Nel 1953, dopo un esaltante Giro d’Italia culminato nella spettacolare impresa dello Stelvio, Fausto Coppi punta tutto sui Mondiali del 30 agosto in quel di Lugano.
Percorso duro, 270 chilometri per 18 giri del circuito con la temibile Crespera, salita di 2 chilometri con la pendenza media del 6%. Il dislivello totale è importante, ma quello che conta maggiormente è l’avere in dote un notevole fondo e una immancabile brillantezza. Per preparare degnamente la prova iridata, Fausto e i suoi gregari spariscono dalle “corse che contano“ e programmano un’estate ricca di circuiti in cui fare il ritmo-gara, ma si sobbarcano anche lunghi allenamenti di squadra sui saliscendi dell’ovadese e della Riviera anche col doppio Giro di Acqui e del Sassello. Binda, ultimo vincitore italiano del Mondiale (Roma 1932), designa, non senza polemiche, Coppi capitano unico per riportare in Italia quel titolo che manca da più di vent’anni.
Le cose si mettono subito di buon auspicio per i colori azzurri: i dilettanti, infatti, conquistano con Filippi e Nencini i primi due gradini del podio. Il giorno fatidico dei professionisti si presentano al via in 70 mentre ai bordi delle strade svizzere si riversano migliaia di appassionati, tanti dal vicinissimo confine lombardo. I titolari della maglia azzurra sono: Coppi, Defilippis, Fornara, Gismondi, Magni, Petrucci, Rossello Vincenzo e Astrua. Fausto parte con un caschetto alla belga che verrà poi sfilato a metà gara.
I primi due giri sono caratterizzati da un’andatura a strappi, andatura che fa attestare la media sui 39. A sorpresa si fanno vedere in testa Astrua e, per la prima volta sulle scene internazionali, Charly Gaul, un lussemburghese che lascerà negli anni a seguire un segno importante nella storia del ciclismo. Al 4° giro si portano in fuga il belga Debaere e l’olandese Breenen ma gli azzurri controllano agevolmente, anche se Magni e Petrucci rendono al di sotto delle attese. Quando al 13° giro attacca la coppia francese di Bobet e Varnajo, gli italiani rispondono e Coppi, sulla Crespera, forza il ritmo sgretolando il plotone. Gli resiste soltanto il belga Derijcke mentre il “Cit” Defilippis manca l’aggancio per pochissimo. I due fuggitivi vanno di conserva mentre dietro la squadra nazionale fa buona guardia soprattutto con un instancabile Gismondi e un commovente Rossello.
Derijcke, provato dalla fatica, non tira un metro e al penultimo giro Coppi lo lascia sui pedali andando incontro alla maglia dell’arcobaleno. Negli ultimi 20 chilometri rifila al belga la bellezza di 6 minuti. Quarto arriva il fedelissimo Gismondi e quinto Nino Defilippis. Come disse giustamente un giornalista: «Non era la maglia iridata che mancava a Coppi ma era Coppi che mancava all’iride». Il più commosso all’arrivo era il massaggiatore Cavanna che aveva fortemente creduto nel successo del suo pupillo. Con la maglia di Campione del mondo seguirono dozzine di kermesse in pista, premiazioni e passerelle a cominciare da quella delle Cascine di Firenze il 1 settembre. Ma forse non tutti sanno che Fausto il giorno dopo il Mondiale, in commossa solitudine, portò i fiori e la maglia sulla tomba di Serse, indimenticato fratello deceduto troppo presto.