Se andiamo indietro fino alle origini della produzione ciclistica italiana, tra i primi marchi importanti nei quali c’imbattiamo troviamo Frejus, azienda fondata a Torino dal giovane Emmo Gelfi, allora ventitreenne, nel 1896 in Piazza Statuto 11 – 13, storica sede nella quale sarebbe rimasta fino alla metà del XX secolo.
Erano anni pionieristici in cui a piccoli produttori locali si alternavano grandi marchi in grado di produrre in serie biciclette di varia tipologia, dalla corsa al passeggio. Frejus un paio di decenni più tardi – come Bianchi, Umberto Dei e Legnano – sarebbe diventato uno di questi ma, pur arrivando a realizzare un numero consistente di esemplari, mantenne per diversi anni un approccio artigianale, al punto che anche tra i modelli usciti dalla fabbrica con lo stesso nome si possono vedere piccole differenze nella realizzazione del telaio a seconda del terzista al quale era stata affidata la costruzione dello stesso.
Si da subito, comunque, Frejus si distinse per la produzione di biciclette da corsa arrivando, verso la metà degli Anni ’30 del Novecento, a fornire alcuni professionisti, come accadde per esempio con un giovane Gino Bartali al Giro d’Italia nel 1935, nel quale vinse la classifica degli scalatori. È in questo contesto che s’inquadra la Frejus Modello A Campione del Mondo Super Corsa del 1934 che vedete in queste pagine. Il titolo di “Campione del Mondo” di cui poteva fregiarsi era dovuto alle affermazioni di Giuseppe Martano ai Mondiali dilettanti del ’30 e del ’32. La bicicletta si basa su un telaio Specialissimo Corsa nichelato opaco ben conservato e numerato 15644, cifra che ci permette di datarlo con precisione, anche se il ’34 è indicato anche sulle calotte del movimento centrale e sugli assi dei mozzi.
Si tratta di una bicicletta che è rimasta in produzione per diversi anni e che veniva fornita da Frejus in una configurazione base sulla quale si potevano poi applicare diversi accessori, come per esempio un tendicatena Vittoria – assente in questo restauro – che permetteva senza allentare i galletti di variare i tre rapporti a ruota libera al posteriore, dove troviamo anche un pignone a scatto fisso da selezionare con il classico giro-ruota.
COMPLETAMENTE MARCHIATA
Uno degli aspetti più interessanti di questa Modello A è la marchiatura Frejus di quasi tutte le componenti. Si parte dai pedali a sega per poi passare ai bellissimi freni a mensola, dotati di una molla di ritorno inferiore e brevettati Frejus. Marchiati sono anche i mozzi, le pedivelle, le calotte del movimento centrale e la sella, prodotta da Selle Italia. Molto rari, anche perché fragili e quindi difficili da far arrivare intatti ai giorni nostri, i galletti serra ruota, anch’essi marchiati che costituiscono una vera chicca per questo restauro. I cerchi sono in legno e sono in linea con il modello originale anche se la raggiatura nera non era prevista. Pipa e piega manubrio in duralluminio, invece, non sono marchiati ma testimoniano la ricerca della leggerezza tipica dei modelli corsa. Sono presenti ingrassatori sui mozzi, sul movimento centrare e anche un oliatore a goccia per catena nella parte inferiore del tubo sella.
La Frejus Modello A, come molte delle biciclette da corsa di quell’epoca, poteva essere dotata di parafanghi per essere utilizzata anche in maniera più quotidiana. Questo ottimo restauro conservativo, anche se non li mostra, ci permette di avere un’idea precisa di come la bicicletta uscisse dalla fabbrica di Torino, dandoci una chiara fotografia di quelle che erano le soluzioni tecnologiche adottate sui modelli italiani da corsa negli Anni ’30.
Collezione e foto: Piero Cazzolla
Scheda tecnica
Marca: Frejus
Modello: Modello A Super Corsa Campone del Mondo
Anno: 1934
Trasmissione: giro-ruota scatto fisso e 3 pignoni ruota libera
Telaio: in acciaio nichelato opaco
Mozzi: marchiati Frejus
Freni: a mensola brevettati Frejus
Sella: Italia marchiata Frejus
Pedali: a sega marchiati Frejus
Piega e pipa: in duralluminio