Il 1945 per l’Italia fu un anno decisamente buio ma portò anche a una nuova alba. L’occupazione da parte della Germania nazista continuò a perdere gradualmente città e territori lungo lo Stivale ma resistette soprattutto sulla Linea Gotica appenninica, nonostante le continue battaglie ingaggiate con gli Alleati guidati dagli anglo-americani e supportati dalla Resistenza. La campagna di Liberazione terminò nella primavera del 1945 e costò approssimativamente 600.000 vite umane. Il 29 aprile 1945 l’esposizione del corpo di Benito Mussolini, di Claretta Petacci e di altri gerarchi nazisti in piazzale Loreto a Milano, luogo di un precedente eccidio di partigiani, segnò simbolicamente per gli italiani la fine del Ventennio, dell’occupazione nazista e della guerra.
Inutile ricordare che in un tale contesto il Giro d’Italia fosse ormai da tempo solamente un festoso ricordo: l’ultima edizione si era svolta poco prima dell’entrata in guerra, nel 1940, e aveva visto trionfare un giovanissimo Coppi, all’epoca in squadra Legnano. La corsa rosa – definita “della Rinascita” – avrebbe preso nuovamente il via il 15 giugno 1946, all’indomani della trasformazione dell’Italia in Repubblica sancita dal referendum istituzionale del 2 giugno. Eppure anche in quel complicato 1945 Giacinto Benotto, classe 1907, continuava a chiamare Tipo Giro d’Italia Superleggera la sua miglior produzione ciclistica da corsa. Lo testimonia direttamente la bicicletta che presentiamo in queste pagine, prodotta proprio in quello stesso anno, come ci indicano il numero di telaio 45719 – poiché stando a quanto riscontrato su decine di biciclette di quegli anni, quantomeno sui modelli da corsa, i primi due numeri rappresentano l’anno di produzione – e i coni dei mozzi FB che la equipaggiano, le cui marcature esattamente sono 43 e 45 sul mozzo anteriore e 45 e 45 sui coni del mozzo giroruota posteriore.
Anche le decalcomanie “vecchio tipo” ci confermano l’apparenza a quel periodo, in quanto quelle con grafica rinnovata appaiono dal ’46. Ampliando la nostra osservazione a tutto l’equipaggiamento, questa Benotto ci fornisce molti punti di interesse e alcune singolarità che la rendono una sorta di manifesto per l’epoca.
AUTARCHICA
La bicicletta è costruita in tubi Columbus e risulta davvero “super leggera” come i cataloghi Benotto dell’epoca reclamizzavano: il telaio taglia 54 in acciaio verniciato pesa solo 1,7 kg e la forcella 640 grammi! Oltre al peso esiguo del telaio, spiccano le geometrie molto raccolte per l’epoca, la particolare cura nel raccordo dei forcellini e del nodo sella, oltre al lavoro certosino di alleggerimento su tutte le congiunzioni. Dietro a una tale lavorazione non può che esserci un eccellente telaista della scuola torinese, al momento ignoto, che forse future indagini ci porteranno a scoprire. Non ci è semplice inquadrare il colore principale, che descriveremmo come un bianco-menta, con sterzo e dettagli quali le “fette di salame” (pendine) dei foderi alti di un azzurro molto intenso.
Praticamente per tutti gli Anni ’40, Benotto ha proposto le sue biciclette da corsa in due configurazioni principali: con cambio Campagnolo Corsa o con Cambio Simplex, dapprima il modello Champion du Monde – come nella versione qui osservata – successivamente rimpiazzato dal nuovo modello Tour de France del 1948, sicuramente un’evoluzione più performante. Uno dei punti di interesse di questa bicicletta è rappresentato proprio dal fatto che monti il primo forcellino proprietario della società di Digione, che rendeva superfluo lo scomodo attacco uncinato particolarmente deleterio in corsa: si pensi solamente alle complicanze nel caso in cui si fosse dovuti passare al pignone fisso girando la ruota.
Non è semplice imbattersi in biciclette da corsa italiane pensate per il cambio Simplex Champion du Monde, tantomeno in biciclette da corsa costruite nel 1945, e questa bicicletta rappresenta una rarità anche in questo senso. Ricordiamo infatti che negli anni precedenti, dalla fine del 1942 al 1945, vi era l’obbligo di legge di produrre unicamente biciclette Tipo Ministeriale a prezzo imposto, e non era consentita alcuna altra tipologia di produzione ciclistica in quanto tutte le risorse andavano adoperate per sostenere lo sforzo bellico. Ricordiamo altresì che la maggior fabbrica italiana, la Bianchi, venne rasa al suolo nei bombardamenti su Milano dell’estate del 1943, e riavviò la produzione nel 1946.
L’allestimento in molti punti riflette in modo esemplare il periodo, con tutte le lavorazioni in uso e le difficoltà di approvvigionamento: si osservi il movimento centrale ritrovato sulla bicicletta, che presenta la calotta lato guarnitura cadmiata, la calotta regolabile sinistra nichelata e il perno Bollea Saluzzo cromato. Discorso simile per la serie sterzo cadmiata, del tutto identica a quelle riscontrate sulle Benotto Ministeriali Tipo Due (modello sportivo con cambio) rinvenute. La cadmiatura è un processo di rivestimento del metallo atto a irrobustirlo e a prevenirne l’ossidazione, molto più economico di una cromatura, che veniva particolarmente usato sulle parti bianche delle biciclette italiane durante il periodo bellico. Per rendere meglio l’idea, lo si riconosce spesso grazie alla finitura opaca, molto diversa sia dalla finitura cromata (brillante con toni freddi) sia dalla finitura nichelata (brillante con toni caldi) che si riscontrano più frequentemente sulle biciclette d’epoca. Insomma, già in queste due semplici componenti possiamo notare come l’allestimento manifesti perfettamente il passaggio da una bicicletta autarchica dell’epoca appena conclusa alla bicicletta curata del Dopoguerra.
LEGGEREZZA ESTREMA
Leggerissime sono le ruote, composte dai già citati mozzi giroruota Fratelli Brivio (FB), con perno molto assottigliato e flange in alluminio, unite tramite raggi marca Stella nichelati e sfinati (con estremità da 1,8 mm e corpo centrale da 1,6 mm) a una bellissima coppia di cerchi in acero, del tipo con cresta centrale pronunciata, prodotta dai torinesi Fratelli Vianzone. Le stesse sono chiuse ai forcellini tramite galletti in fusione di ghisa. Il peso della ruota anteriore così composta è di soli 1,18 kg montata con tubolare da 23 mm, mentre la posteriore con ruota libera e disco pararaggi in alluminio e tubolare da 23 mm pesa solo 1,53 kg.
La trasmissione a 3 velocità è deputata come detto al cambio Simplex tipo Champion du Monde, qui presente nella versione italiana “Campione del Mondo”, e azionata dal manettino in alluminio con supporto saldato al telaio. La guarnitura marcata Benotto e prodotta dai Fratelli Brivio ha una corona da 48 denti, pedivelle alleggerite da 170 mm ed è collegata tramite una catena Way Assauto Sport alla ruota libera tripla Caimi Super Sport da 16, 18 e 20 denti. I pedali sono Sheffield modello Sprint in ferro, con centro tornito, prodotti da Noli e Cattaneo e molto apprezzati dai ciclisti dell’epoca, a cui sono applicati puntapiedi Balilla e cinghietti in cuoio verniciati di rosso, con chiaro richiamo alle decalcomanie conservate e presenti sullo sterzo, sul tubo obliquo e sul tubo verticale.
Il sistema frenante è composto da una bellissima coppia di freni Balilla n. 1 tipo corsa in alluminio, con pattini Aquila e viteria nichelata, azionati tramite una coppia di leve freno anch’esse in alluminio marcate CIBS, ovvero Compagnia Italiana Bronzi Speciali, che era una fonderia e officina autarchica sita in Torino e fornitrice dei Ministeri Militari, dove si producevano pezzi stampati di ottone, bronzo e leghe leggere. È quantomeno curioso che queste leve adottino il paramani integrato brevetto Labor, esattamente come quelle Balilla.
Il manubrio è composto da un attacco Ambrosio, fissato alla forcella tramite espander, e da una piega alla francese nastrata con fettuccia spigata in cotone di colore naturale, anch’essi in lega di alluminio così come il campanello con battente. Il gonfiatore in alluminio con terminale in ottone è posto sul tubo obliquo e assicurato al telaio tramite una coppia di portapompa in acciaio nichelato e stretti da piccoli galletti. I parafanghi sono in alluminio verniciato nella stessa tinta del telaio e il posteriore reca evidenti tracce del bianco adottato durante il periodo bellico, su cui campeggia una leggera gemma in vetro rosso liscio e corpo nichelato, mentre l’anteriore è in due pezzi, con un puntale particolarmente sottile e leggero. Un altro elemento curioso di questo allestimento è rappresentato dalla sella Broonis modello AP17, prodotta in Italia con marca depositata (che nonostante nostre ricerche non abbiamo riscontrato) che sembrerebbe essere una sorta di copia autarchica della ben nota Brooks modello B17, già allora una delle selle da corsa più note e apprezzate. La Madonna del Ghisallo, protettrice dei ciclisti, la cui icona è presente in forma fascetta al telaio, accompagna la sorte di questa deliziosa bicicletta e del suo fortunato possessore.
Come spesso ci capita di sottolineare in queste pagine, siamo convinti che le biciclette d’epoca abbiano spesso una capacità comunicativa nello spiegare le circostanze storico-economiche vissute da chi le ha prodotte o utilizzate a chiunque voglia approcciarsi a esse con metodo scientifico e voglia di ricerca. Questa Benotto ci pare essere una ottima conferma a sostegno della nostra tesi, che poi è quella di tutti gli appassionati, nel descriverci quel passaggio da un momento particolarmente buio e di ristrettezza economica e produttiva a quella che verrà considerata universalmente la rinascita del Paese nel Dopoguerra.
Scheda tecnica
Marca: Benotto
Modello: Giro d’Italia Superleggera
Anno: 1945
Telaio: in acciaio con tubi Columbus
Cambio: Simplex Campione del Mondo a tre velocità
Mozzi: Fratelli Brivio (FB)
Raggi: Stella sfinati da 1,8/1,6 mm
Ruote: Vianzone in legno d’acero
Guarnitura: FB marchiata Benotto
Catena: Way Assauto Sport
Ruota libera: Caimi Super Sport a 3 velocità
Pedali: Sheffield in acciaio
Puntapiedi: Balilla
Freni: Balilla Tipo 1 in alluminio
Leve freno: CIBS in alluminio
Pipa: Ambrosio in alluminio
Gonfiatore e parafanghi: in alluminio
Sella: Broonis AP17