Biciclette e auto sembrano oggi antagoniste.
La ricerca di nuovi e più sostenibili stili di vita, soprattutto nelle città, ha messo biciclette e auto le une contro le altre, armate. Oggi le biciclette, dopo l’avvento delle e-bike, sembrano uscirne vittoriose. Prima dell’inizio della produzione delle e-bike non avevamo aziende che producevano sia biciclette che auto. La stessa Peugeot rese totalmente indipendente la produzione dei due tipi di veicoli, creando nel 1926 due diverse società.
Ma non è sempre stato così! Infatti possiamo dire che tutta l’industria mondiale di automezzi può essere collocata in due macro-categorie: quella delle aziende che hanno iniziato la loro attività con la produzione delle biciclette per poi passare alle auto, come Peugeot, Wolseley, Singer, Rover, Hillman, Triumph, Puch e Bianchi, e quella delle aziende che hanno iniziato a produrre le auto e poi le biciclette, come Mercedes, Fiat, Legnano, che produceva vetturette su licenza Wolseley. La cosa più rara, anzi unica, è stata trovare una carrozzeria, costruttrice delle più eleganti e prestazionali auto della propria epoca, che realizzasse anche biciclette. Ci riferiamo alla milanese Carrozzeria Touring che, fondata da Felice Bianchi Anderloni, fu indubbiamente il più importante e significativo “atelier d’auto” tra le due guerre.
Felice Bianchi Anderloni nacque nel 1882 a Roma, ma la famiglia era milanese da sempre. Ebbe ben tre sorelle che sposarono Cesare Isotta, Antonio e Vincenzo Fraschini: praticamente aveva l’Isotta Fraschini in casa. Accontentata la famiglia con il conseguimento della laurea in giurisprudenza, Felice non esercitò mai la professione forense del padre. Durante la Prima Guerra Mondiale, in qualità di ufficiale di artiglieria, tenne i collegamenti con l’Isotta Fraschini, che produceva pure mezzi militari, facendo anche l’istruttore di guida per le truppe. Nonostante la parentela, e sebbene lavorasse all’Isotta Fraschini, non ricevette mai vantaggi dai cognati. Dovette attendere la crisi dei primi Anni ’20 per veder cedere i pacchetti azionari dei cognati e accrescere così l’importanza del suo ruolo in azienda, quale collaudatore e responsabile della squadra corse IF assieme a Bindo Maserati.
Passò quindi alla Peugeot Italia della famiglia Cella, e proprio con una Peugeot si aggiudicò la Coppa delle Alpi del 1925, anno in cui riscosse altri successi come la Coppa Rinaldi e un secondo posto alla Coppa della Fiera di Milano, che si corse a Monza il 19 aprile. Ma la sua aspirazione non era quella di fare il pilota, già ce n’erano troppi di validi campioni: Gastone Grilli Peri, Felice Nazzaro, Pietro Bordino e l’astro nascente Tazio Nuvolari. Felice sognava di poter costruire le macchine da dare a quei piloti. Nella sua esperienza agonistica aveva maturato quel convincimento che lo guiderà per tutta la vita: «Il peso è il nemico e l’aria l’ostacolo». Questo motto gli permetterà di realizzare auto essenziali, senza fronzoli, ma eleganti e aerodinamiche. Così, con l’amico Avv. Gaetano Ponzoni, acquistò nel 1926 la carrozzeria Falco di Vittorio Ascari, fratello di Antonio e zio di Alberto, fondando la Carrozzeria Touring, con sede a Milano in viale Certosa.
Con le prime autovetture realizzate cercò di sconfiggere il peso, nemico della velocità. Realizzò le sue prime carrozzerie su pianali Lancia Lambda e Isotta Fraschini facendo ricorso al brevetto Weymann, che prevedeva l’impiego di una pelle in pegamoide applicata su un leggero controtelaio in legno. Dal pegamoide all’alluminio il passo fu breve e nacque così il brevetto Superleggera, una “pelle” di alluminio applicata su un controtelaio di sottili tubicini di ferro.
La ricerca per superare l’ostacolo dell’aria fu la sua seconda frontiera. Negli Anni ’30 realizzò così la prima galleria del vento avviando, in collaborazione con il Politecnico di Milano, le prime ricerche sull’aerodinamica applicata. Sulla base di queste esperienze nacque il profilo “ad ala spessa”, praticamente una fiancata senza soluzione di continuità con l’eliminazione dei pesanti parafanghi sporgenti. La modernità di queste vetture farà diventare tutte le altre obsolete in un battibaleno. Da questa esperienza nacque l’Alfa Romeo 8C 2900 B LM, la più spettacolare e avveniristica auto da competizione anteguerra. La 2900 avrebbe vinto a mani basse la 24 Ore di Le Mans del 1938, se un banale guasto alla pompa della benzina non l’avesse costretta al ritiro quando era prima con un vantaggio incolmabile per gli avversari.
Ma la vittoria dell’ala spessa non tardò ad arrivare. Infatti, Touring si impose con la BMW 328 Touring Coupè alla Mille Miglia del 1940, dove vinse il meno blasonato degli equipaggi (Von Hanstein-Baumer), che guidava l’unico modello BMW Touring in gara, mentre gli altri modelli di 328 si classificarono al secondo e al terzo posto. Il Coupè Touring fece segnare anche il giro più veloce alla media di 174 Km/h, raggiunti con un motore sei cilindri di 1971 cc. Anche la battaglia contro l’ostacolo aria era vinta! In quella 1000 Miglia correva l’Autoavio Costruzioni 815, la prima auto costruita interamente da Enzo Ferrari, anch’essa carrozzata da Touring.
DALL’AUTO ALLA BICI
Ma vediamo ora cosa successe quando l’esperienza aerodinamica fu applicata alla bicicletta. La Touring, sul finire degli Anni ’30, fu rinominata Turinga per obbedire ai dettami governativi che impedivano l’uso di parole straniere, così le biciclette furono realizzate con questo marchio. Le ragioni per cui la carrozzeria arrivasse a progettare e produrre biciclette non sono chiare. Anche l’amico Giovanni Bianchi Anderloni, curatore del Registro Internazionale Touring, non può dirci di più: forse è stato un divertissement del nonno. Tuttavia crediamo che ci possano essere delle precise ragioni storiche alla base della scelta fatta da un uomo che non sembra aver mai lasciato nulla al caso.
Innanzitutto, il contesto storico in cui nacquero le biciclette Turinga era la guerra. La certezza della data è confermata dai brevetti, tutti datati 1942. L’auto in quegli anni stava subendo la più grave crisi della sua storia. L’industria era tutta tesa alla produzione bellica – la stessa Touring produsse ali di aerei anziché auto – inoltre i carburanti erano razionati. Considerato poi il fallimento dei gasogeni per auto, per viaggiare non restava che tornare all’uso del treno e della bicicletta. Elementi questi che un imprenditore attento come Felice Bianchi Anderloni non poteva aver trascurato. Non a caso disegnò una bicicletta pieghevole adatta a essere portata in treno attuando, obtorto collo, quella che oggi definiamo pomposamente “intermodalità della mobilità sostenibile”. In fondo, era la stessa filosofia che già aveva spinto Ernesto Pettazzoni a mettere sul mercato il suo Velocino.
Ma a ben vedere vi è anche un altro aspetto che spinge a ritenere questo progetto frutto di precise e ponderate scelte e non figlio di un’idea estemporanea. Ci riferiamo in particolare alla progettazione di ben due cambi. Quasi riusciamo a immaginare l’Avv. Felice Bianchi Anderloni in piedi, appoggiato con i gomiti a uno dei tanti tavoli da disegno del reparto progettazione, mentre butta giù la sua idea su quel pezzo di foglio millimetrato. Il pensiero di base era senz’altro quello di migliorare e rendere più agevole l’uso di quella bicicletta attraverso la realizzazione di un cambio di assoluta raffinatezza meccanica.
Egli stesso ne descrive le doti come se stesse redigendo un messaggio pubblicitario:
«Massima leggerezza
Massima semplicità
Nessun ingranaggio intermedio
Massima scorrevolezza
Tre (oppure quattro) rapporti ad innesto obliquo eccezionalmente i rapporti possono essere anche 5
Catena sempre in linea in qualunque rapporto
Tendicatena semplicissimo
La ruota posteriore può essere tolta senza smontare né cambio né catena
Comandi a tiranti rigidi senza fili
Non occorre pedalare per cambiare rapporti (cambio preselettore)
I rapporti normali sono 18-20-23 denti oppure 18-20-22-24 x 42 oppure 44»
L’azionamento del cambio avveniva tramite un selettore circolare situato sulla canna. Venne confezionata anche la borsa, destinata ad accogliere la bicicletta, e ciò conferma la previsione del suo utilizzo come trasporto integrato.
LEGGERA ED ELASTICA
La realizzazione ciclistica più avveniristica fu però il modello Piumelastica, termine che riassume due qualità care al ciclista: la leggerezza e il comfort. Anche questo modello è coperto da brevetto, in particolare per il sistema di ammortizzazione delle vibrazioni della sella, quello che in termini ciclistici è appunto chiamato “sella elastica”. Questo sistema è stato ottenuto con un innovativo telaio, a congiunzioni invisibili, avente il tubo orizzontale di sezione ovale all’interno del quale trova alloggiamento un balestrino alla cui estremità è collocata la sella. Ovviamente per posizionare la sella sul balestrino si è dovuto reinventare la forcella posteriore con la forca principale che si innesta al tubo orizzontale molto in avanti rispetto alla sella stessa riducendo in questo modo la lunghezza del tubo verticale che si innesta sulla forcella a circa tre quarti della sua lunghezza dal mozzo. Altro elemento di notevole interesse è il disegno del manubrio “aerodinamico”, con un profilo a ogiva dotato di una pipa dalla strana forma a becco di tucano e le leve del freno di tipo rovesciato.
Per questo modello è stato brevettato un altro tipo di cambio con comando a “stecca”. I pedali sono stati progettati con un’avveniristica forma ovale in alluminio, ma ciò che li rende unici è la caratteristica di essere pieghevoli, elemento questo che agevola l’alloggiamento della bicicletta sul treno. La testa della forcella anteriore presenta, nella faccia superiore, un triangolo in rilievo, come quello caro alla Taurus, mentre la parte laterale ha un bel motivo che richiama, in forma rovesciata, la linea e le proporzioni dei torrioni circolari del Castello Sforzesco, presenti anche nel logo Touring e spesso utilizzati come sfondo per le riprese fotografiche dei modelli automobilistici. La Piumelastica è sicuramente una bicicletta di ricerca che venne comunque messa in commercio e, a detta di un giovane proprietario dell’epoca oggi novantenne, era una bicicletta molto invidiata per il suo comfort dovuto al molleggio e per la presenza del cambio, che costituiva un’assoluta rarità in pieno tempo di guerra.
Nel Dopoguerra la produzione di biciclette cessò, e l’azienda riprese lo storico nome di Carrozzeria Touring aggiungendo nel logo le ali aeronautiche in onore di quella collaborazione con l’aeronautica militare. Importantissime furono le realizzazioni automobilistiche di quel periodo, in particolare la Ferrari 166 GT e 166 Barchetta, la prima ad adottare questo nome grazie alla fantasia del giornalista Giovanni Canestrini che, vedendo la spider dell’Avv. Agnelli, disse che era talmente bella da assomigliare a una barchetta. Lo stesso Ferruccio Lamborghini scelse la Touring per la sua prima vettura, la 350 GT. Altri modelli importanti furono le Maserati 3500 GT e la Lancia Flaminia 3C, tutte costruite con il brevetto Superleggera, mentre le Alfa Romeo 2000 e 2600 Spider, seppure dalla linea elegantissima, vennero costruite in “vil lamiera” per ridurne i costi. Anche l’inglese Aston Martin si rivolse alla gloriosa carrozzeria milanese quando si trattò di vestire il nuovo modello voluto dal patron David Brown, dando origine alle meravigliose DB4, DB5 e DB6. In particolare, la DB5 diverrà un modello iconico grazie all’uso che ne fu fatto dalla produzione del film “007 Missione Goldfinger”.
Purtroppo, questo fu anche il canto del cigno della Carrozzeria Touring. L’azienda, ormai da anni nelle mani dell’ Ing. Carlo Felice Bianchi Anderloni, figlio del fondatore, non riuscì a superare un nuovo periodo di crisi dell’auto. I tanto promessi ordini dell’Alfa Romeo della gestione Massaccesi non arrivarono, così un immenso patrimonio industriale, culturale ma soprattutto di pura bellezza venne disperso in una scellerata amministrazione controllata. Oggi rimangono auto inconfondibili per la bellezza e l’attualità delle forme, tutte gelosamente custodite nei garage degli estimatori, e tra queste superbe signore vi è oggi anche una più modesta, ma non meno affascinante, ritrovata bicicletta Turinga che sarà presto esibita al pubblico.
Ringraziamo l’amico Ing. Giovanni Bianchi Anderloni, curatore del Registro Touring Superleggera, per aver messo a disposizione il copioso materiale della bicicletta Turinga custodito nell’Archivio della famiglia e per aver segnalato l’esistenza di questo modello, ritrovato da Giuseppe Ligorio in un’officina di un paese del barese dove giaceva dimenticato da molti anni, poi riportato all’antico splendore da Domenico Bellomo.