Dall’archivio storico di Paolo Amadori riceviamo due lettere di Umberto Dei. La prima lettera autografa firmata su stupenda carta intesta della omonima ditta; la seconda dattiloscritta e firmata su carta intestata Unione Veterani Ciclisti Italiani.
Le missive sono indirizzate entrambe all’amico Camerani di Ravenna. Una spedita da Genova Pegli, località di mare dove l’industriale trascorre gli ultimi anni di una meritata pensione, l’altra da Milano. Nelle righe, scritte con una grafia e una correttezza sintattica unica, vengono ricordati i suoi inizi di corridore ciclista, l’educazione ricevuta dal padre, le gare al Trotter di Milano e a Porta Nuova, a Ravenna, con Tommaselli e Ferrari. Una testimonianza unica e commovente di Umberto Dei uomo, sportivo e industriale.
Umberto Dei, di cui abbiamo parlato ampiamente su BE40, nacque a Monzano di Jesi il 25 luglio 1879. La famiglia si trasferì a Milano quando aveva tre anni. Prima della fine del 1800 era già un abile meccanico (e si può supporre dalle notizie che leggiamo che nella sua prima officina vendesse i bicicli usati costruiti dalla ditta Greco) e un ottimo velocipedista. Nel 1896 il padre, convinto dalla passione per la meccanica del giovane Umberto, e con la supervisione del sig. Bellini, lo spinse a dare il via a un’officina in via San Vito, dove iniziò a produrre cicli di pregevole fattura, soprattutto da corsa e da pista.
Fu innovatore sul piano tecnico con forcelle elastiche, telai a cerniera, manubri speciali girevoli e allungabili. Lui stesso fu collaudatore dei suoi mezzi meccanici, diventando pistard apprezzato e di grandi doti dal 1896 al 1905. Percorse in lungo e in largo l’Europa sempre assorbendo tecnologia e novità. Nel 1903 partecipò ai Campionati Mondiali professionisti di velocità su pista a Copenaghen. Qualche anno dopo terminò anche gli studi in medicina e chirurgia.
Con la Squadra Corse di Umberto Dei corsero Singrossi, Conelli, Bixio, Verri, Polledri, Piani, Linari, Giorgetti, Kauffmann e Severgnini. Mise in palio anche premi per il primo Giro d’Italia del 1909. Dopo la grande guerra si dedicò sempre di più all’industria perfezionando bici speciali di lusso, da viaggio e da turismo, che furono richieste in tutto il mondo, pur mantenendo un certo primato nelle macchine a pedali per gli sprinter. Questi oggetti, di una perfezione assoluta, furono richiesti dalle federazioni ciclistiche straniere e negli Anni ’40 impiantò una fabbrica in Bulgaria. Sempre attento al mercato e alle novità si trasferì come abbiamo detto in Liguria, dove morì alla veneranda età di 96 anni.
PRIMA LETTERA
Milano 9 novembre 1932. XI.
Egregio Signor Domenico Camerani
Ravenna
Carissimo Consocio,
alla Sua gentilissima e affettuosa dell’8 corr. voglio sperare che avendo rimandato, come da circolare che le verrà spedita contemporaneamente, la Sagra, (riunione conviviale dei Veterani Ciclisti – ndr) Ella potrà parteciparvi e darmi il piacere di poterla salutare di presenza.
Se non Le sarà proprio possibile venire a Bologna, io non mancherò, in primavera, di venire a salutarLa a Ravenna, dove prevedo passare nell’interesse della mia Ditta.
Lei nulla deve per la medaglia e mi permetto ricordarle che la quota che dovrà all’Associazione, negli anni venturi, è limitata a L. 10.
Come può immaginare mi fa piacere saperla possessore di una bicicletta di mia marca che mi auguro le serva perfettamente e che non le sia necessario alcun pezzo di ricambio, ma nell’eventualità, voglia rivolgersi al figlio del povero Bravetti, pregando questi di comunicare alla mia Ditta che il pezzo occorrente, da sostituire, serve per la bicicletta di un amico personale di Umberto Dei.
La rievocazione della manifestazione in Ravenna nel 1901 mi ha fatto piacere per sentirmi così bene ricordato da uno sportivo che oggi fa parte del Sodalizio che ho l’onore di presiedere.
A proposito delle gare di Ravenna voglio confidarLe, forse peccando di presunzione, che dovevo figurare meglio, perché sulla pista, in cemento, del Trotter, Tommaselli e Ferrari ogni qual volta facevano delle volate brevi, non riuscivano a rimontarmi completamente, mentre io riuscivo a rimontare loro. Raramente, alla vigilia di prove importanti, mi sentivo tanto bene e sufficientemente allenato (mentre solitamente non potevo prepararmi seriamente per le molteplici occupazioni) e solamente per aver mangiato delle nocciuole, eccessivamente, ebbi disturbi viscerali da togliermi ogni spirito di combattività e di ogni fiducia e se questo non bastasse, la pista in terra, poco scorrevole e l’allentamento, o meglio lo spostamento della sella per rispondere ad un attacco di Ferrari, mi tolse ogni probabilità di figurare discretamente.
Come vede ho ancora la civetteria di dare delle spiegazioni per i miei mancati successi, me se avessi taciuto questi miei ricordi, avrei mancato a quel piacere delle confidenze, ispirate da sensi di amicizia.
Le ripeto che mi auguro di vederLa a Bologna e in ogni caso a Ravenna. Mi abbia con tutta cordialità
Suo aff. amico
Umberto Dei
LETTERA 2
Pegli, 10 marzo 1962
Caro Camerani,
mi scusi se usufruisco della carta da lettere della vecchia ditta, ma anche lei è purtroppo di stampo anziano e non può condividere l’uso extra moderno di bruciare tutto ciò che è vecchio, mentre è tuttora servibile.
Mio padre acquistò dalla ditta Greco i bicicli usati per pochi scudi, per ognuno, perché già i bicicli nuovi avevano dei miglioramenti. Alleggeriti, freno, supporto a bacchetta perché potesse reggersi in piedi senza appoggiarli; inoltre qualche casa Inglese aveva fatto il telaio (Quadrante) con la ruota posteriore più bassa di quella anteriore. Io devo a mio padre che apprezzava quegli oggetti sorpassati, se ho vissuto una vita ideale come sportivo e come industriale (superiore alle mie doti) iniziandomi col biciclo che poco costava.
Guai a me se avessi rifiutato il vecchio usato biciclo (senza freno, con ruote montate con raggi diretti, mentre poi ebbero le ruote con raggi più sottili, incrociati, ecc. ecc.).
Le restituisco la cartolina del dott. Vassura e le unisco una copia fotografica della paginetta dell’opuscolo. Volendo assolutamente donare il porta ritratto e non trovandolo della grandezza della esatta riproduzione (fotocopia, ho dovuto far meglio e ridurre fotograficamente la paginetta per contenerla nello spazio libero del porta ritratto).
Dopo 16 giorni e cioè solo oggi posso riprendere la lettera e scriverle a causa dell’assenza del dott. Vassura da Bologna mentre io volevo approfittare della mia risposta a Lei e comunicarle che il dottore aveva ricevuto il porta ritratto e la fotocopia.
La lettera del sig. Vassura mi ha commosso e non voglio rinunciare a trasferire a Lei qualche frase tanto benevole ben conoscendo la gentilezza del suo animo per me.
La ringrazio assai per il gentile pensiero di inviarmi una sua fotografia. Mi è così consentito di rivederla, almeno in effige (la sua fisionomia non mi è nuova, avendola già ammirata nelle riviste sportive).
Mi complimento per il suo aspetto fisico e per la serenità e per la vitalità che traspaiono dai lineamenti e dall’espressione del suo volto. Come medico non posso che interpretare in senso prognostico ottimo quei segni, che giustificano la mia convinzione che ancora per lunghi anni il Touring e l’ U.V.I. dovranno attendere le cose che Lei intende destinare loro.
Anche a Lei mando una copia di una mia foto e intanto le rinnovo le mie scuse per il ritardo, dovuto alla mancata riposta da parte del dott. Vassura.
Sentitamente la saluto
Umberto Dei
chi era DOMENICO camerani
Domenico Camerani di Ravenna era un corridore pistard di inizio Novecento. Coetaneo di Angelo Gardellin (in foto), atleta tra i più rappresentativi del periodo d’oro del ciclismo su pista di quel periodo. Camerani divenne in seguito Commissario di Gara. A metà degli Anni ’20 fu Presidente della Federazione Ciclistica Italiana. Fu anche membro del Touring Club e dell’Unione Veterani Ciclisti Italiani, di cui Umberto Dei era Presidente.