Giovanni “Manina” Cuniolo, di Tortona. Il giovane corridore lo ripaga con il trionfo nella Coppa del Re. Sarà solo nel 1905 che Maino deciderà di affiancare alla produzione una vera e propria squadra corse. Ingaggia il milanese Diego Conelli e il già citato Pietro Aghemio, oltre a Giovanni Savarro ed Enrico Brusoni. Il Diavolo Rosso tornerà sotto le insegne grigie in quel 1905 vincendo il primo Giro di Lombardia. L’astigiano farà la fortuna della Maino, riportando vittorie illustri in sella alle biciclette alessandrine: 1906, Giro del Piemonte; 1907, Roma-Napoli-Roma; 1908, Giro del Piemonte.
La popolarità della Maino è grande in quel periodo e molti i corridori italiani e stranieri passano sotto i suoi vessilli. Nel 1910 il francese Beugendre si afferma nella prima edizione della corsa internazionale Genova-Nizza. Nello stesso anno vengono lanciati i giovani Agostoni, Robotti, Bailo, Garda, Torricelli e Cassini, che vincono nel 1911 le più belle gare dell’annata. Ma l’anno che segnerà un’epoca per la squadra dei grigi è il 1912. In quella stagione fa il suo debutto tra i professionisti un giovanissimo Costante Girardengo (1893) da Novi Ligure. Il diciannovenne al suo primo anno è subito vincente, primeggiando nella Coppa Bagni di Casciana Terme.
Sempre al 1912 risale l’aneddoto che riguarda Maino e la squadra di calcio US Alessandria, appena formata. Giovanni Maino, entusiasta di questa nuova realtà sportiva, volle contribuire a suo modo offrendosi di fornire le divise alla squadra e da allora il colore ufficiale fu sempre il grigio, come quello delle maglie della squadra ciclistica. In quella stagione il Giro d’Italia si disputa a squadre, l’unica edizione nella storia della corsa rosa, ed è vinto dai Moschettieri dell’Atala (di cui abbiamo parlato su BE47).
La Maino, visti i risultati commerciali derivanti dal successo dell’Atala, decide di allestire la squadra per partecipare all’edizione del 1913. Si punta su Carlo Oriani, resistente corridore che ha già partecipato al Giro dimostrando di avere qualità per ben figurare: quinto nella prima edizione del 1909 e undicesimo nel 1911. È reduce poi dall’affermazione nel Giro di Lombardia su Stucchi. Anche se la classifica è tornata individuale – a punti – l’idea di una squadra non è dispiaciuta. Del resto da anni gli squadroni francesi come Peugeot e Alcyon applicano questa tattica al Tour de France: un capitano e tutti gli altri al suo servizio. La Maino sarà la prima ad attuarla in Italia.
L’esempio ce lo racconta Carlo Delfino nel suo “Diario di un Routier”, ispirato alla vita di Clemente Canepari, nell’ultima tappa con arrivo a Milano: «L’importanza del gioco di squadra si evidenzia più che mai nell’ultima tappa che presenterà un andamento battagliero. La situazione è questa: Oriani punti 23; Azzini Giuseppe punti 37; Pavesi 43. La corsa corre tranquilla fino a Desenzano del Garda, dove il capoclassifica Oriani fora. Chiaramente si scatena il putiferio con Pavesi e Azzini, ai quali non sembra vero di poter prendere il largo. Ai due si aggiungono Ganna, Albini e il sottoscritto. Intanto Agostoni e Bordin passano le ruote allo sfortunato Oriani, mentre Girardengo e Torricelli si impegnano al massimo nell’inseguimento ai fuggitivi attaccanti. Quando poco prima del ponte sull’Oglio avviene il ricongiungimento, Ganna e Azzini girano la ruota per usufruire di un rapporto più duro, ma in quel mentre i tre della Maino, proseguendo sullo slancio, allungano decisamente portandosi dietro me, Pavesi, Cervi e Contesini. Lo spettacolo che diede la Maino in quegli ultimi cento chilometri fu entusiasmante. Girardengo impostava delle trenate di sette-otto chilometri, altrettanto Torricelli, mentre Oriani vigilava alle spalle; ma nessuno sarebbe stato in grado di rientrare. […] Voglio ribadire ancora il concetto che avevamo assistito alla vittoria di tutta l’equipe, pur senza sottovalutare il rendimento di Carlo Oriani, classe 1888, che vinse il Giro senza vincere neppure una tappa».
In quella stagione Costante Girardengo vince la sua prima maglia di Campione Italiano (4 ottobre, Alessandria), battendo in volata il compagno di squadra Lauro Bordin, e la Roma-Napoli-Roma. Al Campionato Italiano si ripeterà l’anno successivo (11 ottobre, Alessandria) davanti all’altro grigio Luigi Lucotti, a cui aggiunge la Milano-Torino. Dopo queste vittorie la Maino è costretta per i venti di guerra a chiudere la squadra.
LA RIPARTENZA
Nel 1920, quando tutti ripartono, si costituisce la “Giovanni Maino-Fabbrica di velocipedi”, che vede il fondatore in società con l’ing. Giuseppe Brezzi e Germano Illario. La Maino resta fuori dalle competizioni per qualche tempo. Nel 1922 si ricostituisce la squadra, ma senza particolare fortuna. L’affermazione più importante di quell’anno avviene grazie a Pietro Bestetti nella Coppa Cavacciocchi. A Maino è chiaro che per riprendere a vincere, e di conseguenza a vendere biciclette, ci sia bisogno di tornare a puntare su un campione. Il suo pupillo, Girardengo, quell’anno si è accasato con la Bianchi e sta portando trofei su trofei: Giro di Romagna, una tappa del Giro d’Italia, Giro dell’Emilia, Corsa del XX Settembre, Giro di Lombardia e l’ormai usuale Campionato Italiano.
Tra i due c’è sempre stato accordo e l’imprenditore riesce a strappare il corridore alla concorrenza. Girardengo si dimostra all’altezza delle aspettative. Nel 1923 vince la Milano-Sanremo, il Giro d’Italia (con 8 vittorie di tappa e davanti a Brunero per 37”) e il Campionato Italiano. La squadra dei grigi ritorna a far sventolare la sua bandiera e propone a Costante un nuovo contratto di due anni (come riporta Vittorio Varale nella biografia sull’Omino di Novi). Nel 1924 la Maino, insieme alle altre squadre, non partecipa al Giro per problemi con gli organizzatori. Non mancano però le vittorie, con Girardengo sempre mattatore: Giro del Piemonte, Giro della Toscana, Giro del Veneto, il Campionato Italiano e, soprattutto, il Gran Prix Wolber, all’epoca considerato il Campionato del Mondo non ufficiale.
Nel 1925, all’apice del successo, la Maino apparentemente scompare dalla scena. La quasi totalità della squadra corse, compreso Girardengo, confluisce nella Wolsit (sottomarca della Legnano) che sta costruendo uno squadrone. La Wolsit chiude la sua esperienza nel 1927 e dal 1928 la squadra di Alessandria tornerà alle competizioni con la propria marca, ancora una volta con Girardengo come capitano. Un terzo periodo, questo, che sarà particolarmente luminoso.
Quell’anno Costante, a 35 anni, vince la sua sesta Milano-Sanremo battendo il Campione del Mondo Binda, mentre per Negrini due vittorie di prestigio come il Giro di Romagna e la Roma-Napoli-Roma. Antonio Negrini, oltre a essere un valente corridore sarà anche uno dei più importanti gregari di Girardengo. La stella di Gira è ormai al tramonto, anche se di ritiro è ancora presto per parlare. Comincia intanto una seconda carriera per lui, in un ruolo inedito, tra l’osservatore e l’allenatore, oltre che come azionista della società Maino. Sarà lui a vedere in Learco Guerra il possibile antagonista di Binda e lo farà mettere sotto contratto.
La prospettiva di Girardengo per un futuro fuori dalle corse passa anche dalla conoscenza tecnica, mai svincolata dall’amicizia con Maino. Sarà lo stesso imprenditore alessandrino a raccontare che quando il Campionissimo tornò dalla Germania, dove aveva accettato di correre alcune gare in maglia Opel (1928), i due passarono giorni in officina a sezionare la leggera bicicletta tedesca che il corridore si era portato a casa. Smontare per studiare e apprendere i segreti di quei telai così leggeri e resistenti («si sa, i tedeschi con l’acciaio ci sanno fare», chiosava l’industriale). Girardengo si trasforma di fatto nel direttore sportivo in corsa della Maino e conserva le sue apparizioni come corridore quasi esclusivamente per la pista.
Nel 1929 entra in squadra Luigi Giacobbe, uomo da grandi giri, ma sarà Pietro Fossati a dare il maggior successo di stagione con il Giro di Lombardia. Il 1930 è il primo anno in cui Learco Guerra mostra la sua forza al mondo. Vince la Predappio-Roma (all’epoca corsa del Campionato Italiano), arriva secondo al Tour de France con la squadra nazionale, ma soprattutto diventa Campione Italiano interrompendo il dominio di Alfredo Binda. È una Maino, questa, in grado di duellare alla pari con i grandi squadroni come la Legnano e la Bianchi. Con Raffaele Di Paco in grigio sono molte le vittorie che passano dai suoi sprint.
Nel 1931 Guerra vince la prima maglia rosa del Giro nella volata di Mantova sempre con Binda. Riconquista il titolo nazionale e compie l’impresa di vincere il Campionato del Mondo in Danimarca, l’unico tenutosi fino ad allora a cronometro. Il 1932 è l’ultima stagione di Negrini con i colori Maino: lascia il segno vincendo il Giro di Lombardia. Il dominatore è sempre Guerra: Giro della Campania, Giro della Toscana e 5 tappe del Giro d’Italia (e nuovamente Campione Italiano).
Anche il 1933 in grigio è sempre sotto il segno di Guerra, che apre la stagione con la vittoria alla Milano-Sanremo e la chiude con la quarta maglia consecutiva di Campione Italiano. La Maino torna a trionfare al Giro d’Italia nel 1934, sempre per mano (o per ruota) di Learco Guerra. Quell’anno furono 17 le vittorie di Learco, con ben 10 tappe nella corsa rosa. L’ultima grande stagione di Guerra è il 1935. Ancora in maglia Maino ottiene 8 vittorie (5 tappe al Giro) tra cui il Giro della Campania, la Milano-Modena e il Giro di Romagna. Nello stesso anno, sempre in maglia grigia, Vasco Bergamaschi fa suo il Giro d’Italia (con due tappe) davanti a Martano e Giuseppe Olmo.
LE ULTIME IMPRESE
Siamo però al termine della grande avventura della squadra corse Maino. Il 1936 sarà infatti l’ultima stagione prima della guerra per i grigi. Pur con Giacobbe e Guerra in squadra, l’alloro più prestigioso sarà quello di Renato Scorticati nel Giro del Veneto. È anche l’anno dell’addio alle corse di Girardengo, che partecipa un’ultima volta al Giro d’Italia. Nel 1937 Giovanni Maino ritira la squadra dalle competizioni. Nel 1939 liquida anche la società, che viene acquistata dalla Rizzato di Padova, la quale mantiene in funzione l’unità produttiva ad Alessandria fino al termine della Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra la fabbrica piemontese viene chiusa, mantenendo però commercialmente attivo il marchio. Per due anni, tra il 1948 e il 1949, il grigio della maglia Maino torna a farsi vedere in gruppo. La maggiore affermazione del periodo risulta quella di Fermo Camellini nella Waalse Piji.
Nel febbraio del 1956 muore Giovanni Maino. Al suo funerale partecipa commosso anche Girardengo. Ma la Maino sopravvive, in qualche modo, al suo fondatore. Ci sarà ancora una squadra negli Anni ’60 (stagioni 1964 e 1965) a rinverdire questa gloriosa marca. Nel 1964 Aldo Moser sarà terzo nel Giro di Toscana, mentre l’anno successivo Domenico Meldolesi vincerà il Gran Premio Ceprano e la decima tappa del Giro d’Italia, da Messina a Palermo. La Maino, durante i suoi vari periodi agonistici, ha conquistato 226 vittorie, tra cui spiccano quattordici Campionati Italiani, quattro Giri d’Italia, 5 Milano-Sanremo, 7 Giri del Piemonte, 4 Giri di Lombardia, 3 Giri di Toscana, 4 Giri del Veneto, 4 Giri della Romagna e molte classiche in linea. Dalle idee di un giovane alessandrino, che curava le biciclette come abiti di sartoria, alle grandi imprese di Girardengo e Guerra, la Maino ha tracciato un solco, una sottolineatura in grigio, nel libro della storia del ciclismo.
Foto: Archivio Fotografico Carlo Delfino