Sin da quando è comparsa nel 1817 in forma di Draisina, la bicicletta si è evoluta costantemente e quest’evoluzione prosegue, nonostante si pensi sempre che non ci sia più niente da aggiungere (o da togliere), fino ai giorni nostri. Per evoluzione si intendono non solo gli accorgimenti tecnici ma anche i modi di interpretare il mezzo a due ruote.
Nella sua genesi è stato un oggetto del divertimento per nobili e “teste matte” ma poi, non appena è diventata accessibile a tutti, c’è stato un salto di qualità che ha visto nascere due sostanziali scuole di pensiero: gli agonisti e i cicloturisti. L’agonismo è nato nelle piste come alter ego delle corse dei cavalli (splendida la definizione di Brera per la bicicletta: l’anticavallo), poi si è evoluto con le gare su strada, in linea e a tappe, e con la nascita delle varie federazioni. Discorso più complesso per il cicloturismo, il ciclismo ricreativo meno legato a luoghi, percorsi, date ed enti, anche se per questi si sono rivelati di grande utilità la nascita dei vari “Touring Club”, dapprima in Inghilterra e poi in Francia e in Italia.
Questo doveroso cappello serve a introdurre un personaggio che è stato padre indiscusso del cicloturismo. Un uomo che da quando ha scoperto la bicicletta ha dedicato tutta la vita a questa meravigliosa macchina. Ne ha scritto, ha studiato gli accorgimenti tecnici e soprattutto ha scoperto la Francia, sua nazione, pedalando in tutte le direzioni. Paul de Vivie, meglio conosciuto come Velocio, è stato un uomo raro e insolito, un personaggio dalle molteplici sfaccettature, potremmo definirlo l’apostolo del cicloturismo, il suo instancabile sbandieratore. Ha esaltato i benefici del ciclismo sul corpo e sulla mente (mens sana in corpore sano) e ha ispirato e continua a ispirare generazioni di ciclisti.
De Vivie nasce il 29 aprile del 1853 a Pernes-les-Fontaines in Provenza. Di lui sappiamo che dopo gli studi liceali cominciò a lavorare come intermediario nell’industria della seta, lavoro che lo fece viaggiare spesso in Inghilterra, che all’epoca aveva un’industria ciclistica all’avanguardia. Evidentemente qui scoccò la scintilla che accese in Velocio il desiderio. All’età di ventotto anni l’esperienza che gli rivoluziona la vita: pedala su un grand-bi. Considera subito il mezzo rivoluzionario ed è convinto che avrà un ruolo sociale ed economico determinante nel futuro. Per prima cosa crea un’agenzia per distribuire le biciclette inglesi in Francia. Poco dopo, nel 1887, fonda la rivista “Le Cycliste” e ne fa la bandiera del ciclismo per il tempo libero. Su queste pagine conierà la parola “cyclotourisme”, di cui firmerà l’atto di nascita. Testa quanti più prodotti possibili sul mercato e ne scrive sul giornale, inoltre immagina continuamente nuove applicazioni per il mezzo a due ruote creando servizi innovativi come il noleggio, la consegna di pacchi e il bici-taxi. Ma Paul non si accontenta d’importare le bici, e quindi avvia la propria fabbrica fondando il marchio “La Gaulouse” a Saint-Étienne, già sede dell’Hirondelle. Sua l’idea del deragliatore, lui il primo a montare due pignoni sullo stesso lato del mozzo posteriore prima e due sulla guarnitura poi. Inoltre, aveva già immaginato le piste ciclabili e la bicicletta elettrica.
L’UOMO AL CENTRO
Dopo aver perfezionato la macchina si concentra sulla “macchina uomo”, allarga i suoi orizzonti sull’igiene e la dieta, diventerà un convinto vegetariano. «La salute è il nostro bene più prezioso», proclamerà in tutte le occasioni. Quindi crea il personaggio di Velocio, lo pseudonimo col quale si firma nella rivista e che significa banalmente “colui che va veloce in bici”. Filosofo che fa della sobrietà il proprio stile di vita, per lui la bici è uno strumento capace di indurire il corpo elevando l’anima. Ormai è un volano che non si ferma più e crea dei grandi raduni che si tengono in estate. Un uomo innamorato della natura, dotato di profondo umanesimo, spinto a esercitare un’attività socialmente utile che ci appare quanto mai attuale.
«Dopo una lunga giornata in bicicletta mi sento rinfrescato, purificato in pace con il mondo», questo scrive Velocio. E ancora: «Domare questo cavallo d’acciaio dà una sensazione di libertà unica. Non è contro gli altri che bisogna lottare, è contro sé stessi, migliorando la propria condizione personale». In queste parole è riassunto il Velocio-pensiero, che si contrappone a quello di Henri Desgrange, primo uomo a stabilire il Record dell’Ora e padre del Tour de France. Ed è proprio con Desgrange che Paul avrà per tutta la vita un rapporto conflittuale del quale parleremo più avanti.
Tra le varie escursioni ve ne sono alcune che hanno fatto storia. Nell’estate del 1900 assieme a due compagni percorre 660 chilometri e 9000 metri di dislivello in quattro giorni tra Francia, Svizzera e Italia. L’anno dopo scala il Mont Ventoux (è stato uno tra i primi ciclisti ad averlo fatto), nel 1903 lo accompagna Marthe Hesse, prima donna a raggiungere la vetta e proprio sul “monte calvo” c’è una targa a ricordare a chi lo scala l’illustre predecessore. È in questo periodo che scrive i 7 comandamenti del ciclista che abbiamo raccolto in un box in queste pagine.
Dal 1900 Paul raccoglie intorno a sé un piccolo gruppo di giovani che condividono le sue convinzioni sul cicloturismo e sul vegetarianismo. Per Velocio è una scuola di energia fisica e morale, è un approccio che si rifà ai filosofi greci e intende dimostrare sul campo che si possono percorrere grandi distanze in bici. «Il segreto della felicità sta nel comprendere la bellezza della natura e la bicicletta è un mezzo di scoperta», e quindi un’estensione del proprio corpo e uno strumento di percezione del mondo.
Purtroppo questa scuola vivrà il proprio momento di gloria fino all’inizio della Prima Guerra Mondiale, poi scemerà. Con una borsa da manubrio piena di barrette a base di prugne, questi ragazzi sono capaci di percorrere tappe da 300 km alla media di 20 km/h senza affaticarsi eccessivamente.
RIVALITÀ E UTOPIA
Ma torniamo un attimo al rapporto tra Desgrange e Velocio. I due hanno concezioni molto diverse del ciclismo, ognuno incarna a modo suo i campi che all’epoca si scontrano: il ciclismo agonistico e quello per il tempo libero. Il primo è per il cambio fisso e disprezza i cambi di marcia: chi ricorre a questi marchingegni aggira le difficoltà del campione, bara, sono cose «per ragazze e asmatici». Per il secondo il cambio è fondamentale per risparmiare inutili fatiche e per scalare le salite senza dover scendere di bicicletta. Per uno il cambio favorisce la propensione dell’uomo alla pigrizia, per l’altro è una leva per vincere la resistenza di ogni genere che la strada ci oppone. I litigi tra i due andranno avanti per decenni. Trincerati nelle proprie posizioni, non smetteranno di lanciarsi frecciatine attraverso i rispettivi giornali. Nel 1907 Desgrange inviterà il “nemico” a partecipare al Tour per dimostrare la superiorità delle proprie idee. Paul brucia dalla voglia di bagnare la propria maglia di sudore ma, fiutando la trappola, risponde che potrà vederlo al via il giorno in cui altri cinquantenni si presenteranno. Per il Tour dovremo aspettare il 1937 per vedere il cambio in corsa, dove oltretutto trionferà Lapebie, un convinto vegetariano… aveva vinto Velocio.
Ma Paul si espone anche in altri ambiti. Sollecita gli industriali di Saint-Étienne a sviluppare la produzione di biciclette, consentendo così di abbassare il prezzo delle stesse e dando lavoro tutto l’anno ai dipendenti. Egli non cerca la propria fortuna ma desidera esercitare un’attività che è anche sociale. La città ha già una potente industria metallurgica e, per la legge dei grandi numeri, più bici si producono meno sarà il loro costo di vendita. Grazie alla sua caparbietà, agli inizi del 1900 Saint-Étienne diventa la roccaforte del ciclo francese. Il numero di ciclisti in Francia triplicherà e in soli due anni il prezzo di una bicicletta sarà dimezzato.
Parallelamente Velocio si impegna a fondo nella rivista che ha ideato, tiene alla propria indipendenza e non scende a compromessi quando deve criticare certe soluzioni tecnologiche. Questa morale tuttavia spaventa gli inserzionisti che sovente ritirano le loro pubblicità. Su Le Cycliste si trova di tutto: dalle recensioni delle bici alle cartine stradali, dalle informazioni turistiche alle poesie sulla bicicletta. La rivista ha abbonati anche nel Regno Unito, in Svezia, Russia e Argentina. Sulla base di questo entusiasmo crea, nel 1904, i primi “Meetings du Cycliste” per riunire la comunità dei suoi lettori. Sulle sue innumerevoli invenzioni, invece, deposita alcuni brevetti ma non sfrutta le sue invenzioni. Altri, più abili negli affari, lo faranno al suo posto.
Purtroppo il destino bussa alla porta di Velocio la mattina del 27 febbraio 1930. A 77 anni è un uomo pieno di vita che esce dal palazzo dove vive ancora immerso nei propri pensieri, l’inseparabile bicicletta è condotta a mano visto il gran traffico per la strada tra auto e tram. Un’auto lo colpisce al braccio e lo fa cadere, un tram lo investe… Per quattro giorni combatterà con tutte le forze, ma il quinto giorno le condizioni peggioreranno e renderà la propria anima a Dio. Paul avrebbe voluto essere cremato per poi avere le proprie ceneri sparse in cima al Mount Ventoux, ma la moglie, cattolica devota, preferì una sepoltura cristiana.
Il 22 marzo del 1931 una grande folla si accalcò in cima al Col du Grand Bois per assistere all’inaugurazione della stele di granito eretta in memoria di Velocio. Il monumento è ancora oggi il punto focale del “Velocio day” organizzato ogni anno dai volontari del “Comitato Velocio”, che sono riusciti a preservarne lo spirito originario. La formula è sempre la stessa: una cronoscalata per categorie aperta a tutti che si svolge in un clima fraterno. Nel giugno del 2022 si è celebrato il centenario.
Questo missionario della bicicletta seminò ovunque andasse ed ebbe la soddisfazione, prima di morire, di veder germogliare i frutti di questo lavoro: la pratica della bici contribuì a democratizzarne l’uso. È stato un filantropo disinteressato che non si è mai preoccupato del guadagno ma ha lasciato un immenso tesoro. Ha segnato il ciclismo dandogli orizzonti ben più ampi e creativi rispetto alla nicchia ristretta regolamentata dalle competizioni. Come ebbe a dire uno dei suoi discepoli: «Nessuno come lui ha portato la bicicletta così in alto».
I comandamenti di velocio
- Soste rare e brevi, per non far scendere la pressione.
- Pasti leggeri e frequenti consumati prima di aver fame, bere prima di aver sete.
- Mai arrivare a una stanchezza anormale che si traduce in mancanza di appetito e sonno.
- Coprirsi prima che ci si raffreddi, scoprirsi prima che ci si surriscaldi e non aver paura di esporre la pelle al sole, all’aria, all’acqua.
- Rimuovere dall’alimentazione vino, carne e il tabacco.
- Non forzare mai, rimanere nei propri mezzi soprattutto nelle prime ore in cui si è tentati di sforzarsi troppo perché ci si sente pieni di forze.
- Mai pedalare per amor proprio (inteso come gloria personale).