Siamo abituati a vedere in Coppi il grande, inscindibile, antagonista dell’Omino di Ferro Gino Bartali.
Prima di Fausto, però, un altro piemontese aveva battagliato, e talvolta vinto, contro l’inesauribile toscano. Il suo nome era Giovanni Valetti. Il terreno dello scontro il Giro d’Italia, poco prima della Seconda Guerra Mondiale. Gino aveva debuttato tra i professionisti nella stagione 1935 con la Frejus, Valetti sempre con la stessa maglia sul finire dello stesso anno. Nel 1936 Bartali passò nello squadrone Legnano, erede designato di Alfredo Binda (ne parliamo da pag. 10). Un predestinato.
Se di Bartali sappiamo moltissimo, soprattutto dopo il conflitto bellico, di Valetti si perdono le tracce, come se il limite dell’entrata in guerra nel 1940 spegnesse la sua stella ciclistica. Giovanni, originario di Vinovo, entra giovanissimo (16 anni) alla Lancia di Torino come operaio. Con i primi risparmi acquista la sua prima bicicletta da corsa. Nel 1931 corre come dilettante per la sezione torinese del Gruppo Sportivo Vigor. Comincia a vincere presto: il Campionato Piemontese Allievi, il Gran Premio Cerutti, il Campionato Piemontese Juniores e la Coppa S. Ambrogio. Nel 1933 la Vigor decide, in base ai buoni risultati ottenuti, di spedirlo a Roma per il 1º Giro del Lazio. Il ragazzo non delude e a sorpresa, perché ancora sconosciuto al grande pubblico, vince la tappa Rieti-Formia e conquista la classifica finale. La Frejus dei fratelli Gelfi, al termine del 1935, lo fa passare professionista. Valetti esordisce al Giro di Lombardia, classificandosi 22° (Bartali sarà terzo).
1936
Il 1936 è per Giovanni l’anno del debutto al Giro d’Italia. La maglia sempre quella della Frejus, gli ordini quelli di mettersi al servizio di Olimpio Bizzi, focoso corridore livornese. Bizzi vince l’8ª tappa (Bari-Campobasso), ma successivamente è costretto al ritiro e Valetti viene promosso capitano. La corsa s’infiamma nella nona tappa, la Campobasso-L’Aquila (204 chilometri). Sulla salita di Rionero Sannitico, Bartali attacca. Arriva da solo con un vantaggio di 6’12” su Cesare Del Cancia e Valetti. Da quel momento Gino in maglia rosa si limita a controllare la corsa, corre sulla difensiva. A poco servono gli attacchi di Gepin Olmo (vincitore di ben 9 tappe in quel Giro). Bartali conquista il suo primo Giro d’Italia davanti a Olmo (Bianchi), Canavesi (Ganna), Mealli (Legnano) e Valetti (Frejus), che accumula un distacco di 14’15” (Mealli e a soli 11″). Considerando i 23 anni di Valetti il risultato è degno di nota, solo uno nei primi 5 è più giovane di lui, il vincitore Bartali (21 anni). Il taciturno piemontese ha trovato sulla sua strada uno più forte di lui, ma non si abbatte. Sente che un giorno potrà superarlo.
Il 1936 è ricordato anche per due ritiri eccellenti: quello di Alfredo Binda, che in conseguenza alla caduta (con rottura del femore) alla Milano-Sanremo decide di anticipare la sua uscita dalle corse, e quella definitiva di Costante Girardengo, con la partecipazione all’ultimo Giro. Gino Bartali è quindi esaltato come la nuova stella del ciclismo italiano. Tutti gli occhi e le penne sono per lui. Valetti si mostra un ottimo passista e tiene anche in salita. Capisce presto però che per contrastare il toscano deve puntare sulla regolarità. Scrive Pastonesi ne “Giro d’Italia, La grande storia”: «Valetti è un omone silenzioso e duro, forte e instancabile, più regolarista che scalatore, e un giorno Bartali lo avrebbe paragonato a Miguel Indurain».
1937
Valetti passa un anno ad allenarsi con l’unico obiettivo di battere Bartali al Giro d’Italia del 1937. Ha capito che date le sue caratteristiche e la forza di Bartali può solo provare ad attaccare da lontano. Al via di Milano l’uomo Frejus è in formissima. Si fa vedere già nella seconda tappa (Torino-Aqui Terme, vinta da Bernacchi), arriva nono e guadagna la seconda posizione in classifica generale alle spalle dello stesso Bernacchi.
Il giorno dopo, nella Acqui Terme-Genova (158 chilometri), va in fuga con Mario Vicini e Marco Cimatti. Nel finale di corsa vince di forza davanti ai più quotati avversari. È la prima vittoria al Giro, che gli vale anche la prima maglia rosa. Bartali arriva al traguardo con un ritardo di 2’30”. La maglia resta sulle sue spalle però solo per due giorni. Nella cronosquadre di 60 chilometri da Viareggio a Marina di Massa, la Legnano infligge distacchi pesanti (la Frejus, poco attrezzata per le prove contro il tempo, rimedia più di tre minuti). Bartali ha ora 54” di vantaggio sul piemontese. La soddisfazione di Gino però è limitata. In questo Giro sono state introdotte le semitappe e nel pomeriggio si tiene quella da Marina di Massa a Livorno (114 chilometri). Nuova fuga, sempre con Valetti dentro, che arriva al traguardo. Giovanni guadagna su Gino 1’30”, riprendendosi la maglia.
L’uomo Frejus viaggia per tre giorni con il simbolo del primato sulle spalle, fino al 16 maggio, quando si disputa la cronoscalata del Terminillo (Rieti-Terminillo, 20 km). Anche in questa occasione Gino vola e stravince davanti al compagno di squadra Mealli. Valetti arriva terzo, perdendo 1’03”. Per soli 20” deve cedere nuovamente la maglia. La sfida però non è conclusa. Nella Napoli-Foggia (166 chilometri) Gino attacca sulla salita del Monte Irpino facendo il vuoto. Il gruppo degli inseguitori, di cui fa parte anche Valetti, arriva con un ritardo di 1’12”. Il giorno successivo, 20 maggio (Foggia-San Severo, 186 km), altro attacco di Bartali, stavolta in compagnia di Cesare Del Cancia. Gino lascia la vittoria al compagno di fuga e si accontenta dei 2’08” guadagnati su Valetti.
La tenzone, però, non è finita. Il 21 maggio (Campobasso-Pescara, 258 chilometri), nel momento in cui il gruppo si spezza, Valetti si trova davanti, mentre Bartali nelle retrovie. Il piemontese guadagna 1’05” e riduce il suo svantaggio a 2’40”. Se consideriamo che il terzo è Del Cancia, che ha un distacco di 9’30”, è facile capire che, a una settimana dalla fine del Giro, la questione sia ormai solo tra questi due ragazzi.
Il 1937 è l’anno dell’introduzione delle Dolomiti nella corsa rosa. La 16° tappa (26 maggio, Vittorio Veneto-Merano, 227 km) è lo scenario perfetto per la disfida tra i due duellanti. Bartali attacca sul passo Rolle e stacca tutti. Prosegue la sua azione anche sul Costalunga e arriva con un vantaggio di 5’38” su un terzetto comprendente Valetti, Enrico Mollo e Walter Generati. Il giorno dopo vincerà anche lo sprint della Merano-Gardone Riviera.
Gino vince il Giro d’Italia con 8’18” su Giovanni. Se vogliamo per il piemontese è già una conquista rispetto al quarto d’ora rimediato l’anno prima. Resta il fatto che quando Gino trova la salita nessuno è in grado di tenerlo. A Valetti, che non ama le corse di un giorno, non resta che tornare ad allenarsi per l’anno successivo, sempre con l’obbiettivo di mettere la sua ruota davanti a quella del toscano.
Nell’estate del 1937, reduce da questa vittoria nella corsa rosa, Bartali viene portato al Tour de France, con il dichiarato obbiettivo di vincere anche quella francese per l’onor di patria. In attesa delle montagne dove spiccare il volo, Gino controlla la situazione, ben consigliato da Girardengo (CT della Nazionale italiana). Solo la fortunosa caduta in un torrente ne blocca il proposito. Da Roma arriva l’ordine di ritirarsi e a nulla valgono le proteste del toscano, anche con Desgrange che, capita la situazione, diplomaticamente accetta l’imposizione della Federazione Italiana. La conquista della Francia è solo rimandata per Gino, anzi è l’imperativo imposto dal regime fascista per il 1938. Salterà anche il Giro per dedicarsi solo a quello di Francia.
1938
Valetti si trova quindi senza il suo grande avversario. Più che l’idea della strada spianata verso il successo in lui sembra prevalere la rabbia per non potersi confrontare con il rivale toscano. Il suo Giro non comincia nel migliore dei modi. Nella seconda tappa (Torino-Sanremo) la fuga arriva con un vantaggio di ben 8’41” sul gruppo che comprende il piemontese. Dopo solo tre giorni il corridore della Frejus ha un ritardo dalla maglia rosa, Del Cancia, di 9 minuti. Vince la semitappa mattutina della quarta frazione (Santa Margherita Ligure-La Spezia, 81 km), recuperando 1’45”. Senza Bartali in corsa, fa sua anche la cronoscalata del Terminillo (prima semitappa della settima giornata). A pochi secondi gli arriva un giovanissimo Giordano Cottur, ma sopratutto Giovanni recupera altri minuti a Del Cancia. Adesso è a 3’19” dalla maglia rosa.
L’inseguimento si completa nella tappa Napoli-Lanciano (221 chilometri). Valetti attacca con Cottur sulla salita di Rionero Sannitico. Nessuno è in grado di riprenderli e i due arrivano al traguardo con un vantaggio di 4’46”. Giovanni si prende la maglia per non lasciarla più.Anche sulle Dolomiti, il 25 maggio (15° tappa, Belluno-Recoaro Terme, 249 km), si mette in mostra andando a vincere la tappa. Scatta sul Pian delle Fugazze e non lo vedono più. Ezio Cecchi arriva secondo a 1’46” (Settimo Simonini è terzo a 3’11”, Giuseppe Martano è quarto a 5’46”). Da qui in poi Valetti si limita a controllare. A Milano il secondo classificato (Ezio Cecchi) arriverà con un distacco di 8’52”, mentre il terzo (Severino Canavesi) con oltre 9’. Facile immaginare che sulle pagine dei giornali più che esaltare la sua vittoria si faccia riferimento all’assenza di Gino, sminuendo le doti di Giovanni.
Nel mese di luglio Bartali vince il Tour de France, primo italiano dopo Bottecchia (vincitore nel ‘24 e nel’25). Il duello tra i due prosegue a distanza. Valetti, infatti, ad agosto partecipa e vince il Tour de Suisse. Vince due tappe (la terza e la quarta) e trionfa con 12’44” sul secondo classificato, il lussemburghese Arsène Mersch. Le attese per il 1939 sono quindi altissime.
1939
La corsa rosa fin da subito mette davanti i due contendenti. Nella seconda tappa (Torino-Genova, 226 chilometri) Gino va in fuga con Cino Cinelli e Mario Vicini e li batte in volata. Conquista la maglia, mentre Giovanni paga un pegno di 3’. Il giorno successivo gli rende pan per focaccia. Nella Genova-Pisa (187 chilometri) parte una fuga di 10 corridori con dentro Valetti. Il gruppetto arriva e Gino perde la bellezza di 7’02”. In solo 24 ore la situazione si è ribaltata e adesso il piemontese ha un vantaggio di 1’30” sul toscano.
Il confronto tra i due trova terreno fertile nella ormai classica cronoscalata del Terminillo (sesta tappa, 4 maggio). Valetti supera Bartali di 28” nei 14 km di ascesa. Il terzo, Michele Benente, arriva con un ritardo di 1’38”. Cino Cinelli mantiene la maglia, ma è chiaro che lo scontro per il primato è tra i due. Nella nona tappa (seconda semitappa Forlì-Firenze) Gino vince in volata, ma Valetti conquista la maglia. Adesso sono divisi da 1’50”. Altra crono di 40 km, quella da Trieste-Gorizia (13 maggio). Nuovamente il piemontese stacca tutti. Vince con 52” sul compagno di squadra Olimpio Bizzi. Bartali è nono, con un distacco di 2’09”. Ora la differenza in classifica è di quasi 4 minuti (3’59”).
Ed eccoci alle montagne, eccoci alle Dolomiti. 15° tappa (15 maggio, Cortina d’Ampezzo-Trento, 258 chilometri). Non sono ancora i Monti Pallidi di Buzzati, ma sempre dure salite da superare. Bartali mette in mostra tutte le sue doti di grimpeur, vincendo poi allo sprint sul gruppetto di 5 corridori che compongono la fuga. Valetti è crollato. Scrive Carlo Delfino (insieme a Gianpiero Petrucci) nel libro “Il campione che sconfisse il mito”: «Bizzi rimane al fianco del “capitano”, incitandolo e confortandolo, spesso anche spingendolo: ma Valetti, vittima di una delle sue celebri “cotte”, non va: la pedalata è pesante, il ritmo fioco, lo sguardo spento». Arriva con 7’48” di ritardo. Adesso Gino, primo in classifica, ha un vantaggio di 3’49” su Giovanni (4°). Qui sembra che il Giro sia concluso. Quali speranze può avere il corridore della Frejus per ribaltare la situazione? Dopo il riposo un’altra tappa di montagna, in cui si ipotizza un nuovo assolo del toscano. Ma non tutto è già scritto. Il giorno di risposo cade a pennello per Giovanni. All’amico Guido Giardini, che lo intervista per la Gazzetta, dice: «Non è mica finita! Mi vedranno. Domani dentro a corpo morto. O mi portano all’ospedale o ballo una rumba che se la ricorderanno tutti per un pezzo».
16° tappa (17 maggio), Trento-Sondrio (166 chilometri). Giornata bagnata, destinata a peggiorare. Parte la corsa e Valetti va in fuga col compagno Bizzi all’ingresso della frazione Taio. Bartali non si fa sorprendere e si aggancia. A Cles i tre hanno un vantaggio di 1’38”. Gino fora. I due Frejus se ne vanno. Più avanti anche Giovanni fora, ma Olimpio è lì, gli passa immediatamente la ruota. A Caldes il piemontese ha 57” di vantaggio sul compagno, 2’31” sul gruppo. Il tempo peggiora e compare la neve. Di Bartali si hanno poche e confuse notizie. Sembra abbia forato ancora, poi che sia caduto e infine che sia andato in crisi per il freddo. Più probabilmente non ha recuperato al meglio lo sforzo del Rolle. Giovanni scala l’Aprica come se fosse una cronoscalata e il vantaggio si dilata. In discesa Bartali (che è passato in cima con un ritardo di 5’31”) si butta e cerca di recuperare, ma il distacco resta tale. Al traguardo Valetti arriva da solo, ad attenderlo i fratelli Ghelfi, proprietari della Frejus. Gino arriva con uno svantaggio di 6’48”. In sole 48 ore, con il riposo nel mezzo, le parti si sono invertite. Un’impresa in stile Bartali è stata compiuta dal suo rivale.
Il giorno successivo (18 maggio, tappa Sondrio-Milano), Gino prova disperatamente a recuperare terreno sul Ghisallo, ma Giovanni ne spegne ogni speranza (passa in cima con solo 36” di ritardo). Il Giro è suo. Ha finalmente, dopo un inseguimento durato anni, battuto la sua nemesi. Oltre alle lodi per Valetti, anche qualche critica a Bartali, che è chiamato a dare risposta ai prossimi Mondiali di Varese, che però non si disputeranno per l’invasione della Germania nei confronti della Polonia.
1940
Valetti monetizza il secondo successo al Giro passando alla Bianchi, da tempo senza un campione per le corse a tappe. Si prospetta una rivincita tra i due antagonisti, ma in casa Legnano il 1940 sarà condizionato dall’ascesa del giovane Fausto Coppi e di quell’antica tenzone tra Bartali e Valetti rimane solo la memoria. Giovanni conclude mestamente fuori dai primi 10 quel Giro. In stagione combina poco o nulla e dopo un solo anno il principesco contratto con la Bianchi viene chiuso. La Seconda Guerra Mondiale ne decreta la fine della carriera ciclistica ad alto livello. Fa qualche gara durante la guerra, prima con la Olmo e poi con la Frejus, ma senza risultati. Si sposa nel 1943 e apre una latteria a Cesana Torinese. Tra il 1946 e il 1948 corre da isolato. Valetti sembra però l’ombra di se stesso. Concluderà definitivamente la carriera con la Milano-Sanremo nel 1948. Successivamente diviene operaio della FIAT a Torino, attività che svolgerà fino alla pensione. Muore il 28 maggio 1998.
La sensazione che rimane è quella di un Valetti che abbia bruciato tutto nella tappa di Sondrio. Non solo le energie fisiche, ma anche quelle mentali presenti e del futuro. È riuscito nella sua impresa personale, superare il gigante Bartali, anche solo per una volta, bruciando se stesso. La sua grandezza è data, di riflesso, da quella di Bartali. Ci voleva un grande ciclista per vincere contro il giovane e irresistibile Bartali che tutto il mondo ha conosciuto prima della guerra.
A cura di: Marco Pasquini Sito: inbarbaallebici.wordpress.com Foto: archivio fotografico Carlo Delfino