Knut Knudsen arriva al professionismo nel 1975.
In tanti capiscono subito che un nuovo atleta longilineo, possente e serio si presenta al mondo ciclistico con delle ottime credenziali, facendosi notare tra i campioni degli anni ’70 ed ’80. Nato il 12 ottobre 1950 a Levanger (Norvegia), Knudsen iniziò a correre a 14 anni, spinto dalla passione verso il ciclismo del padre buon dilettante in passato.
La Scandinavia in quegli anni è una terra dove il calcio sta prendendo piede (ricordiamo il mondiale organizzato in Svezia nel 1958 dove un giovane dal nome di Edson Arantes do Nascimento in arte Pele’ aveva fatto innamorare tutti) e dove il ciclismo è vissuto ancora a livello semiprofessionistico.
Non è possibile vivere pensando al ciclismo come una professione e solo una grande passione per la bicicletta sostiene il giovane Knud Knudsen che ben presto riesce a farsi notare fino a entrare nella nazionale norvegese. Sul passo non lo batte nessuno e vince spesso tra i dilettanti, senza disdegnare la pista per affinare le sue caratteristiche di passista veloce.
In estate Knud Knudsen si reca spesso a Copenaghen per sfruttare l’impianto esistente e imparare l’arte della pista, e così nel 1968 viene convocato per le Olimpiadi in Messico nella specialità dell’inseguimento. Nella distanza dei 4 km, dopo aver passato le qualificazioni, si ferma ai quarti battuto dal francese Rebillard, futuro Oro Olimpico.
ORO ALLE OLIMPIADI
Passano quattro anni di sudore e fatica e nel 1972 Knudsen si presenta alle Olimpiadi di Monaco di Baviera, dove vince la medaglia d’oro nell’inseguimento individuale con un dominio inaspettato. Nel 1972 e 1973 vince i titoli nazionali su strada, su pista e a cronometro e nel 1972 anche il Giro di Norvegia dilettanti.
Nel 1973 vince a San Sebastian il Campionato Mondiale inseguimento su pista mostrando incredibili doti sul passo e un talento innato per le corse a cronometro. Il 1974 lo vede passare tra i professionisti nella Jolly Ceramica, al fianco di Giovanni Battaglin, con il ruolo di primattore nelle gare contro il tempo e in pista. Sebbene preparato e fortissimo, non riesce a esprimersi a livelli assoluti
Sarà il 1975 che vedrà il giovane e possente Knud Knudsen mettersi in luce con la vittoria della 1° tappa al Giro d’Italia, battendo allo sprint Van Linden, Poppe, Sercù e Gavazzi e vestendo la relativa Maglia Rosa per due giorni. Inoltre è finalista ai Mondiali di inseguimento a Rocourt battuto dall’olandese Schuiten. Nel 1976 arriva terzo nell’inseguimento mondiale professionisti battuto da Moser e Schuiten. Vince comunque la cronostaffetta del Giro d’Italia con la Jolly Ceramica.
Il primo anno dove Knudsen si fa veramente notare è il 1977, l’anno del Mondiale di Moser a San Cristobal. Al Giro d’Italia batte proprio Moser nella cronometro di Pisa, infliggendo distacchi ragguardevoli a tutti. Purtroppo, le lunghe salite non sono adatte al suo fisico alto e possente, e deve farsi valere soprattutto a crono e lavorare per il proprio capitano nelle corse di un giorno. Inoltre conquista l’argento nella finale del Campionato del Mondo inseguimento in pista a San Cristobal.
IL PASSAGGIO ALLA BIANCHI
Dopo quattro anni di professionismo Knud Knudsen nel 1978 passa alla Bianchi e riesce a vincere il Giro di Sardegna, il Trofeo Laigueglia, il Giro della provincia di Reggio Calabria e il trofeo Baracchi in coppia con Schuiten. Il 1979 lo vede vittorioso nella Tirreno Adriatico (era giunto secondo nel ’74, ’75 e ’78!) e si classifica al terzo posto nella Milano – Sanremo dello stesso anno battuto in volata da due campioni del calibro di Roger De Vlaeminck e Giuseppe Saronni.
Vince anche al Giro del Trentino, dove mette in mostra un fisico più asciutto e più adatto alle lunghe salite e un’attitudine a sopportare il freddo e le avverse condizioni climatiche, lui che viene dal Nord Europa.
Knudsen è ormai pronto per il Giro d’Italia e nel 1979 si ritrova a lottare sul filo dei secondi con un giovanissimo Giuseppe Saronni per la vittoria finale. Purtroppo, quando mancano solo tre giorni alla conclusione, che prevede una lunga cronometro, è costretto al ritiro dalla corsa rosa per una brutta caduta nella discesa verso Pieve di Cadore che comprometterà il resto della sua stagione. Il 1980 lo vede di nuovo vincitore nella cronostaffetta del Giro d’Italia (per la squadra era una vera locomotiva umana) e vince il Gran Premio Merckx a Bruxelles.
Il 1981 è il suo anno migliore e torna prepotentemente protagonista al Giro d’Italia: vince il prologo di Trieste davanti a mostri sacri quali Moser e Braun. Vince le altre due crono del Giro a Montecatini e Verona e si classifica 22° nel giro vinto da Battaglin sulle tre Cime di Lavaredo. Vince anche la Ruota d’Oro e di nuovo il Gran premio Merckx a Bruxelles.
È questo l’ultimo acuto di Knud Knudsen che si ritira dal ciclismo professionistico a soli 31 anni, quando molti team preferiscono giovani emergenti a un luogotenete di lusso quale era diventato. Lascia il ciclismo in punta di piedi senza clamore, con la stessa eleganza con cui riusciva a imporsi a cronometro e rimane in tutti la simpatia e la gentilezza di questo campione vichingo.
L’Italia rimane nel cuore a Knud che si stabilisce per circa sei mesi all’anno nel Viterbese (diverrà cittadino onorario di Vasanello nel 2017), dove la sua casa diventa un punto di ritrovo per accogliere tanti suoi connazionali alla scoperta dell’Italia.
UNA BICI DEDICATA
Finita la sua carriera agonistica Knud rientra in Norvegia dove diviene il distributore Pegeout. Per il suo impegno e dedizione nel suo nuovo lavoro la Peugeot commisiona alla Somec di Ravenna una bicicletta speciale per Knud Knudsen.
La potete ammirare in queste pagine. I colori sono quelli tipici della casa automobilistica Peugeot, cioè il rosso bordeaux e panna che distingueva le macchine della famiglia Peugeot. La Somec ha preparato questa bici nel 1982 al meglio per Knud, abbellendola con decalcomanie raffiguranti il volto di questo campione e pantografie del suo nome. Non manca naturalmente il tipico tulipano della Somec .
Il telaio è in acciaio Columbus e ha la particolarità del tubo orizzontale con l’incavo per far sparire il filo del freno lungo la lunghezza del tubo stesso. la bici è montata con il gruppo Campagnolo Super Record, componentistica top dell’epoca Non è una bici delle 49 vittorie tra i professionisti di Knud che corse con la Pinarello (1975-1977) e con la Bianchi (1978 -1981) ma ha le sue particolarità e mostra agli appassionati di ciclismo vintage la maestria degli artigiani italiani nel costruire telai in acciaio su misura, impreziosendoli con ricercate soluzioni tecniche e pantografie.
Abbiamo intervistato a Lugo, sede della Somec, Oliviero Gallegati che iniziò nel 1973 a costruire biciclette da corsa esclusivamente su misura. Ricorda bene la bicicletta costruita per Knud e ci racconta che il norvegese ne ordinò poi un piccolo quantitativo per gli appassionati del suo paese.
Gallegati, felice di rivederla, ci ha ricordato che la sua azienda non ha mai smesso di credere nell’acciaio e a tutt’oggi produce dei telai su misura in questo materiale. Oliviero ci svelato anche il segreto nella scelta del tulipano: semplicemente, non solo non era ancora stato utilizzato da nessuno, ma gli appariva anche molto elegante, e visto che all’epoca tutti utilizzavano dei simboli ha optato per questo..
La Somec ha sponsorizzato negli Anni ’80 squadre colombiane e spagnole di dilettanti e professionisti e ha ottenuto ben tre titoli Mondiali nelle diverse categorie. Da ricordare il titolo mondiale di Giancarlo Contri nella 100 km a squadre del 1991 nei dilettanti. Hincapie era sponsorizzato Somec in America prima di divenire professionista e il compianto attore statunitense Robin Williams, che come noto amava il ciclismo, aveva tra le sue biciclette una Somec proprio per il fatto di apprezzarne il gusto e l’eleganza italiana.
Per Oliviero Gallegati l’acciaio non ha segreti e ancora oggi costruisce telai in acciaio come il Top Class, con tubazioni Columbus SL dal peso di soli 1705 grammi (telaio) e 735 g la forcella, e il modello Rex, che utilizza tubazioni Columbus Spirit per ottenere telai da 1620 g e forcella da 670 g. Siamo al triplo del peso di un buon telaio in carbonio ma anche al triplo di eleganza e bellezza.
Colori brillanti, cromature stupende e congiunzioni delicate continuano la tradizione Somec nel settore delle bici in acciaio. All’acciaio si affianca la produzione di telai in carbonio utilizzando carbonio Honeycomb che rende la produzione di questa azienda davvero unica. Nel passato le biciclette Somec reggevano la forza vichinga di Knud e ancora oggi questa piccola azienda propone bici tecnicamente validissime sia in acciaio sia in carbonio che regalano emozioni a non finire.
A cura di: Dario Corsi e Adriano Vispi Sito: www.italianlegendbicycles.com