Un giorno qualcuno affermò: “Se Dio esiste, si è senza dubbio ispirato agli angeli per forgiare Jacques Anquetil. Stesso sguardo azzurro, stesso volto diafano, stessi capelli chiari. Le sue gambe, sembrano ali, sono leggere e incredibilmente agili, danno l’illusione che il Normanno sorvoli la strada”.
Insomma, un corridore benedetto dal cielo, forte, bello ed elegante. Ma andiamo con ordine, perché per raccontare la storia di Jaques Anquetil serve fare un salto indietro nel tempo.
La nostra storia ha inizio nel 1934 a Mont-Saint-Aignan, vicino alla città di Rouen, nel nord della Francia, in quella regione chiamata Normandia. Otto agosto, la signora Marie e il signor Ernest danno alla luce il piccolo Jacques. La loro è una famiglia piuttosto benestante: sono proprietari terrieri e la piantagione di fragole rende piuttosto bene. Jacques cresce nella più totale serenità, non conosce la crisi della guerra, in casa si mangia bene. Va a scuola e prende il diploma da tornitore. Il padre, però, dopo lo studio lo manda a lavorare nei campi assieme ai braccianti: li imparerà cosa vuol dire faticare. Jacques non teme gli sforzi intensi – e questo un giorno gli gioverà assai – intanto passa l’infanzia a rompersi la schiena nei campi.
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Subito vincente
A diciassette anni scopre la bicicletta e nello stesso anno disputa la sua prima gara. Quelli che se ne intendono di ciclismo capiscono da subito che il giovanotto non scherza affatto. Solo due anni dopo passa al professionismo e vince il Grand Prix des Nations, una sorta di campionato del mondo dove si sfidavano tutti i più forti cronomen in circolazione. Jacques andava forte contro il tempo, andava più forte di tutti, e sulla bicicletta era elegantissimo. Gli agiografi di Anquetil – perché qui si parla della storia di un santo – assicurano che il Normanno potesse correre una gara a cronometro e vincerla con una coppa di champagne sopra la schiena senza versarne una sola goccia durante corsa. Un campione scontroso, istrionico, temerario e amante degli eccessi, sempre al centro dell’attenzione.
Jacques andava forte contro il cronometro, andava più forte di tutti
Anquetil, quel Grand Prix de Nations, lo vinse ben nove volte. Fu il primo corridore a vincere cinque Tour de France: il primo nel ’57 e poi quattro botte consecutive: ’61, ’62, ’63, ’64. Fu il primo ad imporsi in tutti e tre i grandi giri, vinse Giro d’Italia, la Vuelta Espagna, la Gand Wevelgem, la Bordeax Parigi, la Liegi-Bastogne-Liegi; tolse il record dell’ora a Fausto Coppi.
Ma Jacques Anquetil era forte anche quando prendeva delle decisioni. Dopo la vittoria nella Liegi-Bastogne-Liegi del 1966 si rifiutò di sottoporsi al controllo antidoping, e lo fece imprecando pure contro lo staff medico che lo convocò. Rifiutò di sottoporsi al controllo anche il 27 settembre 1967, dopo aver conquistato per la seconda volta il record dell’ora. Con quella decisione scatenò il finimondo: del resto, erano passati solo pochi mesi dalla morte di Tom Simpson a causa del doping e tutti erano ancora scossi dalla morte dell’inglese in diretta TV. In questo divenne per i francesi un corridore antipatico. Anquetil vinse moltissime corse nella sua carriera. Il Tour de France del 1961 lo fece in maglia gialla dal primo all’ultimo giorno. Fu ribattezzato Maitre Jacques perché era il migliore di tutti.
Una rivalità storica
Se vogliamo dirla tutta, il Normanno non era molto amato dal pubblico soprattutto per via del suo carattere di freddo calcolatore. Critiche a volte ingiuste, perché Anquetil era capace anche di colpi spettacolari, come quella volta nel 1965, quando vinse il Criterium du Dauphine Libèrè e raddoppiò poche ore più tardi con una vittoria alla Bordeaux – Paris, il tutto senza un’ora di sonno. Se Maitre Jacques non scaldava le folle fu anche causa della simpatia dei francesi per i secondi, ragion per cui la sua grande rivalità al Tour con Raymond Poulidor spaccò la Francia in due.
i francesi adorano i secondi, ecco perché la sua rivalità con raymond poulidor diventò epica
Come tutti i grandi campioni fu idolatrato e odiato, amatissimo e detestato. Al debutto nel Tour de France del 1957 pretese che dalla squadra francese venisse escluso un uomo-simbolo come Louison Bobet, che dal ’53 al ’55 aveva vinto tre volte la grande corsa a tappe francese. I tecnici lo accontentarono e Jacques li ricompensò dominando la corsa con un quarto d’ora di vantaggio sul belga Marcel Janssens. Otto anni dopo, alla vigilia del Tour 1965 – al quale non poté prendere parte perché infortunato – convocò a cena nel giorno di vigilia tutti i capitani delle squadre avversarie, tranne il suo acerrimo rivale Raymond Poulidor. Dopo aver cenato con ostriche e champagne, esibì un libretto di assegni. Chiese un attimo di silenzio, quindi firmò un tagliando in bianco dicendo ai colleghi stupefatti: “Questo è per voi, mettete la cifra che vi sembrerà più opportuna. Vinca chiunque, ma non Poulidor”. A Parigi, quell’anno, trionfò Felice Gimondi su Poulidor e Gianni Motta.
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oltre ogni limite
Fin qui abbiamo visto l’uomo forte, imbattibile, freddo calcolatore, bello, impassibile, elegante: insomma una figura quasi divina. Ma chi era l’uomo? Possiamo affermare che se l’Anquetil corridore riuscì a impressionare tutti indistintamente per la sua classe incommensurabile, l’Anquetil uomo invece sbalordì per come condusse la sua vita: sempre all’estremo e all’insegna dell’esagerazione. Amava le ostriche, lo champagne, le auto di lusso e le donne. Adorava la bella vita, insomma, e intanto continuava a vincere.
Facciamo nuovamente un salto nel tempo e torniamo nel 1952, quando un Anquetil appena diciottenne si infatua di Janine: lei ha 6 anni più di lui, è la moglie del suo medico e lo ricambia segretamente. Del resto era ovvio, considerando il fatto che era sposata ma soprattutto perché in quella società piuttosto bigotta era appena scoppiato lo scandalo di Fausto Coppi e della Dama Bianca Giulia Occhini, che la portò in carcere per adulterio.
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Passano gli anni e Janine divorzia dal marito per sposarsi con Jacques, nel 1958. I due vanno a vivere insieme alla villa degli Elfi, in Normandia: un’autentica reggia, un castello da fiaba circondato da 170 ettari di bosco. Alla coppia si uniscono i due figli che Janine aveva avuto dal precedente matrimonio, Annie e Alain. Conducono una vita felice fino al 1969, quando ad Anquetil monta il desiderio di diventare padre. Janine però non può rimanere incinta: il marito le aveva praticato un’operazione irreversibile e non poteva avere altri figli. Ecco allora il primo colpo di scena: un accordo segreto.
Nel 1972 Janine “concede” la figlia Annie al marito che con lei fa una figlia che si chiamerà Sophie. Annie dirà, tempo dopo, che era innamorata del marito della madre fin dal primo giorno. Tutti pensavano che Sophie fosse figlia di Janine e invece era la nipote. Per 12 anni Anquetil passò le notti tra due letti, prima quello della figlia, poi quello della madre.
Con gli anni, però, Janine e Annie diventano rivali e la situazione insostenibile, cosicché Alain, l’altro figlio di Janine, profondamente contrariato dalla situazione creatasi, se ne va dalla villa con la moglie Dominique da cui ha avuto un figlio, Steve. Una vita tormentata, quella di Jacques Anquetil lontano dalle corse. Tormentata per lui e per chi gli visse accanto. Ma non è finita.
Nel 1984 Anquetil ha 50 anni e vive nella villa con Janine, Annie e la piccola Sophie. Le due donne litigano sempre mentre Alain con la sua sposa, Dominique, ogni tanto va a trovare la mamma e la sorella. Altro colpo di scena: Jacques riesce a sedurre Dominique che si separa da Alain e diventa la nuova regina della villa degli Elfi. Da questa nuova relazione scioccante nasce Christopher, che diventerà anche lui un ciclista non ai livelli del padre ma con lo stesso identico stile.
In gara fino all’ultimo
Questi sono solo alcuni momenti della vita di Jacques Anquetil. Ci vorrebbero un paio di volumi per raccontare completamente la vita di questo personaggio così temerario, eclettico, indisponente ma così terribilmente affascinante, al punto da ricevere la stima anche del suo eterno rivale, Poulidor.
«anche stavolta arriverai secondo!», disse a poulidor poco prima di morire.
Alla fine i due rivali si sono riavvicinati. Nel novembre 1987, prima di prendere un aereo per la Martinica, Raymond sa che non rivedrà più il suo vecchio amico. Chiama Jacques, che sta morendo per un cancro allo stomaco. “Sto soffrendo”, ansima Anquetil: “È ancora più dura che sul Puy de Dome”. Ma neppure in quell’occasione Anquetil svestì i panni del mattatore: “Anche stavolta arrivi secondo, Raymond: muoio prima io!”. Non più sudore, all’altro capo del filo, ma lacrime.
Il campione che meravigliò il mondo, il sultano che riuscì a scandalizzarlo, colui che amò moglie figlia e nuora, morì a soli 53 anni il 18 novembre 1987, e dietro il suo feretro sfilarono tutte le sue donne. Prima fra tutte colei che per amore assoluto e scellerato aveva concesso la sua stessa figlia a quell’uomo adorato: Janine, che per tutta la vita gli rimase fedele.