In Italia, negli Anni ’20 e ’30, molte persone iniziavano a correre in bicicletta, cercando fortuna e sognando una carriera da campione in modo da potersi cosi sollevare dalla miseria ereditata dalla Grande Guerra.
Pietro de Bernardi, classe 1903, all’inizio di quel periodo è un operaio e contadino piemontese della Val d’Ossola, nato nel paese di Tapia ma residente a Villadossola, dove svolge un lavoro duro ma remunerativo: laminatore nella fabbrica “Metallurgica Ossolana”. Alla fine della giornata in fabbrica passa al lavoro nei campi a Valpiana, località in provincia del Verbanio-Cusio Ossola. Le ore lavorative sono tante ma con il bel tempo Pietro dedica un po’ di ore serali prima del calare del Sole alla sua passione: la bicicletta.
Pietro vede per la prima volta il Giro d’Italia nel 1922 quando, diciannovenne, assiste all’arrivo della carovana e dei suoi pionieri a Ossola. Osserva da vicino e con ammirazione i giganti del ciclismo eroico, assistendo al rifornimento di Domodossola per i corridori della Legnano. De Bernardi non ha il fisico del ciclista. Piccolissimo di statura, gambe corte e muscolose, capelli mossi e ondulati, un tronco tozzo e piedi lunghi possiede però il fuoco della passione per la bicicletta, tanto da costruire il suo primo mezzo in prima persona sognando le imprese ciclistiche del Giro d’Italia. I campioni, nella seconda meta degli Anni ’20, sono Brunero, Aimo, Sivocci e Binda, esaltati dai giornali dell’epoca e in particolare sulle cronache della Gazzetta dello Sport.
CICLISTA E OPERAIO
Il 1927 è un anno particolare per l’aspirante campione De Bernardi, poiché si iscrive al Giro d’Italia con il numero 361. Purtroppo, un incidente in fabbrica lo costringe a rinunciare e dovrà attendere il 1928 per esser al via del suo primo Giro come “isolato”, ovvero senza squadra. Non è facile, da operaio, chiedere alla Metallurgica Ossolana il permesso per poter partecipare al Giro ma l’ingegner Ceretti, direttore della fabbrica, accontenta il giovane Pietro promettendogli di mantenergli il posto di lavoro, a patto di tener alto il valore e l’onore di tutta la comunità degli abitanti della Val d’Ossola. Per poter partecipare, De Bernardi mette insieme un piccolo gruzzolo fatto dai suoi risparmi e da piccole donazioni dei suoi amici del dopo lavoro, che lo sostengono nell’impresa. Pietro parte con un grande zaino militare contenente tutto il vestiario per i 12 giorni di gara e relativi giorni alterni di riposo. Nello zaino prendono posto calzini, maglie di lana, mantellina, pantaloni da corsa alla zuava, scarpe, pedivelle e – come concesso dal regolamento del Giro – cinque tubolari, una catena, un tiraraggi e due borracce.
Al Giro del 1928 sono 298 le “anime” che tentano la fortuna. De Bernardi, giunto a Milano, incontra i campioni del tempo quali Brunero, Binda, Piemontesi, Pancera che alloggiano in albergo. Li vuol conoscere prima della partenza quasi certo che poi nel prosieguo del Giro difficilmente li vedrà se non al via delle tappe. Non ha un posto dove dormire ma, dato che il Giro partirà in piena notte, non se ne preoccupa e resta sveglio. Alla partenza è relegato tra le retrovie e, in quanto isolato, ha pochi diritti come il trasporto del bagaglio da parte dell’organizzazione al costo di poche lire, un rifornimento gratuito durante la tappa e premi quali tubolari o alimenti durante il Giro. Inoltre, gli isolati avevano una propria classifica in cui veniva assegnato al vincitore un premio di tremila lire sponsorizzato da Mussolini in persona, mentre il primo classificato appartenente alla milizia fascista si aggiudicava duemila lire.
Il sedicesimo Giro d’Italia si svolse dal 12 maggio al 3 giugno 1928. Si corse su dodici tappe a giorni alterni per un totale di 3044 km. Dei 298 partenti, solo 126 portarono al termine la gara, vinta da Binda davanti a Pancera e Aymo. Durante la settima tappa, in direzione Roma, De Bernardi cadde rovinosamente lussandosi una caviglia e dovette abbandonare la corsa rosa suo malgrado. A Ossola venne comunque accolto come un eroe e non gli rimase che tornare mestamente al suo lavoro, proiettandosi però con la testa già al 1929.
AL LAVORO PER IL GIRO DEL ’29
Durante l’inverno del ’28, Pietro pianifica la sua seconda partecipazione e raccoglie ben 180 lire grazie anche a una sottoscrizione dei suoi concittadini. La maglia di gara è quella dell’Opera Nazionale Dopolavoro Juventus Domo, color bianco – nera. Nel ’29 il Giro parte da Roma e si svolge dal 19 maggio al 9 giugno per un totale 2920 km. Per raggiungere la capitale Pietro deve usare gran parte dei suoi risparmi per pagare il biglietto del treno.
Quell’anno il Giro è caratterizzato da un particolare percorso con molte tappe al Sud e inficiato da immense carenze organizzative per la scarsità di strade asfaltate, la mancanza di alloggi e la difficoltà di reperire benzina e acqua. La corsa è monopolizzata dalla netta superiorità di Binda ma anche da una tragedia. Nella seconda tappa da Napoli a Foggia, infatti, Gaetano Belloni travolge e uccide un giovane ragazzo che attraversava incautamente la strada. Decide di ritirarsi per il dispiacere seppure in ottima forma. De Bernardi finisce la prima tappa al 134° posto a un ora e dieci minuti da Binda. Durante le tappe del sud a Pietro ne succederanno di tutti i colori. Con i pochi soldi mangia quel che può affidandosi molte volte alla bontà dei contadini che incontra, spesso dorme all’aperto avvolto in una coperta per proteggersi dal freddo della notte o in cascine tra gli animali. Solo una volta viene accolto in una casa di sportivi. È sessantesimo in classifica generale e tiene duro come meglio può ma poi cade rovinosamente rompendo la bicicletta e perdendo così ben trenta posizioni. Il povero Pietro si fa dieci km a piedi per poi fortunatamente incontrare dei soldati di un campo di aviazione di Ciampino Sud che lo aiutano raddrizzando e saldando il telaio della bicicletta ormai inutilizzabile. Per le conseguenze della caduta, percorre tutto il resto della tappa utilizzando una mano sola per guidare la bicicletta, avendo un braccio legato al collo.
A causa di questa sua disavventura, però, De Bernardi viene insignito dall’organizzazione del Giro del “premio coraggio” – ben 100 lire! – e viene menzionato dalla Gazzetta dello Sport. Pietro sopravvive alle tappe del Sud, termina il 17° Giro d’Italia al 93° posto su 99 superstiti, a oltre 14 ore da Binda. Subito dopo la passerella finale di Milano, rientra frettolosamente in Val d’Ossola per presentarsi al lavoro il giorno dopo.
Tutti i suoi concittadini lo aspettano e lo accolgono come se avesse vinto e il direttore della Metallurgica Ossolana gli dona 150 lire – la paga di un mese intero – e gli concede ben due giorni di riposo quale riconoscimento per aver onorato con le sue imprese la città di Villadossola. Pietro ha coronato il suo sogno di finire il Giro d’Italia e le cronache dei giornali della zona a firma di Franco Michetti, giornalista dell’epoca, ce lo tramandano come «Un uomo felice».
A cura di: Dario Corsi – Adriano Vispi Foto di: Luca Lagò Web: www.italianlegendbicycles.com
la bicicletta di de bernardi
Una bicicletta attribuita a Pietro De Bernardi che vedete in queste pagine è stata ritrovata nel Pavese e presenta tutte le caratteristiche del piccolo ciclista Ossolano. Non abbiamo la certezza matematica che la bicicletta sia davvero di Pietro De Bernardi ma ci piace immaginare che la storia di questo piccolo corridore non vada dimenticata perché rappresenta la passione dei tanti ciclisti ignoti che hanno partecipato al Giro d’Italia senza alcuna speranza di vincerlo ma solo per esserci. È stata proprio questa bici, infatti, a farci scoprire chi fosse De Bernardi e a farci approfondire la sua vicenda personale. La foto di Pietro De Bernardi, tratta dal libro “Palmer, Borraccia e Via!” (Ediciclo Editore) lo raffigura con il piede su un sasso, a causa della sua piccola statura. Non è datata, ma ci trasmette tutta la sua grandiosità di ciclista eroico. La scritta originale “De Bernardi” sul tubo obliquo ci fa ipotizzare che sia proprio una bicicletta da corsa costruita da Pietro nella sua fabbrica metallurgica in Val d’Ossola. Forse proprio quella utilizzata in uno dei suoi Giri d’Italia o anche in seguito, quando continuava sognare duelli con grande Binda.
Scheda tecnica
Marca: De Bernardi autoprodotta
Modello: Corsa
Anno: fine Anni ’20
Cambio: giroruota
Telaio: in acciaio 49×56
Guarnitura: in ferro con chiavelle da 49 denti
Cerchi: in legno
Freni: Unversal Mod. Extra 666
Attacco manubrio: in ferro da 5,5 cm
Piega: da 42 cm
Serie sterzo: semi-integrata