Nel 1960 Gastone Nencini ha 30 anni, età importante per un ciclista.
Non è più il puledro del 1955, come lo definì Anna Maria Ortese nelle sue cronache per L’Europeo. La delusione di quel Giro perso per una foratura e il contemporaneo attacco congiunto di Coppi e Magni è stata in parte mitigata dalla vittoria del Giro del 1957. Il 1960 vede ultimo volo dell’Airone. È come se, il 2 gennaio, la morte di Fausto segnasse anche la fine di un’epoca. Sono già partite le sponsorizzazioni sulle maglie delle squadre, felice intuizione di Magni. Gastone è uno dei nostri migliori atleti, ma non gode di unanime considerazione. Si allena forte durante l’inverno. Su e giù tra Firenze e il Mugello e poi nel Chianti, le stesse strade che avevano visto il passaggio di Bartali, Martini e tanti altri toscani. Lo disegnano come burbero, tanto da meritarsi il soprannome di Mistero, ma è una maschera che in corsa serve per proteggersi. In realtà è un cavaliere da Chanson de Geste, dei cantari cavallereschi, da affiancare ad Astolfo e Orlando. Combatte le sue epiche battaglie per amore. In quell’inverno del 1960 Gastone, infatti, scopre l’amore della sua vita, Maria Pia, e rinasce. Dietro ogni ciclista c’è un uomo, non va mai dimenticato, e un uomo innamorato è capace di grandi imprese, che nel ciclismo si esaltano ancor di più essendo così vicine all’epica cavalleresca.
Gastone è un ciclista maturo, all’apice della carriera, corre per uno degli squadroni del momento, la Carpano del torinese Vincenzo Giacotto, con tanto di maglia a strisce bianconere che richiamano quella della Juventus. Il patron avrebbe l’ambizione di fare di Torino la capitale dello sport con la Vecchia Signora in vetta al campionato di calcio e la sua Carpano squadrone a caccia dei grandi giri. Così l’Italia, mentre piange la scomparsa di Fausto, s’interroga anche su chi potrà raccoglierne l’eredità. Forse Ercole Baldini, che nel biennio ’56/’58 aveva stabilito il Record dell’Ora e aveva vinto Mondiale e Olimpiade? Gastone non se ne cura, corre e si allena, col cuore sempre rivolto a Firenze.
PARTENZA DA URLO
Corre e comincia presto a vincere: sabato 22 febbraio, vittoria al Gran premio di Nizza. Sabato 19 marzo: raggiunto a 20 chilometri dall’arrivo della Milano – Sanremo. Mercoledì 23 marzo: vittoria nella tappa di Firenze (davanti alla sua Maria Pia) della Mentone – Roma. Domenica 27 marzo: secondo in volata, dietro Carlesi, sul traguardo di Reggio Calabria. Mercoledì 30 marzo: secondo in volata nel Giro della Campania. Giovedì 12 maggio quarto a Montana nel Giro della Svizzera Romanda. Nessuno si aspettava un avvio di stagione così forte e Gastone entra di diritto tra i favoriti dell’imminente Giro d’Italia. Nencini ha un sogno, condiviso dalla sua squadra. Provare a fare la doppietta Giro e Tour nella stessa stagione, cosa riuscita solo a Coppi nel 1949 e 1952. Già vincere un grande Giro sarebbe stato un evento, due di seguito un’impresa per pochissimi che neanche Ginetaccio era riuscita. Ma Gastone ci crede. Ha fatto un inverno perfetto, una preparazione minuziosa come mai in precedenza. Il giornalista Bruno Raschi sulla Gazzetta aveva etichettato Nencini come “perdente finale”, «un combattente virtuoso, ma destinato a soccombere nell’ultimo duello». Fiorenzo Magni, dall’alto della sua esperienza, invece, è uno dei pochi che gli da credito: «Nencini è diminuito in potenza ma cresciuto in ferocia. […] Se dice che bene come quest’anno non è mai stato, bisogna credergli. L’uomo non bluffa».
Si, l’uomo, innamorato, non bluffa. Adesso oltre al fisico anche la testa è leggera e pronta alle battaglie e alle vittorie da dedicare alla sua amata. Di nascosto però; questo amore clandestino non può essere ancora svelato, l’esperienza di Coppi e della Dama Bianca è lì a ricordarlo. Ma Gastone è tranquillo, basta stare attenti e poi Firenze lo ama.
IL GIRO
Arriva il Giro, edizione 43. Partenza da Roma ed arrivo a Milano. Va ricordato come il 1960 sia anche anno olimpico e che Roma ospiti l’edizione di quell’anno. È anche il preambolo del Centenario dell’Unità d’Italia. Motivi più che sufficienti per Vincenzo Torriani per far partire quell’edizione dalla città eterna. I francesi, con Jacques Anquetil in testa, sono tra gli avversari più pericolosi che si sono presentati alla partenza. Jacquot è tirato a lucido dopo un Romandia corso come rifinitura al Giro. In un’intervista dichiara, rispondendo a chi gli chiede dove si possa vincere il Giro, che i colli appenninici iniziali insieme alle crono – ben quattro quell’edizione – potrebbero essere un ottimo trampolino di lancio. Accenna al Gavia, di cui gli hanno parlato, ma non la ritiene centrale nel suo percorso verso Milano e la maglia rosa finale.
Gastone e la sua Carpano sono guidati da Ettore Milano, storico gregario di Coppi. La squadra vede come seconda punta, o meglio come battitore libero, Nino Defilippis, mentre l’ossatura è composta da belgi “assetati di vittorie”. Anche la EMI di Charly Gaul e Aldo Moser è squadra da temere, mentre con Re Jacques ci sono il veloce Darrigarde (Campione del Mondo a Zandvoort l’anno precedente) e Stablinsky (vincitore della Vuelta nel 1958 e prossimo campione nazionale francese). La Legnano schiera Imerio Massignan e la Ignis Ercole Baldini.
Nella quinta tappa, Pescara – Rieti, si affronta la scalata al Terminillo, dove è Gaul a vincere il GPM. In discesa Gastone si scatena e il solo Carlesi gli resta a ruota. Nencini vince la volata a due di Rieti. Van Looy, Gaul ed Anquetil arrivano con 21” di ritardo. Jacquot è in testa alla classifica generale ed ha 2’ di vantaggio su Gastone. Il francese ha retto in salita grazie ai gregari, non sono bastati 20 km di discesa al toscano per prendere la maglia. Gastone ha una dedicata speciale da fare per la vittoria di tappa, ma la tiene nel proprio cuore.
Il giorno dopo Anquetil perde la maglia perché una fuga bidone arriva al traguardo di Rimini: il belga Hoevenaers si veste di rosa. Il Giro è molto tirato, le tappe con i colli appeninici sono adatte alle imboscate e Gastone non si tira indietro. Correre così però è molto dispendioso. In Toscana – la sua Toscana – Nencini affronta il momento più duro. È caduto a Firenze (proprio nella sua città!) e il telaio della sua bicicletta è piegato. La squadra non sta meglio, tra cerotti e ritiri. Restano pochi gregari al servizio di Gastone, pochi contro l’armata di Anquetil.
Nencini è di pessimo umore e neanche le sollecitazioni dei fratelli sembrano scuoterlo. Cerca strada dove recuperare terreno, dove attaccare il francese. In Liguria, oltre il passo della Cisa, il nuovo attacco in discesa, sempre su strade piene di pietrisco. Tutti i concorrenti ne subiscono le conseguenze. Nencini e Anquetil forano “soltanto” due volte, Coletto tre volte, mentre Accorsi e Bampi sono caduti e restano contusi. Al termine della discesa sono in due, Van Looy e Nencini, che effettuano una cavalcata in Riviera fino a Sestri (sede della decima tappa). La vittoria, al fotofinish, viene assegnata a Nencini. Per la prima volta è davanti a Re Jacques (48”) e a Gaul (1’28”) in classifica generale. Hoevenaers resta in maglia rosa.
Siamo a metà Giro e davanti ai ciclisti ci sono ancora la crono da Seregno a Lecco (68, infiniti, km) e il tappone dolomitico che include il Gavia. Se per la crono il favorito è il normanno, la tappa di montagna chiama direttamente Gaul e gli scalatori come Massignan. Insomma Gastone deve ancora combattere, ma sa il fatto suo e il cuore è leggero.Tra gli avversari, Guido Carlesi è sicuramente messo bene in Classifica e qualche pensiero di vittoria l’aveva cominciato a fare se non fosse che nella tappa che porta ad Asti cade nella discesa di Sori, buca e arriva al traguardo con tre minuti di ritardo. Addio sogni di gloria. Ma Carlesi è un altro che non si arrende e, seppur fuori classifica, ha in mente di lasciare in qualche modo il segno.
L’ombra del Gavia incombe. Ha nevicato fitto, ma l’amministrazione provinciale di Brescia garantisce la percorribilità della strada. Prima del moloch dolomitico c’è però da affrontare la crono. Anquetil fa sfracelli. Rifila quasi sette minuti a Gaul, che è partito poco prima di lui. Ercole Baldini si ricorda quale grande cronoman sia e vince la tappa. Gastone accusa tosse e gambe molli, prende 4’26” dal francese: non proprio un KO ma poco ci manca. Jacquot conquista la maglia rosa e nessuno sembra in grado di toglierla. Ha ancora la quasi totalità della squadra a disposizione, mentre gli avversari devono arrangiarsi da soli. Arriva la ventesima tappa. Si intravede il Gavia, la cui discesa preoccupa non poco Torriani. Il sindaco di Santa Caterina Valfurva assicura che sarà sistemata in tempo. Gaul medita l’attacco in salita, Nencini in discesa. Poco prima della battaglia i giornali si sbizzarriscono sulla possibile alleanza antifrancese ma ci sono troppe incognite. Gaul e Massignan sono visti, da par loro, destinati alla vittoria del GPM. Si attende Nencini in discesa e, soprattutto, la verifica che la squadra di Anquetil abbia ancora le forze per accompagnare il proprio capitano in salita.
La salita è dura, ma la discesa ancor di più (senza parapetti, con fondo scivoloso per la ghiaia e il ghiaccio). Sono 10 km di discesa dal Rifugio Berni fino a Santa Caterina. Si apprende che Pinella De Grandi, storico meccanico della Bianchi di Coppi, ha consigliato i rapporti ad Anquetil, mentre Nencini ha optato per gomme pesanti, forse meno scorrevoli, ma più resistenti alle forature. L’attesa per la battaglia è grande.
IL GRANDE GAVIA
La Ventesima tappa, Trento – Bormio di 229 km comprende 4 GPM con il Tonale e il Gavia a chiudere. Sul Tonale, terzo passo di giornata, parte Massignan, che ha 7’33” di ritardo in classifica. Gastone non può stare a guardare e il gruppo si frantuma. In cima il gruppo di Nencini, con dentro anche Anquetil, ha un ritardo di 1’35”. Nella discesa verso Ponte di Legno, incredibilmente, il fiorentino non attacca e resta a ruota del francese. Van Looy cade e le forature si cominciano a contare a centinaia. Inizia l’ascesa al Gavia sempre con Massignan davanti, mentre dal gruppo dei migliori escono Gaul e Panbianco. Nencini e Jacquot si controllano. Anquetil è in debito di ossigeno, è molto meno elegante del solito e la bocca spalancata ne trasfigura i lineamenti. Ma Gastone non sta molto meglio, va su più con la forza di volontà che non con le gambe. Riesce a staccare il francese e sul passo ha 15” di vantaggio. Con Anquetil è rimasto Carlesi. Davanti Massignan fora, l’assistenza ritarda e viene recuperato da Gaul. Gastone si lancia, letteralmente, in discesa. Ricorda Arnaldo Panbianco: «Ho capito che stava arrivando [Nencini] dalla pioggia di sassi che mi ha colpito». Nencini è scatenato, vuol conquistare questo Giro per alimentare il suo sogno di doppietta e dedicarlo alla sua bella misteriosa. A metà discesa ha un vantaggio di 2’ su Anquetil, il sogno si alimenta. Il francese in discesa fora e cambia ancora la bici. In Classifica Nencini era partito la mattina con 3’22” di ritardo. Anquetil, nonostante le sollecitazioni che arrivano dalla sua ammiraglia scende con prudenza, non ha intenzione di rischiare.
Alla fine della discesa Gastone ha solo 17” da recuperare ed ha 9 km per arrivare a Bormio. S’inventa una crono solitaria fino al traguardo, dove arriva terzo dopo Gaul e lo sfortunato Massignan, poi attende l’arrivo degli altri. Quarto arriva Panbianco a 2’15”. E dietro? Al termine della discesa Anquetil ha trovato l’accordo e la maligna collaborazione di Carlesi e Coletto, i quali s’inventano una crono a tre degna del Gran Premio delle Nazioni. Al traguardo il verdetto sarà ironico quanto tragico, Gastone perde il Giro per 28”. Nencini si rimprovera di aver perso l’occasione sul Tonale, ma è indubbio che senza l’aiuto dei due italiani al francese la storia avrebbe avuto un altro finale.
Anni dopo, ormai a carriera conclusa, Gastone trovò, insieme al figlio Giovanni, Carlesi in un bar. Gli animi sono ormai pacifici, ma il dubbio di come siano andate realmente le cose ancora turba Nencini. Chiese quindi all’ex collega quanti soldi il francese gli avesse promesso per aiutarlo. Carlesi negò ripetutamente, finché Gastone, esterrefatto, esclamò da buon fiorentino: “allora tu sei stato proprio un bischero!”.
Nencini non ha vinto il Giro, ma c’è andato molto vicino. È stato secondo, il primo degli italiani, non è riuscito a mantenere la promessa fatta alla sua bella per meno di mezzo minuto.
Gastone mastica amaro, ma la vicinanza di Maria Pia lo risolleva presto. Ha, poi, il secondo obiettivo, il Tour. Il 1960 è uno degli ultimi anni in cui il Tour si corre per squadre nazionali, ormai formula superata dalla modernità delle squadre sponsorizzate. È anche l’anno in cui la Federazione si trova in difficoltà nella formazione della Nazionale da mandare in Francia. È nata da poco l’associazione di corridori professionisti (ACCPI), guidata da Cino Cinelli, che fin da subito entra in merito alla questione. Saranno giornate di lunghe discussioni e incontri diplomatici. Non dimentichiamo che in Federazione siede ancora il presidentissimo Adriano Rodoni, poco incline a cedere il potere decisionale. Ma i tempi cambiano.
Il compromesso viene trovato con l’imposizione dell’ammiraglio Alfredo Binda come rappresentante della Federazione e la scelta da parte dei tre capitani (Baldini, Nencini e Massignan) dei propri gregari. Ma è chiaro che sia una Nazionale non coesa come in altre situazioni e Binda avrà il suo da fare per smorzare i contrasti interni. L’ammiraglio depotenziato decide poi per una tattica attendista, lasciando che sia la strada a dare i gradi di capitano unico della squadra. Lui si riserva, come ha sempre fatto, una seconda carta da giocare.
IL TOUR
Il periodo tra la fine del Giro (9 giugno) e l’inizio del Tour (26 giugno) è un momento molto intimo per Gastone e Maria Pia. Trovano tutti i sotterfugi per incontrarsi come gli amanti delle Chanson medievali. Gastone, nonostante la delusione del Giro, è al settimo cielo. È pronto per partire per la Francia e dare battaglia. Dirà poi Ercole Baldini: «Si poteva sgomitare e fare i galletti quanto si voleva, ma poi alla fine ci pensò Gastone a sistemare le cose. Quell’anno non ce n’era per nessuno. Era lui il più forte».
Il Commissario tecnico Francese, Marcel Bidot è costretto a rinunciare ad Anquetil, stanco dell’impresa del Giro e desideroso di tornare alla sua vita mondana, non è interessato a correre il Tour quell’anno. Ma i francesi hanno due corridori su cui puntare, Henry Anglade e Roger Riviére. Il primo è il campione di Francia, il secondo ha vinto tutto tra i dilettanti e a cronometro ha strapazzato Anquetil nel Tour dell’anno precedente. La Nazionale francese gioca in casa ed è la squadra da battere. Gli italiani sono i soliti nemici, da non sottovalutare, soprattutto perché alla loro testa c’è ancora l’ammiraglio Binda che in epoca recente li ha fatti arrabbiare non poco. Il percorso della Grande Boucle di quell’edizione, poi, non risparmia neanche un colle pirenaico: ci sono tutti e fanno paura. La situazione politica francese, dovuta alla crisi algerina, impone una vittoria dei transalpini da dedicare a De Gaulle.
Gastone ha la testa e le gambe in Francia, ma il cuore a Firenze. Scrive appena può all’amata. Gli lascia gli indirizzi degli alberghi dove la Nazionale si fermerà, speranzoso ogni sera di ricevere una lettera profumata. Dalla partenza di Bruxelles, nella prima semi-tappa della mattina, parte una fuga con Nencini dentro, pronto a misurare la consistenza delle ambizioni francesi e degli altri contendenti. Nel pomeriggio una crono individuale dove si mette in evidenza Riviére, detentore del record dell’ora. Le crono non sono amate dal toscano, troppe volte l’hanno allontanato dal successo. Stavolta, però, fa una crono eccezionale. Il francese vince la tappa, ma non è sufficiente per la maglia, che finisce sulle spalle di Nencini. Sa che quella maglia sarà difficile da mantenere senza l’aiuto dei compagni di squadra. Aiuto che, per il momento, non è ancora chiaro se ci sarà; Binda resta sul vago. Nella terza tappa Defilippis vince la volata della fuga, ma Gastone perde la maglia. Non è convintissimo che sia la miglior strategia. Binda però resta dell’opinione che la maglia sia da conquistare in montagna.
Il gruppo perde presto Bahamontes, il primo spagnolo a riuscire a vincere, l’anno precedente, il Giro di Francia. Cade anche Hoevenaers, maglia rosa al Giro e capitano dei famelici belgi. Sempre più si profila lo scontro tra Italia e Francia, tra Nencini, forse, e Riviére (il favorito del commissario tecnico francese). Nella tappa di Dieppe, Gastone incappa in 4 soste, tra cadute e forature, e i francesi attaccano. Nella fuga entra Ercole Baldini mentre Nencini resta in attesa di ordini da parte di Binda, che però, ancora una volta, tentenna. Baldini ha l’occasione per risollevarsi dopo due annate poco brillanti, è il suo momento. Gastone è costretto a mordere il freno. Al termine della tappa trionfo dei francesi che conquistano maglia e tappa mentre Baldini adesso è terzo nella classifica generale.
Gastone è amareggiato. La sera minaccia di ritirarsi, vuole scoprire le carte di Binda. Il vecchio ammiraglio lo rimbrotta, ma cede un uomo del suo scacchiere (Panbianco) in favore del toscano. Il vecchio Alfredo non sembra più in grado di governare la sua nave, continua a temporeggiare, o forse più semplicemente “ha deciso di non decidere”. Baldini è al terzo posto, ma non da sufficienti garanzie e soprattutto la squadra non risulta convinta verso un unico capitano. Ancora una volta, sarà la strada a decretare il più forte: questa è la convinzione di Binda. A Limonges tripletta azzurra (Defilippis, Battistini e Panbianco), poi all’orizzonte si affacciano i Pirenei. Torna la Chanson de Geste, le battaglie dei paladini e la Breche de Roland, il valico aperto con la spada Durlindana. Gastone continua a essere compreso nei tormenti del cavaliere, diviso tra l’amore dell’amata lontana, con il desiderio di rivederla il prima possibile, e l’ardore delle battaglie sui colli nei dintorni di Roncisvalle.
Decima tappa, con arrivo a Pau e con dentro l’Aubisque. Binda “ordina” a Gastone di attendere le Alpi per attaccare. Ma il Leone del Mugello non sente, non ha intenzione di giocarsi il Tour a cronometro, terreno favorevole a Riviére (tappa di Pontarlier, a 3 giorni da Parigi). Gastone ha fatto i suoi calcoli. Per arrivare con qualche possibilità di mantenere la maglia in quella crono deve guadagnare, tra Pirenei e Alpi, almeno 4 minuti al galletto francese. La tappa parte con una fuga, in cui si inserisce Battistini, mentre dietro c’è un controllo serratissimo tra il Leone e il galletto. Nella discesa dell’Aubisque Gastone si riporta sui fuggitivi. A Pau vittoria di Riviére, ma, soprattutto, Nencini torna in giallo. Solo 32’’ dividono il cavaliere toscano dal francese. Continua la disfida; nella discesa del Tourmalet, avvolta dalla nebbia, Gastone avrebbe l’occasione di staccare Riviére, in evidente difficoltà. Ma Nencini è un cavaliere, non infierisce sul nemico malmesso, nonostante lo stupore di Binda. Sull’Aspin Rivière è in fuga, ma Pambianco, Massignan e Nencini lo recuperano e cominciano a scattare a ripetizione. Al termine delle battaglie dei Pirenei Binda sembra aver deciso, Nencini è il capitano su cui puntare per riportare la maglia in Italia.
IL DRAMMA DI RIVIéRE
La corsa prosegue e arriva alla 14° tappa che porta da Millau ad Avignone, la città dei papi, attraverso la Provenza. Sullo sfondo ancora le montagne, stavolta le Alpi. Sul colle di Perjnret controllo di Massignan su un regionale francese. Gastone non si fida e manda Imerio come stopper. La discesa si presenta stretta e ripida. Ancora una volta è lì che Nencini gioca le sue carte. Una discesa questa non meno pericolosa del Gavia. Stavolta, però, il suo avversario non lo molla. Riviére segue il toscano, ne scruta le traiettorie, rimane agganciato con i denti ed i pedali a quella furia scatenata. Gemignani gli ha spiegato come contenerlo ma quanto potrà resistere? Arriverà prima la fine della discesa o l’inevitabile? In una curva particolarmente insidiosa Nencini sbanda sul brecciolino, ma tiene la bicicletta e riesce a continuare. Per Roger, invece, si apre il vuoto e vola fuori strada. Si teme per la sua vita. Viene ritrovato diversi metri più sotto e si capisce subito che, seppur non in pericolo di vita, le sue condizioni sono gravi. Gastone segnala subito ai francesi la caduta, in modo che possano recuperare Roger.
Terminata la tappa le notizie arrivano frammentate, si capisce fin da subito però che la situazione è grave. Si teme prima per le gambe, poi per la schiena. Vengono confermate le fratture delle vertebre lombari. Si cerca con un’operazione di ridurre il danno, ma la sentenza è senza appello: Riviére rischia la paralisi. Come si fa a ripartire da una tragedia simile? I francesi arrivano ad Avignone come un’armata sconfitta, sconfortati e confusi.Manca ancora una settimana di corsa, la strada sembra in discesa per Nencini, il quale però ha imparato a non fidarsi. Gli avversari “sembrano” meno pericolosi, ma gli agguati sono dietro l’angolo. I belgi, sempre affamati come lupi, hanno Adrianssens al secondo posto (2’25”), mentre Battistini è risalito al terzo posto. Binda, come un consumato giocatore, continua a pensare che l’attacco vero alla maglia sia da portarsi sulle Alpi. Del resto Gastone ha fatto a tutta 2/3 del Tour, non sa quante forze abbia ancora a disposizione.
Gap – Briançon, 17° tappa, Souvenir Coppi. La sera prima, nella riunione tecnica, Binda aveva spiegato la sua tattica: nessuna fuga doveva partire prima del Vars. Nencini avrebbe avuto l’appoggio di Massignan, Battistini avrebbe fatto da jolly, mentre gli altri italiani avrebbero controllato gli uomini di classifica.
Tattica già collaudata ai tempi di Coppi e Bartali e che aveva dato i suoi frutti. Da Gap al Vars una processione – a 35 km/h, ma pur sempre una processione – con gli italiani davanti a fare la guardia. Nell’ultimo tratto di salita Imerio scatta, seguito da Battistini (entrambi della Legnano). Sul passo Nencini e il resto degli uomini di classifica hanno un ritardo di 10”. In discesa rallentano tutti e il gruppo si ricompatta. Poi, improvvisa e per questo destabilizzante, la foratura di Nencini. Per un momento si materializza il fantasma del Giro ‘55, ma è solo un attimo, la ruota di Ferlenghi a arriva a dissiparlo. Il tempo di cambiarla che davanti si scatena la caccia. Fuga francese, con dentro il duo Legnano a rompere i cambi. La fuga, però, si sgonfia da sola dopo 15 km, ai piedi dell’Isoard.
Si forma un gruppo con quattro italiani – tra cui il Leone – due belgi, quattro francesi e con l’inglese Robinson come spettatore inaspettato. Nella Casse Deserte l’attacco dei Legnano, in gran giornata. Gastone transita con un ritardo di 25”. Poi la discesa, finora sempre amica, che stavolta gioca un brutto scherzo. Nencini finisce fuori strada, ma, a differenza di Riviére, trova un prato oltre il margine della carreggiata. Rientra rapidamente in strada dopo un passaggio da ciclocross insieme al fido Panbianco. La tappa è vinta da Battistini sul compagno Massignan, Nencini arriva con un ritardo di 27”. La partita a scacchi l’ha vinta Binda, consolidando la maglia e portando altri italiani nella parte alta della classifica. Per Gastone sembra ormai fatta, Parigi non è distante e il distacco in classifica rassicurante. Poi, in modo quanto meno inopportuno e inatteso, Binda rilascia un’intervista, in cui afferma che non è interessato a chi tra Nencini e Battistini vincerà il Tour, l’importante è che sia un italiano a vincerlo.
Il Leone, all’ennesima richiesta di garanzie, riceve dall’ammiraglio risposte incerte. Manca solo la crono di Portalier, lunga 83 km. Gastone, nonostante le traversie, è sicuro di sé e arriva a 2’51” da Graf, uno specialista. Battistini, secondo in classifica generale, chiude a 3’56”. Nencini ha vinto la sua battaglia, le porte di Parigi l’attendono per il trionfo. Ma prima c’è da rendere l’onore delle armi ai vinti. La resa dei francesi viene direttamente dal Re di Francia, il generale De Gaulle alle porte della cittadina di Colombey les Duex Eglies. La corsa viene fermata per onorarlo e lui stringe la mano all’italiano in maglia gialla.
RITORNO A CASA
Adesso c’è da tornare a Firenze, da riabbracciare Maria Pia il prima possibile. Ma il prima possibile dista ancora 15 giorni, dati gli impegni e i circuiti post Tour che attendono il vincitore. Il prima possibile è inizio agosto. Firenze in quegli anni sta vivendo una sorta di Rinascimento moderno. Il sindaco La Pira ne fa città internazionale e di cultura. Nencini, con questa sua vittoria e le imprese di quell’anno, porta il suo contributo. Firenze l’accoglie come un suo figlio illustre, con un corteo che blocca tutte le strade al suo passaggio.
Sullo stesso treno su cui aveva viaggiato Nencini c’era anche Albert Bruce Sabin, medico e virologo polacco naturalizzato statunitense, famoso per aver sviluppato il più diffuso vaccino contro la poliomielite, inviato dalla città di Firenze a ritirare una attestazione di merito che il Comune gli ha conferito. Il Comune aveva inviato due messi ad accoglierlo alla stazione di Firenze per condurlo in Piazza Signoria. La calca e l’entusiasmo per l’arrivo di Nencini, però, fanno dimenticare ai due messi il loro scopo, inducendoli a unirsi alla folla festante. Sabin si trova abbandonato a se stesso e con gran fatica, chiedendo a più riprese indicazioni per raggiungere il Comune, arriverà tardi alla consegna dell’attestato.
Il 1960 di Gastone Nencini è stato eccezionale e resterà nella storia del ciclismo come una delle migliori stagioni assoluto per un corridore. Non fosse stato per quei 28″ al Giro d’Italia che lo hanno separato da Anquetil, il Leone del Mugello avrebbe centrato la storica doppietta Giro – Tour che l’avrebbe accomunato, in quest’impresa, al grande Fausto Coppi. Non è accaduto, ma la grandezza del personaggio rimane. Al Cavaliere del Leone resta un’altra grande impresa, in quel 1960, stavolta unica e irripetibile: il 7 novembre, infatti, nascerà il suo primogenito, Giovanni Battista, a coronamento di quella stagione di corse e di amore per la sua Maria Pia che lo consegnò alla storia.
La bici di Gastone Nencini
Il 1960 è stato senza dubbio l’anno più importante nella carriera di Gastone Nencini. Per dare un’idea di quale fosse il livello tecnico di quegli anni vi mostriamo, direttamente dalla collezione del figlio Giovanni, la bicicletta con cui il Leone del Mugello corse nella seconda parte del 1959. Le bici del 1960 erano identiche tranne che per la guarnitura. Montavano infatti una Campagnolo al posto della Magistroni che vedete in queste foto.
Squadra: Carpano
Anno: 1959
Telaio: Pelà in acciaio
Attacco Manubrio: Nanni Torino
Piega Manubrio: Ambrosio Champion in alluminio
Guarnitura: Magistroni
Corone anteriori: Simplex in alluminio 51/48
Cambio: Campagnolo Gran Sport
Catena: Brampton
Pedali: Sheffield
Freni: Universal brev. 453949
Reggisella: Campagnolo 27 mm
Sella: Brooks in pelle
Misure: 56 cm verticale x 57 cm orizzontale
Di padre in figlio…
Sulla storia di Gastone Nencini al Tour de France 1960 il figlio Giovanni – che ringraziamo per il supporto che ci ha dato nella stesura di questo articolo – ha pubblicato un libro “Sulla cresta dell’onda”, edito da Edizioni Polistampa. Attraverso le lettere di Gastone a Maria Pia e è possibile avere un punto di vista privilegiato di quell’avventura in Francia. A contorno il racconto, immaginario, della corsa fatto tra due due cronisti sportivi francesi.