Fino al 1949, anno della prima accoppiata di Fausto Coppi al Giro e al Tour, si era sempre sostenuto che fosse impossibile partecipare con ambizioni di successo a entrambe le più importanti corse a tappe.
Solo Gino Bartali ci era andato molto vicino nel 1937 ma senza riuscirci. Quando nel 1938, dopo aver rinunciato al Giro, si impose per la prima volta al Tour de France, destò stupore perché risultava essere, in quasi 40 anni di storia, il primo e unico ad aver vinto Giro d’Italia e di Francia pur in due anni diversi: nessuno dei pionieri prima di lui aveva mai siglato l’una e l’altra corsa. A fare classifica nelle due massime competizioni a tappe ci avevano provato Bottecchia, qualche francese, Binda e Guerra. Anche grandi studiosi di ciclismo, come Colombo e Ambrosini, sostennero sempre che le due corse fossero incompatibili. I due “guru” dell’anteguerra, infatti, pontificarono in un opuscolo del 1933, supplemento del Secolo Illustrato (Guerra e gli Italiani al Giro di Francia), che il Giro poteva giusto servire da “allenamento” per il Tour se “corso col freno a mano tirato” come fece, appunto, Bottecchia nel 1923 o Magne nel 1931.
DOPPIETTA ’49
Potete quindi capire la sorpresa, lo stupore e l’entusiasmo che suscitò Fausto Coppi nel 1949 con la sua doppietta vincente. Dopo essere uscito dal Giro in condizioni smaglianti (abbiamo parlato sul numero 37 di Biciclette d’Epoca della Cuneo Pinerolo stradominata…), colui che non era ancora il Campionissimo si porta al Tour, dopo l’accordo “federale” di Chiavari, con i gradi di Capitano al pari di Bartali, vincitore l’anno prima. La corsa di Fausto non si mette tanto bene in quanto accumula, nelle prime tappe, svariati minuti di ritardo per poi recuperare prodigiosamente nelle lunghe cronometro, nella tappa di Briancon e in quella di Aosta. Lo stesso Bartali, all’età veneranda di 35 anni, tra cento polemiche, si rassegna a questo strapotere e, come al Giro, guadagna la seconda moneta. Fu un grande trionfo del ciclismo nazionale e una “sconfitta” della fisiologia dello sport e della stampa specializzata, che avevano posto come incompatibili tra loro le due massacranti corse a tappe.
DOPPIETTA ’52
Dopo due stagioni sfortunate e interlocutorie, la supremazia di Coppi si ripropone nel 1952. La stagione di Fausto parte in sordina. Secondo alla Roubaix, quarto al Giro della Svizzera Romanda e terzo al Giro dell’Emilia, in quanto il Campionissimo preferisce monetizzare in pista e nei circuiti. Poi esplode al Giro, prevalendo, come suo solito, nelle crono e in montagna. A Bolzano, dopo 276 chilometri, infligge cinque minuti al “vecchio” Bartali, ormai vittima designata ma sempre orgogliosa. Il Giro è vinto con 9’18” su Magni. Al Tour si assiste a un dominio assoluto. Coppi scriverà delle pagine immortali come nella Losanna – Alpe d’Huez e nella Bourg d’Oisans – Sestriere, trionfando anche sui Pirenei e al Puy de Dome. Il secondo in classifica, Stan Ockers, arriverà a Parigi con quasi mezz’ora di distacco. Un dominio imbarazzante. Per chi volesse approfondire, la bibliografia storica di Coppi a tale riguardo è infinita.
Per un’altra doppietta Giro-Tour bisognerà aspettare più di 10 anni, precisamente fino al 1964, quando il normanno Jaques Anquetil riuscirà nell’intento, non soggiogando i rivali come Coppi ma sfruttando la sua regolarità. Altre accoppiate: Merckx (1970/1972/1974); Hinault (1982/1985); Roche (1987); Indurain (1992/1993); l’indimenticato Pantani (1998). Con “il Pirata” si conclude la serie delle “doppiette” inaugurata da Fausto Coppi 70 anni fa. Valutando adesso l’andamento di un ciclismo votato alla “super-preparazione/specializzazione”, pare quasi impossibile trovare un altro “Campionissimo” che sappia replicare Giro e Tour a così breve distanza. Forse è giusto così.