Enrico Paolini nasce a Santa Maria delle Fabbrecce, un quartiere nella periferia di Pesaro, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, precisamente il 26 marzo 1945.
Sono tempi duri e l’Italia sta riprendendosi dalle rovine di un conflitto lungo e sanguinoso. Tanta è la voglia di misurarsi con i suoi coetanei che il padre Aldo gli regala, all’età di 15 anni, una fiammante Bianchi da corsa.
A Pesaro, la società ciclistica Rinascita promuove il ciclismo giovanile ed Enrico inizia assieme a loro ad allenarsi nel fine settimana. Al termine degli allenamenti percorre sempre la strada Panoramica che unisce Gabicce Mare a Pesaro, ricca di saliscendi. Enrico ha talento e riesce a staccare tutti gli altri compagni di squadra più esperti ed allenati, arrivando a iniziare così la sua carriera, come esordiente a 14 anni. Poco dopo arriva anche la prima vittoria a Padiglione di Osimo.
Nei due anni da esordiente e due da allievo cerca sempre di primeggiare nei traguardi volanti e nei gran premi della montagna, poiché in questo modo riesce a guadagnare qualcosa per aiutare l’economia familiare. Lavora anche presso il cantiere navale di Pesaro che in quegli anni impiegava molta manovalanza. Molti compagni di lavoro erano suoi tifosi ma soprattutto il capocantiere, da ex-ciclista, gli concedeva due mezze giornate libere per allenarsi a dovere. Anche il titolare della ditta, diventato tifoso di questo ragazzo, per ogni vittoria o piazzamento prestigioso aggiungeva un premio da parte sua.
A 17 anni Enrico inizia a correre tra i dilettanti di terza serie con la squadra Albinea di Reggio Emilia, dove si trasferisce. Suo compagno di squadra è Wainer Franzoni, che vince dodici gare e viene chiamato nei professionisti dalla SCIC di Adorni, campione del mondo, nel 1968. Enrico centra solo due successi da dilettante ma Franzoni lo vuole con sé alla SCIC, diretta da Ercole Baldini, poiché sa quanto questo ragazzo abbia contribuito ai suoi successi. Ed è cosi che Paolini entra in punta di piedi nel mondo del professionismo.
UNA SOLA SQUADRA
Caso più unico che raro, Paolini sarà uno dei pochi ciclisti professionisti a svolgere tutta la sua carriera, dal 1969 al 1979, in un unico team. Saranno undici stagioni piene di soddisfazioni dove Enrico riuscirà a farsi apprezzare come ciclista professionista e come uomo nella squadra SCIC. Sono gli anni di Bitossi, Gimondi, Basso, Gavazzi, Merckx, De Vlaeminck, Motta e di tanti altri campioni pieni di talento che si sfidano senza paura ed infiammano la folla con le loro gesta.
Paolini sarà nella sua carriera un ottimo luogotenente, capace di supportare i suoi capitani (anche il giovane Saronni, vincente in maglia SCIC al Giro d’Italia del 1979) ma riuscirà anche a essere un vincente cogliendo ottimi risultati.
È l’anno del debutto tra i professionisti, il 1969, quando vince il Gran Premio di Camaiore e in seguito riesce a imporsi in una tappa del Giro di Svizzera, dove arriva in solitaria con ben due minuti sui rivali. Paolini ha un guizzo vincente da velocista ma riesce ad andare forte anche in salita. La costanza è stata sicuramente una sua dote, basti pensare agli undici Giri d’Italia sempre portati a termine. A 25 anni, nel 1971, vince due tappe al Giro e indossa per tre giorni la maglia rosa. La sua carriera da dilettante non faceva presagire una cosi brillante carriera da professionista ma Enrico è un ciclista serio che usa intelligenza e meticolosità nel preparare ogni appuntamento. Cresce ogni anno il suo livello atletico. Nei primi anni della sua carriera partecipa anche al Tour de France ma cadute rovinose non gli permettono di arrivare a Parigi. Nel 1971 è nono in classifica generale e primo degli italiani ma si deve ritirare a sole due tappe dalla fine. Si rifarà nel 1976 cogliendo sei piazzamenti nei primi tre nel Tour dominato da Van Impe. Nel 1972 riesce a vincere l’ultima tappa del Giro, a Milano, nel suggestivo scenario del Duomo e sono suoi il Giro dell’Umbria ed il Giro del Veneto.
FASCINO TRICOLORE
Ormai Paolini è conosciuto nel gruppo, non solo per le sue vittorie di tappa ma anche per i suoi modi gentili e cortesi di porsi con gli altri ciclisti. Non che non si faccia rispettare ma nella lotta per la vittoria sa come gestire ogni situazione. Diventa un uomo squadra importante per la SCIC che crede in lui. Il 1973 è l’anno di svolta nella carriera di Enrico. Partecipa al Giro d’Italia e ottiene un lusinghiero 22° posto, lui che punta alle vittorie di tappa. Dopo una ventina di giorni dal termine del Giro si corre la classica Tre Valli Varesine, valida quale prova per l’assegnazione della maglia Tricolore. La gara è durissima e nel finale rimangono pochi corridori tra i quali Bitossi, Gimondi, Zilioli, Motta, Battaglin e un giovane Moser, che si sfidano nel rettilineo finale. Nonostante questo, Paolini riesce a battere l’agguerrita compagine e diventa campione italiano per la prima volta.
Nel 1974 la maglia di Campione d’Italia porterà fortuna ad Enrico. Forte e cosciente di essere maturato come ciclista si impone in due tappe del Giro d’Italia (Pietra Ligure e Pordenone) e in quattro tappe al Giro di Svizzera. È qui che batterà in una volata Eddy Merckx, capoclassifica della generale. Tutti sanno quanto il Cannibale avesse voglia di vincere sempre. In quell’anno battere un Merckx all’apice del suo successo e primo in classifica non era facile ma Enrico si tuffa con l’anima e il cuore in quella volata che gli regalerà un ricordo unico. I compaesani lo fermano per strada e gli chiedono: «Ma come è battere Merckx?». Paolini da vero gentiluomo non si esalta e rimane un professionista esemplare dedito al suo sport, con tutti i sacrifici che necessita. In cuor suo sa di aver fatto una gran volata ma non sarà l’ultima.
Sono passati 364 giorni dalla vittoria del Campionato Italiano e la sua maglia viene rimessa in palio sul tracciato pianeggiante della Milano – Vignola. Tra i favoritici sono Marino Basso, vincitore del Campionato Mondiale del 1972, e Gimondi che veste la maglia di Campione del Mondo vinta a Barcellona nel 1973. Paolini ha un alleato d’eccezione: Franco Bitossi. È “Cuore Matto” che lo pilota nella volata conclusiva. Dopo 251 km: primo Paolini, che bissa il successo dell’anno prima, secondo Gimondi, terzo Basso!
Ormai tutti i tifosi sanno chi è Enrico Paolini e l’anno 1975 vede la maglia Tricolore vincere alla Coppa Bernocchi, al Giro dell’Emilia e a Frosinone durante la nona tappa del Giro d’Italia. Nel 1976 vince la classica più antica d’Italia, la Milano –Torino, e il Giro della Provincia di Reggio Calabria. Nonostante questo, sembra non essere più tanto veloce negli sprint dopo 9 anni di carriera, il “vecchio Paolini”, anche se ha solo 31 anni. Ma come per tutti i Campioni con la C maiuscola, Enrico sa come prepararsi e quali sacrifici compiere per esser di nuovo vincente.
LA TERZA VOLTA
Dopo il Giro d’Italia Paolini corre la gara a tappe Gran Prix Du Midi Libre, che si tiene dal 12 al 16 giugno. Riesce a ottenere due vittorie, confermandosi vincente anche a livello internazionale e si presenta al Giro di Campania, valida come prova unica per assegnare la maglia Tricolore di Campione Italiano professionisti, in forma strepitosa . Il 26 giugno 1977 un possente Moser fa la corsa dura e crea la selezione. Nel rettilineo d’arrivo il telecronista De Zan attende il nuovo astro del ciclismo italiano, quello che appare più forte di tutti.
Ma Paolini ha esperienza e nella volata finale non lascia spazio al giovane Moser: taglia per primo il traguardo sotto gli occhi increduli di De Zan, con Moser solo terzo, preceduto anche da Marcello Bergamo. Ci vorranno diversi minuti prima che in televisione un De Zan sbigottito (e Moseriano) annunci il nome del vincitore: i vecchi tifosi di Santa Maria di Pesaro esultano per il terzo titolo italiano conquistato dal loro Campione e i clacson delle automobili non finiscono più di suonare lungo le strade della cittadina marchigiana.
Tre maglie Tricolori e 37 vittorie per questo campione del pedale degli Anni ’70. Il titolo italiano del 1973, 1974 e 1977 pone di diritto Paolini tra i campioni che hanno vinto almeno tre titoli di Campione d’Italia: Girardengo, Binda, Guerra, Bartali, Coppi, Magni, Bitossi, Gavazzi, Moser e Visconti.
Il 1978 vede Paolini rivincere di nuovo una tappa al Giro d’Italia a Latina, la settima vittoria in tutta la carriera al Giro d’Italia. Nell’ultimo anno da professionista Enrico accompagnerà un giovanissimo Beppe Saronni alla vittoria del Giro d’Italia in maglia SCIC, come accennato, gestendo con esperienza tutte le situazioni “pericolose” verificatesi durante quella magnifica corsa.
DIVENTA PRODUTTORE
Come tanti altri ciclisti, Enrico pensa anche al futuro e alla fine degli Anni ’70 apre un negozio di biciclette a Pesaro, sua città natale. Le biciclette realizzate da Rauler di Reggio Emilia possiedono il tipico foro con la foglia di edera di Rauler nella scatola del movimento centrale, riportano l’effige di Paolini nel tubo sterzo e il suo cognome nelle decalcomanie del telaio. La qualità è ottima e sono apprezzate da tanti ciclisti della sua Pesaro. In seguito, Paolini si affiderà a un altro artigiano telaista di Rimini, Lucchini, per le realizzazione dei suoi telai, e le decalcomanie riporteranno gli anni delle vittorie dei campionati italiani e le bande tricolori attorno al suo cognome.
Ma la passione per il ciclismo di Paolini non vive in un negozio di biciclette, bensì tra i ciclisti all’interno di una squadra. Diventerà assistente Direttore Sportivo per tanti team professionistici tra cui la Carrera di Davide Boifava, la Del Tongo negli anni della vittoria di Franco Chioccioli al Giro d’Italia (1991), per la GB_MG bOys, per la Scrigno di Bruno Reverberi, per la Cantina Tollo e Domina Vacanze nella quale militava Cipollini e per l’Acqua Sapone.
Siamo ai giorni nostri. Nel 2020 Enrico Paolini ha 75 anni ma ancora siede in ammiraglia con il Team Continental Sangemini Trevigiani Mg/k Vis VPM, elargendo consigli ai giovani corridori. Ottimi consigli da chi è stato capace di vincere tre titoli italiani e di battere in volata un mitico Eddy Merckx al top della forma! Campione di umiltà esemplare, schivo ad ogni risvolto mondano, era più rapido a tagliare i traguardi, che a conquistare il palco delle interviste. Un vero signore del pedale, una persona gentile, un allenatore e un vero Campione tra i tanti campioni degli Anni ’70.
A cura di: Di Adriano Vispi e Dario Corsi – Ass.ne Culturale Italian Legend Bicycles