Il velocipede ha l’indubbio primato di essere il più antico mezzo di trasporto individuale non a trazione animale e questa sua caratteristica porta l’appassionato a indagare periodi storici lontani anche più di 200 anni.
L’evoluzione della bicicletta, infatti, s’incrocia ed evolve con le vicende economiche, scientifiche e politiche di moltissimi stati. Dal punto di vista della ricerca storica si assiste così a una frammentarietà e confusione di informazioni, dovuta anche al fatto che spesso le applicazioni delle invenzioni scientifiche compaiono quasi contemporaneamente in paesi e contesti molto diversi tra loro. Indagare e accertare la verità storica diviene così, oltre che un dovere, anche una necessità.
Un grande contributo in questo senso viene dalla ICHC (International Cycling History Conference), che dal 1990 costituisce il forum mondiale per eccellenza finalizzato allo scambio di informazioni e ricerche e alla condivisione del lavoro di studiosi e appassionati. Quest’anno il nostro paese avrà la fortuna di ospitare a Cremona, dal 13 al 16 maggio, l’annuale convegno di questa organizzazione che ha sede negli USA e che, come vedremo, ha una reale utilità culturale. Partiamo da un esempio concreto.
Se chiediamo a uno studioso di velocipedi quando l’illuminazione elettrica ha iniziato a interessare la bicicletta, avremo in genere come risposta: «Nel primo decennio del ‘900 con la produzione francese di dinamo, forse Berko». Invece non è affatto così. Grazie al lavoro di ricerca di cinque appassionati tedeschi (Dieter Oesingmann, Gerd Böttcher, Gerhard Eggers, Ernst Althöfer e Heinrich Bültermann-Hagedorn) presentato a Londra durante la Conferenza mondiale ICHC del 2018, scopriamo che sui bicicli a ruota alta l’illuminazione elettrica generata da una dinamo era già stata inventata nel 1886 da Richard Weber (Lipsia, Germania 1857-1940).
È noto che le prime applicazioni di illuminazione elettrica per velocipedi erano state sviluppate attraverso l’impiego di batterie che però rendevano l’intero sistema molto pesante e con scarsissima autonomia. Il principio scientifico e le prime esperienze di generazione della corrente elettrica attraverso la dinamo erano state formulate e testate, proprio in Germania, da Werner von Siemens nel 1867. Poi, verso la metà degli Anni ’80 dell’800, si sviluppò la discussione sulla possibilità di applicare un generatore di corrente al biciclo, e fu Weber attraverso il suo brevetto inglese n. 5078 a ideare il “generatore elettrodinamico”, che venne chiamato “Excelsior-dynamo”. Ci sarebbe da chiedersi se il nome sia frutto di un caso o voglia essere un richiamo al ballo Excelsior di Romualdo Marenco, la cui prima rappresentazione si tenne alla Scala nel 1881. In questa pièce musicale, infatti, si mette in scena la lotta e la vittoria del progresso scientifico contro l’oscurantismo.
UN’INVENZIONE… BRILLANTE!
La dinamo di Weber era montata sulla forcella anteriore e traeva il moto del rotore dal contatto con lo pneumatico della ruota anteriore. L’energia era generata dalla bobina avvolta intorno a un’anima di ferro a forma di ferro di cavallo, completamente visibile e non incapsulata in nessuna struttura di protezione. Nel 1887 Weber depositò un nuovo brevetto di perfezionamento del precedente, testandone egli stesso il prototipo, che generò corrente per far funzionare la lampadina per oltre un’ora. Questo infatti era il limite di durata delle lampadine a incandescenza, il cui filamento, assoggettato alle vibrazioni della bicicletta, tendeva a rompersi. Comunque, secondo quanto affermato dall’inventore, la luce generata era brillante e iniziava a dare il massimo splendore a una velocità di 12 km/h anche se già a 1 km/h emetteva una luce giallognola ben più forte dei fari a petrolio.
Nel maggio del 1887 comparve un avviso pubblicitario sulla rivista ciclistica tedesca “Das Radfahrer” nel quale Weber si presentava come un inventore e uomo d’affari in cerca di capitali per poter dar avvio alla produzione industriale della dinamo. Sul finire del 1887 ottenne, sempre in Gran Bretagna, il brevetto 16603, nel quale la bobina era potenziata e incapsulata all’interno di un’armatura metallica che ne costituiva il guscio di protezione, creando così una dinamo dalla strabiliante modernità. Alla fine di febbraio del 1889 Weber era presente con un proprio stand all’expo ciclistico della sua città. Tuttavia, dalla guida dell’esposizione, apprendiamo che si limitò a esporre lampadine per bici e macchine fotografiche. Viene così da chiedersi come mai l’inventore della dinamo non proponesse questo geniale accessorio all’expo ciclistico. Cosa non aveva funzionato? Non era riuscito a trovare dei partner finanziatori o c’era qualche altro problema? La verità è forse quella emersa nel 1987, cent’anni dopo, quando un piccolo gruppo di appassionati costruì la dinamo del brevetto 16603 rispettandone le specifiche e notando che la produzione di energia non aveva l’amperaggio sufficiente a generare la corrente necessaria per creare una luce brillante sufficiente all’accensione della lampadina.
Si dovrà così aspettare il nuovo secolo per vedere perfezionata la dinamo. Grazie anche a una più evoluta tecnologia dei materiali, la bicicletta riuscirà ad abbandonare le luci a candela e a petrolio, mentre per almeno un ventennio la concorrenza tra lampadina e faro ad acetilene resterà ancora – è proprio il caso di dirlo – molto accesa.