Intorno al 2009 si è cominciato a parlare con una certa insistenza di “resilienza”. In questo anno, per esempio, è uscito il docufilm “Il corridore” su Marco Olmo, ultra trailer sessantenne capace di vincere per due anni di seguito l’UTMB (Ultra Trail del Monte Bianco), il giro del Re delle Alpi a piedi: 150 chilometri e 8000 metri di dislivello positivo in circa 21 ore di corsa.
Profeta e grande teorico della resilienza, tanto da scrivere sul tema due libri (“Resisto dunque sono” e “Perseverare è umano”), Pietro Trabucchi è psicologo di squadre e atleti provenienti da discipline di resistenza e atleta egli stesso.
Il termine ha origini metallurgiche, indica infatti la capacità di un metallo di resistere alle forze che vi vengono applicate: per intendersi è il contrario della fragilità. Etimologicamente deriva dal latino “resalio”, ovvero risalire sulla barca nonostante questa venga capovolta più e più volte dalle onde del mare. Adesso il termine è diventato di uso comune – se ne parla in politica come a scuola – ma negli Anni ’50 chissà se qualcuno conosceva questa parola. Di sicuro se ne parlava molto meno che adesso, anche se forse si praticava molto di più.
C’è stato un corridore che ha incarnato alla perfezione questo modo di essere: Fiorenzo Magni. Fiorenzo è sempre stato un uomo profondamente impegnato nel presente. Quando ha smesso di correre non si è potuto permettere di avere rimpianti né di vivere di ricordi. Lui doveva rischiare più del necessario. Ha fatto del coraggio e della sopportazione la propria bandiera e non poteva essere diversamente dovendosi confrontare con Bartali e Coppi, Koblet e Kubler, Bevilacqua e Van Steenbergen.
UNA BRUTTA SORPRESA
Vi è stato un momento in cui il Leone delle Fiandre ha rischiato di smettere di correre prima del tempo. Un altro al posto suo avrebbe smesso, ma non lui. Succede che nel 1953, dopo aver vinto la maglia Tricolore, si trova senza ingaggio per l’anno seguente.
Leader della Ganna, pensava di essere a posto anche per il 1954. È così tranquillo che dopo il Tour de France ad agosto non vuole nemmeno prendere in considerazione alcuna proposta avanzata da altre squadre. Si sta muovendo dunque in un mare calmo quando a settembre arriva la tempesta: la Ganna lo avvisa che forse per il 1954 la squadra non si sarebbe fatta! Gli dissero: «Noi non abbiamo ancora preso una decisione definitiva. Ma tu, a ogni buon conto, considerati libero, cercati un altro posto. Ce ne dispiace, ma così stanno le cose. Di una sola cosa ti preghiamo: quando stai per concludere, prima di fare firme, avvisaci. Può darsi che noi, allora, si riveda la nostra posizione».
Magni sbiancò a questo discorso, a dispetto dei modi cortesi dei signori della Ganna (il marchio di biciclette creato da Luigi vincitore del primo Giro d’Italia della storia, nel 1909). A settembre le squadre di prima fascia avevano già provveduto ad assicurarsi i leader. Questi gli abbinamenti: Bianchi – Coppi, Guerra – Koblet, Atala – Astrua, Bottecchia – Fornara, Frejus – Coterno, Arbos – Assirelli, Torpado – Defilippis, Legnano – Minardi e Bartali – Bartali. Fu in quel momento che Fiorenzo, scrutando l’orizzonte del ciclismo nazionale, si rese conto che poche erano le case ciclistiche in grado di sostenere le spese di una squadra vera.
Fu allora, nella difficoltà, che risalì sulla barca rovesciata dalle onde: maturò in lui l’idea di aumentare le fonti di sostentamento dello sport ciclistico con la costituzione delle squadre pubblicitarie. Magni non attuò questo suo progetto per fini personali: voleva salvare non solo la sua di pelle ma anche ridare dignità a tutti gli altri componenti della squadra. Si stava preoccupando seriamente del futuro del ciclismo. Tolti i grossi nomi, gli altri avevano di che sfamarsi a malapena e senza alcuna sicurezza. Il suo progetto era quindi favorevolmente appoggiato dai corridori e dai dirigenti delle squadre dilettantistiche. Contrari? Ovviamente i costruttori di biciclette.
L’ANCMA, infatti, si oppose al progetto di Magni, soprattutto le due o tre case più forti. Queste miravano a “calmierare” gli stipendi, cercano di introdurre anche in Italia quella situazione di cartello che già esisteva in Francia, dove le industrie del ciclo si erano accordate per tenere bassissime le paghe.
DIFFICOLTÀ E OPPORTUNITÀ
E qui il “Magnifico”, sollecitato dai giornalisti, si accalorò: «Ma perché tutti si scandalizzano se noi cerchiamo di difendere gli interessi nostri? Troppe cose inesatte sono state scritte sul mio progetto, troppe e inutili parole, troppe affermazioni non confortate da argomenti solidi. L’ANCMA ogni volta che si discute ci chiude la bocca affermando che l’industria ciclistica non è in crisi. Ma che al contrario è sempre in grado di sostenere lo sport. Ma io mi chiedo: in quale misura essa lo sostiene? Guardiamo le cifre una buona volta. L’industria ciclistica fornisce stipendi decenti a non più di venti corridori. Contro questi venti quanti sono i precari che sgobbano e sfacchinano per poche lire al mese? E questi gregari già si possono ritenere fortunati rispetto agli altri, che sono i più che nemmeno trovano questa “fortuna” di un ingaggio.
Qualcuno ha detto che il mio progetto è pericoloso perché l’industria non ciclistica non offre garanzie di continuità nei suoi finanziamenti sportivi. E io mi domando: son sono forse io disoccupato perché la Ganna di punto in bianco ha deciso di non partecipare più alle corse? L’anno prossimo accasato o no, mi vedrete!». Concluse: «La mia pelle la venderò cara!».
E fu così che, a proposito di pelle, Fiorenzo aprì le porte del ciclismo alla Nivea (industria di cosmetici) e nel 1954 debuttò la sua creatura, la famosa Nivea Fuchs, squadra con cui rivinse subito i campionati italiani a punti e, nel 1955, il Giro d’Italia. Anche se, probabilmente, non conosceva la parola “resilienza”, Magni aveva salvato la barca del ciclismo dal mare in tempesta e cambiato per sempre le regole del gioco.
A cura di: Vittorio Landucci – Biblioteca del Ciclista Fotografie della bici: Andrea Crippa
L’UOMO DEL TRE
Tre Giri d’Italia, tre volte campione italiano, tre volte consecutive vincitore del Giro delle Fiandre. Ma non solo: oltre a essere stato il primo ad aver intuito l’importanza delle sponsorizzazioni extraciclistiche (e forse primo assoluto nel mondo dello sport) Magni, una volta appesa la bicicletta al chiodo, si è rivelato uomo di successo in ambito imprenditoriale (la Fiorenzo Magni SRL già dal 1951 venderà Moto Guzzi e automobili Lancia). Presidente dei concessionari Lancia prima e Opel poi. Sempre in ambito ciclistico, ebbe incarichi di rilievo nel mondo dirigenziale: consigliere e presidente dell’Ass. Nazionale Corridori Ciclisti Italiani, CT della Nazionale, presidente degli Azzurri D’Italia, presidente CSAIN (Gruppi Sportivi di Confindustria), fondatore e presidente del Panathlon di Monza, team manager di squadre professionistiche, presidente della Lega. Oggi, quando pensiamo a Magni, ci viene facile associarlo al Museo del Ghisallo, è la sua eredità più importante. Una ricca raccolta di maglie, biciclette, memorie del ciclismo di ieri e di oggi.
L’AFFAIRE NIVEA FUCHS
Fu il giornalista e amico Cesare Facetti a organizzare l’incontro tra Magni e gli svizzeri Zimmermann (titolari della Nivea). Fiorenzo deve aver avuto delle buone argomentazioni per far accettare la proposta agli industriali. L’abbinamento (obbligatorio) con un marchio di biciclette fu fatto con la Fuchs dei fratelli Tappella (adesso il marchio è tornato a nuova vita grazie ad Andrea Crippa e al nuovo negozio in via Guido D’Arezzo a Milano). Il campione toscano doveva gestire le spese, quelle dei corridori, del personale e degli automezzi. Il budget per il 1954 fu di venti milioni di lire che però bastò giusto a pagare personale e corridori. Per Magni non restò nulla. Lo segnalò a Guglielmo Zimmermann, il quale intervenne personalmente con un assegno di cinque milioni per Magni.
LA BICI DI MAGNI
Grazie ad Andrea Crippa, che ha rilevato il marchio Fuchs e ne ha approfonditamente studiato la storia, possiamo mostrarvi proprio una delle biciclette usate al Giro del ’54, restaurata da Giovanni Nencini: cambio Campagnolo Gran Sport, corona Magistroni, freni e leve Universal Extra e pedali tipo Sheffield marchiati Fuchs.