Si frugò nelle tasche del paltò.
Tastò per bene, trovò tutto, poi decise che non era il caso di farlo in movimento. E così tirò i freni e una volta fermo tirò fuori tutto e con una certa furia di sbrigarsi.
«Forza, forza», bisbigliò, mentre nella testa ripeteva ossessivamente quella ventina di parole che gli erano balenate nella mente.
Aprì il taccuino alla prima pagina bianca, perché per scrivere certe cose serve una pagina bianca. Sfregò la punta della matita tra pollice e indice, come era sempre solito fare da quando glielo aveva insegnato la maestra al primo anno di scuola. L’aveva sempre fatto, continuava a farlo nonostante le prese in giro: «Ma com’è possibile che T.S. Eliot, il poeta e l’uomo di banca se ne vada in giro con le mani sporche di matita come un bambino?», chiese a gran voce ridendo lady Broen a una lettura di poesie fuori dalla Royal Albert Hall a Londra. Lui, un po’ imbarazzato, rispose che anche i poeti dovevano lavorare e per lavorare dovevano scrivere e lui preferiva la matita. Risero in molti. Lady Broen non la prese bene e il marito, mister Broen, che muoveva sterle a palate, tolse dai suoi negozi tutti i suoi volumi. Nemmeno quello servì a fargli passare il vizio.
Rimase un attimo incerto sul da farsi. La ruota anteriore non era ben salda, tendeva a sbilanciare tutta la bicicletta e questo lo infastidiva. Agì sul manubrio per mettere la ruota in asse, controllò che tutto fosse ben saldo. Così non era. Allora scese smontò del tutto di sella, appoggiò con delicatezza la bicicletta al primo albero e appoggiò la schiena sul tronco. Così era meglio, constatò.
Rimase ancora incerto sul da farsi. Cosa diamine doveva scrivere? Sbuffò. Perché si era fermato? Per quale dannato motivo aveva messo il piede a terra come odiava fare?
«Ah sì. Giusto».
Rimise la punta della matita tra pollice e indice. Appoggiò la matita sulla pagina bianca del taccuino.
“Between the idea
And the reality
Between the motion
And the act
Falls the Shadow”.
Scrisse questo. Scrisse questo e lo trovò buono. Era da giorni che cercava le parole giuste. S’era impantanato e non riusciva ad andare avanti. S’era impantanato pure nella vita, pensò. Si guardò attorno. Era così.
Cosa ci faceva tra le colline dello Yorkshire un martedì pomeriggio di giugno vestito con i calzoni a trequarti e una camicia a maniche corte con una bicicletta a fianco?
Rilesse le cinque righe che aveva scritto. Sì, erano proprio quelle giuste, si disse.
Guardò la bicicletta e accarezzò il telaio.
Aveva provato a lungo a trovare l’ispirazione nella birra o nel whisky. Ma la prima lo gonfiava e gli dava problemi di meteorismo e il secondo lo faceva addormentare. Per questo aveva preferito il vino, ma non sempre se lo poteva permettere.
Un giorno gli suonarono alla porta, aprì e si trovò davanti un fattorino con una lettera e una bicicletta.
«Gentile signor T.S. Eliot, sono sir Harold Bowden, le invio questa bicicletta per omaggiarla del magnifico volume che ha nominato “La terra desolata”. Spero un giorno di potere conoscere di persona un tale illuminato poeta, intanto accetti questo mio dono in segno di riconoscenza».
Guardò la sua Raleigh e ne accarezzò ancora il telaio.
Non avrebbe mai rifiutato un bicchiere di vino, solo uno sciocco può preferire una vita astemia a una vita etilica, ma quei giorni a pedalare per ritrovare il controllo dei suoi nervi erano stati ben più fruttuosi di intere serate a evitare che il bicchiere fosse pieno.
“Between the idea
And the reality
Between the motion
And the act
Falls the Shadow”.
Rilesse a mezza voce quelle cinque righe. Andavano proprio bene, pensò.
Risalì in bicicletta e si rimise a pedalare verso nessuna direzione sulla sua bella bicicletta. Pensò che avrebbe dovuto ritornare a Londra e che non ne aveva la benché minima voglia. Pensò che avrebbe dovuto finire la poesia a cui stava lavorando da mesi e che invece ne aveva un sacco voglia. Pensò che aveva perso il sigaro e che lo doveva ricomprare e che la bicicletta ha solo un grande ed enorme problema: non ti fa apprezzare davvero il sigaro mentre la si pedala. Pensò che avrebbe dovuto iniziare con la pipa, che forse la pipa era più adatta al pedalare.
Pensò soprattutto che a Londra avrebbe ritrovato sua moglie e il lavoro e che né sua moglie né i suoi colleghi e capi erano le persone che avrebbe voluto avere al suo fianco.
Pensò, forse, che in fondo la bicicletta è il modo migliore per stare al mondo perché non prevede la necessità di avere qualcuno al fianco, ma dà la possibilità alle persone di andare alla stessa velocità. O forse non lo pensò.
Aveva bisogno di un sigaro, di un dannatissimo sigaro. E di un bicchiere di vino. Che posto di merda lo Yorkshire dove ci sono solo birra, whisky e tranquillità. Pensò che lui non era davvero uno da Yorkshire, che lui era uno da Londra, uno che in fondo ci stava bene a Londra, perché c’era di tutto, anche se non si pedalava tranquilli e di gusto come tra le colline dello Yorkshire.
Poteva fare a meno della bicicletta? Accese il sigaro che aveva appena acquistato. Si sentì benissimo.
Poteva fare a meno della bicicletta? Senz’altro poteva fare a meno di sua moglie e dei suoi colleghi e dei suoi capi.
La vita è fatta di priorità, pensò. Tirò un’altra boccata e iniziò a camminare tenendo il manubrio della bici con la mano che non reggeva il sigaro.