Leggenda vuole – ma in realtà lo riportano anche le cronache dello storico romano Tacito – che Velleda fosse una sacerdotessa druidica dei Germani, popolo con cui i Romani guerreggiarono nei secoli tra la fine della Repubblica e per tutta la parabola dell’Impero.
Poco incline a subire la dominazione di Roma, Velleda predisse la sconfitta delle legioni imperiali nel 68 d.C. e per questo divenne influente e rispettata, nonché simbolo della lotta contro le catene che i conquistatori volevano imporre ai popoli liberi al di là del Reno. La storia ci racconta come furono proprio le sconfitte contro i Germani a segnare l’inizio del declino della più grande civiltà che la storia ricordi. Forte di questo auspicio, la francese Métropole, con sedi a Parigi e Saint Etienne, volle erigere Velleda a simbolo della propria battaglia per “spezzare” la catena utilizzata per la trasmissione del movimento dai pedali alla ruota posteriore che, sul finire dell’Ottocento, era un vero e proprio giogo per i ciclisti. E questo grazie a un brevetto del 1894 (British Patent 18.122) di Paul Malicet ed Eugéne Blin, residenti ad Aubervillers, quartiere della capitale francese, che un anno dopo la sua invenzione negli Stati Uniti introdussero in Europa la loro versione di un nuovo sistema di trasmissione: il giunto cardanico.
Oggi sappiamo che la battaglia degli imprenditori francesi è miseramente fallita e che la catena, ovviamente molto più performante rispetto a quelle in uso oltre un secolo fa, si è affermata come soluzione tecnologica regina nel campo della trasmissione per biciclette e motociclette. Al cardano restano spazi residuali come nel caso delle BMW, che dagli Anni ’20 circa del Novecento impiegano tale soluzione, mentre nelle biciclette è sostanzialmente scomparso. Sul finire del XIX secolo, però, le prospettive erano molto differenti, sia per il fatto che non era ancora stato raggiunto uno standard definitivo per quanto riguardava il passo della catena (Humber, Renold, ma anche molti altri senza nome adottati in maniera autonoma dai vari produttori), sia perché dal punto di vista delle prestazioni c’erano ancora moltissimi problemi, con tantissimi casi di rottura e malfunzionamento. Ecco che quindi il cardano poteva essere la soluzione a tutti i mali.
LIBERA DALLE CATENE
Con “Velleda” furono quindi chiamate le Métropole cosiddette “Acatène”, ovvero senza catena, disponibili in vari modelli, compresi quelli da pista, da viaggio, da signora, ecc. Métropole si attivò per una campagna pubblicitaria magniloquente di cui ci restano oggi numerosi esempi, arrivando a commercializzare le proprie biciclette anche fuori dalla Francia. In Italia il rappresentante generale era J. Wollmann di Padova, che sul catalogo dell’epoca sbandierava orgoglioso come nessuna Acatène avesse avuto problemi di trasmissione per gli anni 1897/98, oltre a una serie di vittorie in corsa. Veloce e affidabile, insomma, ma nonostante questo destinata a essere tolta dal mercato nel 1907, quando la produzione e il sogno di soppiantare la catena s’interruppero.
Oggi però resta un altro sogno ai collezionisti, quello di mettere le mani su uno di questi rari e bellissimi esemplari di Métropole Acatène Velleda, veri e propri unicorni nel settore in grado di suscitare ammirazione anche agli occhi di persone completamente scevre di cognizioni tecniche sul ciclismo d’epoca, tanta è la bellezza di questi mezzi. Tra i fortunati che possono vantare un esemplare simile nella propria raccolta c’è Luca Dolorati, collezionista e restauratore di Ferrara, che con questa Métropole ha partecipato al Concorso d’Eleganza AVI di Saronno del 24 aprile scorso, aggiudicandosi il premio per “Miglior Bicicletta ante Anni ’20”. Quella di Luca verso la sua Velleda è una vera storia d’amore che ci ha raccontato con grande trasporto.
«Coltivo da circa 15 anni la passione per il ciclismo d’epoca», racconta Luca, «e a un certo punto mi sono posto l’obiettivo di andare sempre più indietro nel tempo, includendo nella mia collezione qualche bicicletta dell’Ottocento. Ho quindi avuto modo di trovare questa Acatène da un collezionista di Piacenza e ho subito pensato che facesse al caso mio. Avevo però anche l’obiettivo che la bicicletta fosse pedalabile, cosa che purtroppo non era nel momento in cui l’ho portata a casa».
Sebbene infatti le condizioni generali fossero già ottime, grazie a una riverniciatura e una nichelatura rifatte verso la fine del Novecento, tutta la meccanica della Métropole era da registrare: mozzi molli, cardano con gioco, cerchi storti. Ecco che quindi Luca si è messo in prima persona a occuparsi del restauro, uno degli aspetti più belli di chi condivide la passione delle biciclette d’epoca. «Per rendere utilizzabile la Velleda ho dovuto eseguire una revisione completa di tutte le parti meccaniche, cardano compreso», racconta Luca. «C’era qualcosa che non mi tornava e alla fine mi sono accorto che nel movimento c’era una sfera in più, cosa che ne impediva regolazione e funzionamento. Una volta sistemato questo, il resto è stato un po’ più semplice».
BELLEZZA OTTOCENTESCA
La bicicletta è databile verso fine Ottocento, indicativamente al 1897, come testimoniano la ruota fissa e le pipe con becco a papera in uso in quell’epoca. Un numero di telaio stampigliato su diversi i pezzi ne certifica l’originalità, cosa che possiamo dare per certa per pedivelle, pedali, carter dei cardani (una vera rarità). Molto interessante è il sistema di piastrine posteriore che fa da centratura e posizionamento della ruota e che insiste sugli ingranaggi del cardano che, a seconda della dimensione installata, permettevano di variare il rapporto. Chi la usava in città poteva permettersi di acquistare una bici più veloce, mentre verso le montagne veniva installato alla vendita un rapporto più agile.
La necessità di Luca di avere un mezzo pedalabile ha richiesto qualche intervento che ha modificato la configurazione iniziale della bicicletta, pur mantenendone le caratteristiche di coerenza. «La trasmissione a scatto fisso era l’unico modo per frenare», ci dice Luca, «e sinceramente era davvero poco efficiente per usare la bici in strada. Così, approfittando del fatto che il manubrio fosse fissato a fascetta e che ci fosse un foro all’interno del cannotto di sterzo, ho applicato un freno a tampone azionato a stantuffo, grazie a un pomello centrale in legno». Una soluzione che peraltro era adottata su altri modelli della Velleda, come quelli da turismo. «Anche il faro non era inizialmente previsto su questo modello. Addirittura, ho trovato la bici che montava un portafaro di tipo moderno! Per questo, ho deciso di sostituirlo con un più coerente faro a candela da forcella, coevo con l’età della bicicletta». Anche la sella è stata sostituita con una coeva rifoderata, tipo Christy, dato che quella originale era inutilizzabile.
Contemporanei, invece, e unica concessione al “nuovo” sono i cerchi Ghisallo, modello Vintage con rinforzo interno in carbonio. Una scelta che Luca ha operato sempre in termini di usabilità del mezzo. «Il rinforzo interno rende la ruota più resistente e il gonfiaggio migliora la tenuta. Ho scelto un colore adatto e ho eseguito personalmente la raggiatura, operazione che ho imparato a fare da solo. Complessivamente, tutti gli interventi che ho fatto mi hanno permesso di poter utilizzare tranquillamente questa bicicletta vecchia di oltre 120 anni, e personalmente sono molto soddisfatto».
Ci associamo alla soddisfazione di Luca Dolorati, perché questa Métropole Acatène Velleda è un esemplare straordinario, riportato con pochi, mirati interventi praticamente al suo stato originale. Non solo colpisce l’occhio, ma il fatto di poter essere pedalata ancora oggi testimonia quanto fossero di pregio, innovative e pensate per durare nel tempo le biciclette di oltre un secolo fa che – a differenza delle auto – possono ancora essere utilizzate con piacere sulle strade di oggi anche tutti i giorni.
Collezione e foto: Luca Dolorati
Scheda tecnica
Marca: Métropole
Modello: Acatène Velleda
Anno: 1897
Telaio: in acciaio
Trasmissione: a cardano con scatto fisso
Freno: anteriore a tampone (aftermarket)
Cerchi: Ghisallo Vintage in legno con rinforzo in carbonio (aftermarket)
Faro: a candela su forcella (aftermarket)
Sella: tipo Christy rifoderata (aftermarket)