Questa è la storia di uno dei Moschettieri dell’Atala (ne abbiamo parlato su BE47) che furoreggiò nella Belle Époque. Questa è la storia di Luigi Ganna, il primo vincitore del Giro d’Italia, non più corridore ma imprenditore.
La Grande Guerra è stata inesorabile spartiacque per i pionieri della bicicletta. Galetti torna definitivamente a essere un tipografo e Pavesi prova a riprendere a correre, ma nel 1920 accetta di diventare DS della Bianchi (come abbiamo raccontato su BE49), prima di legarsi a vita con la Legnano. Il terzo moschettiere, quel Luigi Ganna inesauribile routier, segue una strada diversa rispetto a quella dell’Avocatt, ma resta legato al mondo della bicicletta: nel 1910 aveva infatti fondato la società Cicli Ganna.
Nel 1912, anno della vittoria del Giro d’Italia a squadre con l’Atala, aveva conquistato con una sua bicicletta la Gran Fondo – Seicento, di cui sfrutterà il favore pubblicitario lanciando la produzione in piccola serie. Ulteriore prestigio gli era arrivato con Oriani, vittorioso nel Giro di Lombardia sempre su macchina Ganna. Nel 1914, a seguito di una rovinosa caduta nella corsa rosa che lo aveva costretto al ritiro, “Luisin” aveva deciso di abbandonare definitivamente l’attività agonistica e dedicarsi a tempo pieno alla sua azienda ciclistica. Non si era però limitato a seguire l’avviata fabbrica di biciclette, ma aveva dato vita anche a una squadra sportiva.
Il primo conflitto mondiale rallenta tutto, ma non le idee di Ganna. Converte la fabbrica, comincia a costruire spolette per obici. Prova a sopravvivere. Racconta Claudio Gregori nel suo “Ganna”: «Nel dopoguerra Ganna ricomincia nel solo modo che conosce: il duro lavoro. Attento alla lira. Sobrio. Fornisce la bicicletta a giovani, a corridori nuovi. Non offre ingaggi d’oro». Sulla questione contratti l’esperienza con Gatti nel periodo Atala è stata di insegnamento sia per lui che per Pavesi. Nel 1921 ingaggia il padovano Adriano Zanaga, che ha appena vinto il campionato italiano tra i dilettanti. Nello stesso anno il corridore conquista la Coppa del Re, la Tre Valli Varesine (nella quale però viene declassato), la Popolarissima e la Coppa della Vittoria. Nel 1922 l’alfiere della Ganna fa sue la Milano – Torino e la Coppa della Vittoria, arrivando anche quarto nella Milano – Sanremo. È in questo periodo che si comincia a parlare di un corridore trevigiano, un po’ in là con gli anni (27), ma forte scalatore: Ottavio Bottecchia. Ganna in quel periodo dava le biciclette anche agli sconosciuti.
Lo stesso Ganna racconterà: «Si presentò alle mie officine per avere una bicicletta da corsa speciale e qualche aiuto che gli permettesse di poter più agevolmente affrontare le competizioni. La prima impressione non fu delle più entusiasmanti. Non più giovanissimo, nulla a prima vista – nel suo aspetto – lasciava indovinare il campione. Osservandolo meglio, però, intravidi in lui un fascio di nervi e di volontà». Gli viene data una Ganna da corsa che pagherà a rate. Bottecchia ripaga la fiducia con un sesto posto nel Giro di Lombardia. Nella Milano – Sanremo dell’anno successivo Ottavio corre con la maglia bianco-blu. Sul Turchino passa per primo avendo staccato tutti gli avversari (e incassa il premio di 1000 lire). Resiste sui Capi e arriva con i migliori, classificandosi nono. «Cambiano gli uomini, ma Ganna nella Milano – Sanremo vince sempre. Bottecchia si classifica primo degli isolati e nono nella classifica generale, aggiudicandosi il primo premio del Consorzio Industria della Gomma», canta giulivo Luisin sulla Gazzetta dello Sport.
Pur avendo sciolto la squadra, Ganna decide di mettere sotto contratto Bottecchia per 150 lire al mese. Gli fornisce la bicicletta e un supporto diretto, ma Bottecchia resta un isolato. Commenta Gregori: «Il suo obiettivo è essere primo degli isolati. Per lui Ganna si muove da Varese e va al Giro. A Napoli compra un polpettone. Lo taglia. Avvolge le fette in carta oleata e le da a Bottecchia. Questi le divora. Il segreto della corsa sta nel combustibile. E l’amicizia e l’affetto servono più delle pillole di stricnina. Però, proprio quel giorno, Bottecchia sta male. Ganna lo cura. Al termine della Napoli – Chieti per la prima volta gli paga l’albergo. Quando poi, il 4 giugno, nella Chieti – Bologna, Bottecchia liquidando Trentarossi torna definitivamente leader degli isolati, lo invita a cena». Quel Giro viene vinto da Girardengo. Bottecchia lo conclude al quinto posto, primo degli isolati. Qui però si chiude la parentesi del trevigiano con la Ganna. Già la sera della tappa di Bologna, infatti, c’erano stati il contatto con Borella e l’invito della Automoto, che gli aprono le porte del Tour de France.
OLTRE GLI OSTACOLI
Nonostante le buone prestazioni del corridore di San Martino di Colle Umberto, le biciclette marcate Ganna fanno fatica a essere vendute. Ma Luigi non si abbatte: la strada gli ha insegnato a combattere e a resistere. Così nel 1925 decide di cambiare, di dedicarsi alla costruzione delle motociclette. S’ispira alla Bianchi che nelle moto sta vivendo un momento esaltante grazie a un tenace pilota, Tazio Nuvolari. Luigi capisce che deve andare a cercare la miglior componentistica per fare moto uniche e ricercate. «Non sa una parola di inglese, ma non esita a recarsi in Inghilterra. Aggiunge allo smog di Londra le nuvole del suo toscano. Impara, tratta, acquista. Adotta motori Blackburne, cambi Burman, pompe Best & Druid», chiosa Gregori.
Per qualche anno le moto Ganna hanno buon mercato in Italia e all’estero, risollevando le sorti dell’azienda. Ma Luisin ha il ciclismo nel cuore. Riprende la produzione di biciclette e nel 1932 le competizioni. È subito un successo. Alle Olimpiadi di Los Angeles un giovanissimo Attilio Pavesi (21 anni) arriva primo nella 100 km a cronometro. Le medaglie d’oro saranno due: Pavesi vince, per somma dei tempi, anche l’oro di squadra. «Ganna torna a esultare alla Sanremo, primo con Jeff Demuysére nel ‘34 e con Del Cancia nel ‘37. Il belga Demuysére su bici Ganna sfiora la prima vittoria degli stranieri al Giro: secondo nel ‘32 e nel ‘33. La Ganna si fa onore al Tour del ‘37 con Vicini, il Rosso di Cesena, che dopo il ritiro di Bartali lambisce la vittoria. Cavalcano la Ganna eccellenti corridori come Meini, Cipriani, Morelli, lo scalatore Vervaecke, Servadei, Rimoldi, Canavesi, i fratelli Magne, Pierre e Antonin, vincitore di due Tour, Gastone Rebry, primo per tre volte nella Roubaix», scrive Gregori. Poi il secondo conflitto mondiale annebbia tutto e tutto rallenta, fin quasi a fermarsi, anche i sogni di conquista di Ganna.
Terminata la guerra l’Italia riparte e Ganna torna al Giro. Lo fa inizialmente da mossiere nel 1947, poi, dal 1949, con una squadra. È composta prevalentemente da belgi e capitanata da Pino Cerami, un emigrante naturalizzato belga. Il gruppo è guidato dal figlio di Ganna, Tino. La vera svolta avviene con la stagione 1951, quando Luisin ingaggia Fiorenzo Magni. Racconta Bulbarelli in “Magni, il terzo uomo”: «”Penso di essermi assicurato un carico di lauri e di gioie”, con queste parole Luigi Ganna commentò la firma del contratto di Fiorenzo Magni per la Cicli Ganna. Ci aveva visto bene il vecchio “re del fango”. Il vincitore della prima edizione del Giro d’Italia, diventato costruttore di biciclette, puntò proprio su Magni per la stagione ciclistica 1951».
E Ganna non rimane deluso. Magni in quella sua annata magica conquista il terzo Fiandre consecutivo e il Giro d’Italia. Finalmente Ganna torna vincitore della corsa rosa, anche se solo come costruttore. Sulla Gazzetta dello Sport rilascia un grato e telegrafico saluto al suo capitano: «Caro Fiorenzo, è con vivissima soddisfazione e con sentita gratitudine che vedo il mio nome di costruttore di biciclette riapparire, al tuo merito, nel libro d’oro del Giro d’Italia, a 42 anni dalla mia vittoria nella prima edizione della corsa del popolo, Luigi Ganna». In questo periodo con le sue bici vincerà 23 tappe del Giro d’Italia. S’imporrà anche in alcune frazioni del Tour e nel campionato italiano.
I tempi, però, stanno cambiando. Difficile far durare una piccola squadra come la Cicli Ganna e competere con i grandi squadroni. Viene così deciso di chiudere la squadra sportiva. È lo stesso Fiorenzo Magni a ricordarlo: «Sul finire del 1953, dopo il Giro di Lombardia, Tino Ganna mi comunicò che, causa una difficile congiuntura economica, non avrebbero potuto allestire la squadra per l’anno successivo. Fu un brutto colpo. Ormai alla Ganna mi sentivo in famiglia, ma in qualche modo bisognava provvedere.» Da lì si aprirono le porte per la grande rivoluzione del ciclismo, l’ingresso degli sponsor extra ciclistici.
Il vecchio Luisin a 70 anni è ancora attivo in azienda, ma il peso degli anni, tra quelli da corridore e i pensieri come imprenditore, comincia a farsi sentire. Ganna padre si spegnerà il 2 ottobre del 1957 a Varese. Così lo ricorda il giorno dopo Giuseppe Ambrosini sulla Gazzetta dello Sport: «Reggeva il Nostro come una quercia all’usura degli anni, in parte dedicati allo sport e in parte al lavoro, tutti alla bicicletta, quando il suo grande cuore ha avuto uno schianto al quale pur pareva potesse resistere: ma, dopo due giorni di lotta, anch’esso è giunto al suo ultimo battito».